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del reato81. Pagamento del debito tributario.
L’art. 11 del decreto n. 158/2015 provvede a sostituire il previgente art. 13 del d. lgs. n. 74/2000, introducendo speciali istituti premiali, finalizzati ad ottenere il “ravvedimento” e la percezione, in capo all’Erario, del debito fiscale da questi dovuto. Nello specifico, il primo elemento di novità è rappresentato dalla disposizione che contempla l'estinzione del debito tributario (comprensivo di sanzioni e interessi) come causa di non punibilità per un significativo elenco di reati, secondo però diverse scansioni temporali.
In primo luogo, l’adempimento del tributo estingue i reati di omesso versamento delle imposte certificate (art. 10-bis), omesso versamento Iva (art. 10-ter) e indebita compensazione mediante utilizzo di crediti non spettanti (art. 10-quater, comma 1), qualora avvenga prima dell'apertura del dibattimento di primo grado.
Come sottolineato nella Relazione illustrativa82, per tali reati la causa di non punibilità trova la sua giustificazione politico criminale nella scelta di concedere al contribuente la possibilità di eliminare la rilevanza penale della condotta attraverso una piena soddisfazione della pretesa erariale purché ciò avvenga, evidentemente, prima del processo penale: il contenuto della condotta risiede infatti in un mero inadempimento di un debito fiscale che tuttavia il contribuente ha correttamente
L’ art. 1, comma 5, della L. 15 dicembre 2014, n. 186 ha disposto che "l'esclusione della punibilità e la diminuzione della pena previste dall'articolo 5-quinquies, comma 1, del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, introdotto dal comma 1 del presente articolo, operano nei confronti di tutti coloro che hanno commesso o concorso a commettere i delitti ivi indicati".
81 La titolazione dell’articolo pare frutto di un mancato coordinamento redazionale, considerato che l’intervento sulle “circostanze del reato” è contenuto nel successivo art. 13-bis.
indicato, sicché il suo adempimento in tempo utile in rapporto alle scansioni processuali, anche se non spontaneo, giustifica il solo ricorso alle sanzioni amministrative.
Anche i reati di dichiarazione infedele (art. 4) e omessa dichiarazione (art. 5) sono non punibili se il debito tributario (comprensivo di interessi e sanzioni) sia stato estinto mediante il pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione previsto per il periodo di imposta successivo, a condizione però che il ravvedimento o la presentazione intervengano prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
In questi casi, il nucleo delle condotte non risiede in un mancato pagamento di quanto dichiarato, ma “retrocede” ad un momento precedente, connotato di maggiore disvalore, quale quello della omessa o infedele dichiarazione: ne deriva l’esigenza di una caratteristica diversa ed ulteriore del ravvedimento, ossia di una “spontaneità” individuata in un agere tempestivo e anticipatorio rispetto alla formale conoscenza di un accertamento fiscale o di un procedimento penale; un requisito che, se allontana possibili dubbi di incostituzionalità (regolando opportunamente in maniera diversa comportamenti differenti sotto il profilo dell’offesa), sul piano pratico rende poco probabile una significativa applicazione dell’istituto, potendo difficilmente pronosticarsi comportamenti di “ravvedimento” da omessa/infedele dichiarazione che non siano in qualche modo “sollecitati” dalla conoscenza di accertamenti in corso sulla dichiarazione medesima.
A quest’ultimo riguardo, mentre la “formale conoscenza” di un’indagine preliminare è
82 Relazione governativa illustrativa, cit, pag. 8.
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