Page 147 - Microsoft Word - Libertas.doc
P. 147
medesimo
regime
cautelare
delle
diverse
ipotesi
concrete
riconducibili
ai
paradigmi
punitivi
considerati;
sia
l’art.
13,
primo
comma,
Cost.,
quale
referente
fondamentale
del
regime
ordinario
delle
misure
cautelari
privative
della
libertà
personale;
sia,
infine,
l’art.
27,
secondo
comma,
Cost.,
in
quanto
attribuisce
alla
coercizione
processuale
tratti
funzionali
tipici
della
pena.
Al
fine
di
attingere,
quanto
meno
ad
un
livello
minimo
e
tenuto
conto
dei
limiti
delle
questioni
devolute
allo
scrutinio
di
questa
Corte,
la
compatibilità
costituzionale
della
norma
censurata
non
è
peraltro
necessario
rimuovere
integralmente
la
presunzione
di
cui
discute.
Ciò
che
rende
costituzionalmente
inaccettabile
la
presunzione
stessa
è
per
certo
il
suo
carattere
assoluto,
che
si
risolve
in
una
indiscriminata
e
totale
negazione
di
rilievo
al
principio
del
“minore
sacrificio
necessario”,
anche
quando
sussistano
–
come
nei
casi
oggetto
dei
procedimenti
a
quibus,
secondo
quanto
riferiscono
i
giudici
rimettenti
–
specifici
elementi
da
cui
desumere,
in
positivo,
la
sufficienza
di
misure
diverse
e
meno
rigorose
della
custodia
in
carcere.
La
previsione
di
una
presunzione
solo
relativa
di
adeguatezza
di
quest’ultima
–
atta
a
realizzare
una
semplificazione
del
procedimento
probatorio
suggerita
da
taluni
aspetti
ricorrenti
del
fenomeno
criminoso
considerato,
ma
comunque
superabile
da
elementi
probatori
di
segno
contrario
–
non
eccede,
per
contro,
i
limiti
di
compatibilità
con
i
parametri
evocati,
rimanendo
per
tale
verso
non
censurabile
l’apprezzamento
legislativo,
in
rapporto
alle
caratteristiche
dei
reati
in
questione,
della
ordinaria
configurabilità
di
esigenze
cautelari
nel
grado
più
intenso
(per
una
conclusione
analoga,
con
riguardo
alla
fattispecie
da
essa
esaminata,
sentenza
n.
139
del
2010).
In
tale
modo,
si
evita
comunque
l’irrazionale
equiparazione
dei
procedimenti
relativi
a
tali
reati
a
quelli
concernenti
la
criminalità
di
tipo
mafioso
e
si
lascia
spazio
alla
differenziazione
delle
varie
fattispecie
concrete
riconducibili
ai
paradigmi
punitivi
astratti.
I
reati
in
questione
restano
assoggettati
ad
un
regime
cautelare
speciale,
tuttavia
attenuato
dalla
natura
relativa
–
e
quindi
superabile
–
della
presunzione
di
adeguatezza
della
custodia
carceraria
e,
perciò,
non
incompatibile
con
il
quadro
costituzionale
di
riferimento.
L’art.
275,
comma
3,
secondo
e
terzo
periodo,
cod.
proc.
pen.
va
dichiarato,
pertanto,
costituzionalmente
illegittimo
nella
parte
in
cui
–
nel
prevedere
che,
quando
sussistono
gravi
indizi
di
colpevolezza
in
ordine
ai
delitti
di
cui
agli
articoli
600-‐bis,
primo
comma,
609-‐bis
e
609-‐quater
del
codice
penale,
è
applicata
la
custodia
cautelare
in
carcere,
salvo
che
siano
acquisiti
elementi
dai
quali
risulti
che
non
sussistono
esigenze
cautelari
–
non
fa
salva,
altresì,
l’ipotesi
in
cui
siano
acquisiti
elementi
specifici,
in
relazione
al
caso
concreto,
dai
quali
risulti
che
le
esigenze
cautelari
possono
essere
soddisfatte
con
altre
misure.
14.
–
La
censura
formulata
dal
Tribunale
di
Torino
in
relazione
all’art.
117,
primo
comma,
Cost.
resta
assorbita.
Per
questi
motivi
LA
CORTE
COSTITUZIONALE
riuniti
i
giudizi,
dichiara
l’illegittimità
costituzionale
dell’art.
275,
comma
3,
secondo
e
terzo
periodo,
del
codice
di
procedura
penale,
come
modificato
dall’art.
2
del
decreto-‐legge
23
febbraio
2009,
n.
11
(Misure
urgenti
in
materia
di
sicurezza
pubblica
e
di
contrasto
alla
violenza
sessuale,
nonché
in
tema
di
atti
persecutori),
convertito,
con
modificazioni,
dalla
legge
23
aprile
2009,
n.
38,
nella
parte
in
cui
–
nel
prevedere
che,
quando
sussistono
gravi
indizi
di
colpevolezza
in
ordine
ai
delitti
di
cui
agli
articoli
600-‐bis,
primo
comma,
609-‐bis
e
609-‐ quater
del
codice
penale,
è
applicata
la
custodia
cautelare
in
carcere,
salvo
che
siano
acquisiti
elementi
dai
quali
risulti
che
non
147