Page 106 - Microsoft Word - Libertas.doc
P. 106
un'attenta
riflessione
e
sarà
opportuno
soffermarsi
a
riflettere
anche
sull'opportunità
di
introdurre,
nel
secondo
periodo
del
comma
3
dell'articolo
275,
l'articolo
74
del
testo
unico
sugli
stupefacenti,
e
ciò,
alla
luce
della
giurisprudenza
costituzionale.
La
sentenza
n. 231
del
2011
della
Corte
costituzione
ha
infatti
già
dichiarato
l'illegittimità
costituzionale
dell'articolo
275,
comma
3,
secondo
periodo,
nella
parte
in
cui
–
nel
prevedere
che,
quando
sussistono
gravi
indizi
di
colpevolezza
in
ordine
al
delitto
di
cui
all'articolo
74
del
citato
testo
unico,
è
applicata
la
custodia
cautelare
in
carcere,
salvo
che
siano
acquisiti
elementi
dai
quali
risulti
che
non
sussistono
esigenze
cautelari
–
non
fa
salva
l'ipotesi
in
cui
siano
acquisiti
elementi
specifici,
in
relazione
al
caso
concreto,
dai
quali
risulti
che
le
esigenze
cautelari
possano
essere
soddisfatte
con
altre
misure.
Secondo
la
Corte,
attraverso
un
esame
comparativo
delle
diverse
fattispecie,
il
delitto
de
quo
è
considerato
in
maniera
diversa
rispetto
al
delitto
di
associazione
di
tipo
mafioso,
l'unico
per
il
quale
è
ammessa
una
presunzione
assoluta
di
inadeguatezza
delle
misure
cautelari
alternative
alla
restrizione
in
carcere.
Il
Senato
aveva
anche
aggiunto
una
disposizione,
al
termine
dell'esame
del
provvedimento,
introduttiva
di
un'ipotesi
nuova
di
responsabilità
disciplinare
per
quanto
riguarda
l'operato
dei
magistrati
che
non
osservano
i
termini
e
gli
adempimenti
resi
obbligatori
dalla
valutazione
della
richiesta
prima
di
custodia
cautelare
e
poi
dall'esame
del
provvedimento
irrogativo
della
misura.
Questa
ipotesi
è
stata
ritenuta
sostanzialmente,
dalla
Commissione,
già
ricompresa
nella
previsione
generale
delle
disposizioni
sul
regime
disciplinare
dei
magistrati
e,
soprattutto,
non
in
linea
con
quella
che
è
la
sede,
vale
a
dire
un
provvedimento
che
disciplina
istituti
processuali
e
non
attiene,
ovviamente,
allo
stato
giuridico
ed
ai
profili
di
responsabilità
personale
dei
magistrati.
relatrice,
onorevole
Rossomando.
106
PRESIDENTE.
Ha
facoltà
di
intervenire
la
ANNA
ROSSOMANDO,
Relatore.
Signor
Presidente,
alcune
brevi
considerazioni:
intanto,
anche
se
ormai
siamo
in
terza
lettura
alla
Camera,
è
comunque
opportuno
ricordare
lo
scopo
di
questo
intervento
normativo
(che
è
ovviamente
ancora
essenzialmente
questo
con
il
lavoro
che
è
stato
fatto
alla
Camera
ed
al
Senato),
ossia
quello
di
restituire
la
funzione
originaria
all'istituto
delle
misure
cautelari,
cioè
quello
di
essere
una
normativa
cautelare
collegata
strettamente
–
come
ha
già
sottolineato
il
collega
che
è
relatore
con
me,
onorevole
Sarro
–
al
concetto
di
pericolo.
Il
pericolo
è
un
concetto
anche
eminentemente
giuridico,
ma,
in
quanto
tale,
ha
ovviamente
dei
precisi
connotati
ed
anche
limiti
e
confini.
E
noi
questo
intervento
lo
facciamo,
tra
l'altro,
anche
confortati
molto
dal
fatto
che,
contemporaneamente,
stiamo
mettendo
in
campo
interventi
strutturali
sui
tempi
del
processo,
perché,
naturalmente,
il
problema
delle
misure
cautelari
ed,
in
particolar
modo,
delle
misure
cautelari
coercitive
in
carcere
è
strettamente
collegato
a
quello
dei
tempi
del
processo,
perché
si
inserisce
nelle
cause
ed
anche
negli
effetti
di
questa
disfunzione,
alla
quale
appunto
vogliamo
assolutamente
porre
rimedio.
E
tutto
questo
per
dire
che
questo
intervento
poi
interseca
anche
la
tematica
del
sovraffollamento
nelle
carceri,
ma
non
ne
è
la
motivazione
principale
ed
esaustiva;
interseca
sicuramente
questo
tema.
Quali
sono
quindi
i
pilastri ?
Prendo
ancora
due,
tre
minuti
così
rientro
nei
tempi.
I
pilastri,
occorre
ricordarlo,
sono
i
criteri
stringenti
e
ben
delimitati,
più
di
quanto
non
sia
già
oggi
nella
normativa
vigente,
per
poter
irrogare
questa
misura,
collegati
strettamente
alla
motivazione
del
provvedimento
stesso,
con
riferimento
sia
alla
motivazione
del
giudice
per
le
indagini
preliminari
sia
alla
motivazione
di
chi
interviene,
se
viene
attivato
un
mezzo
di