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quella
di
dilatare
la
durata
di
queste
ultime,
ritenuta
troppo
esigua.
Il
testo
Camera
portava
da
2
a
12
mesi
il
termine
di
durata
delle
misure
interdittive,
con
decorso
dall'inizio
dell'esecuzione
e
senza
possibilità
di
rinnovazione.
Il
testo
licenziato
dal
Senato
rende
più
flessibile
la
nuova
disciplina,
prevedendo:
la
perdita
di
efficacia
delle
misure
interdittive
decorso
il
termine
stabilito
dalla
relativa
ordinanza,
l'aumento,
già
disposto
dalla
Camera,
da
2
a
12
mesi
della
durata
massima
delle
misure
e
la
possibile
rinnovazione,
per
esigenze
probatorie,
comunque
non
oltre
il
limite
di
durata
massima.
Si
è
poi
intervenuti,
agli
articoli
1
e
2,
anche
su
criteri
applicativi
delle
misure
cautelari
relativi
al
pericolo
di
fuga
e
alla
reiterazione
dei
reati,
con
l'obiettivo
di
rendere
più
rigoroso
l'accertamento
delle
due
esigenze
cautelari.
Tanto
il
pericolo
di
fuga
che
quello
della
commissione
di
nuovi
reati
devono
essere
non
solo
concreti,
ma
anche
attuali.
Ciò
comporta
una
valutazione
ancora
più
rigorosa
del
pericolo,
in
quanto
dovranno
essere
indicate,
espressamente,
le
ragioni
per
le
quali
il
pericolo
deve
essere
attuale
in
ogni
momento
applicativo
della
misura
cautelare
e,
dunque,
non
solo
nel
momento
iniziale.
La
valutazione
della
gravità
non
può
essere
desunta
semplicemente
dal
titolo
del
reato,
cioè
da
un
dato
astratto,
ma
dal
reato
come
fatto
concreto.
Il
riferimento
alla
gravità
del
titolo
del
reato,
anziché
alla
gravità
del
reato,
è,
appunto,
frutto
di
una
modifica.
L'articolo
2,
rispetto
al
testo
Camera
che
collocava
precedentemente
questa
norma
all'articolo
3,
integra
la
formulazione
della
lettera
c)
dell'articolo
274
del
codice
di
procedura
penale,
per
esigenze
di
coordinamento
con
la
recente
modifica
dell'articolo
280
del
codice
di
procedura
penale,
introdotta
per
effetto
del
decreto-‐ legge
n. 78
del
2013,
secondo
cui
la
custodia
cautelare
in
carcere
può
essere
disposta
solo
per
reati
per
i
quali
è
prevista
una
pena
non
inferiore
nel
massimo
a
5
anni,
nonché
per
i
reati
concernenti
il
finanziamento
illecito
dei
partiti.
Pertanto,
a
seguito
della
modifica,
se
il
pericolo
di
reiterazione
riguarda
la
commissione
di
delitti
della
stessa
specie
di
quello
per
cui
si
procede,
le
misure
di
custodia
cautelare
sono
disposte
soltanto
se
si
tratta
di
delitti
per
i
quali
è
prevista
la
pena
di
reclusione
non
inferiore
nel
massimo
a
5
anni,
nonché,
come
si
ricordava
precedentemente,
per
il
delitto
di
finanziamento
illecito
dei
partiti
di
cui
all'articolo
7
della
legge
2
maggio
1974,
n. 195.
Per
quanto
attiene
a
quello
che
era
l'articolo
3
del
testo
trasmesso
dal
Senato,
la
Commissione
giustizia
ha
proceduto
alla
sua
soppressione,
per
quanto
il
testo
fosse
identico
all'articolo
4
del
testo
Camera.
In
questo
caso,
la
doppia
conforme
tra
i
due
testi
è
stata
superata
per
effetto
dello
ius
superveniens.
Ricordo
che
l'articolo
3
reca
un'ipotesi
di
modifica
del
comma
2-‐bis
dell'articolo
275,
elaborato
nell'ambito
della
cosiddetta
Commissione
Canzio,
la
Commissione
ministeriale,
ipotesi
recepita
da
quattro
identici
emendamenti
sottoscritti
da
deputati
dei
gruppi
del
Partito
Democratico,
del
MoVimento
5
Stelle,
di
Scelta
Civica
per
l'Italia
e
di
Forza
Italia
–
Il
Popolo
della
Libertà
–
Berlusconi
Presidente,
approvati
dalla
Commissione
giustizia
della
Camera
nel
corso
dell'esame
in
prima
lettura
del
provvedimento.
Il
Senato
non
ha
modificato
la
disposizione,
ritenendo
evidentemente
superabili
in
via
interpretativa
alcune
incongruenze
e
soprattutto
alcune
difficoltà
applicative,
che,
nel
frattempo,
il
dibattito,
sviluppatosi
da
parte
della
dottrina
e
anche
da
parte
di
osservatori
autorevoli,
aveva
evidenziato.
Si
era,
quindi,
realizzata
su
questo
testo
la
doppia
deliberazione
conforme
e,
nel
corso
dell'esame
in
sede
referente,
verificata
l'intangibilità
dell'articolo
3,
proprio
a
causa
della
doppia
deliberazione
conforme,
era
emerso
l'orientamento...
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