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elementi
specifici,
in
relazione
al
caso
concreto,
dai
quali
risulti
che
le
esigenze
cautelari
possono
essere
soddisfatte
con
altre
misure.
Con
ordinanza
depositata
il
10
settembre
2012
(r.o.
n.
269
del
2012),
la
Corte
di
cassazione,
sezioni
unite
penali,
ha
sollevato,
in
riferimento
agli
artt.
3,
13,
primo
comma,
e
27,
secondo
comma,
Cost.,
questione
di
legittimità
costituzionale
dell’art.
275,
comma
3,
secondo
periodo,
cod.
proc.
pen.
nella
parte
in
cui
–
nel
prevedere
che,
quando
sussistono
gravi
indizi
di
colpevolezza
in
ordine
ai
delitti
commessi
al
fine
di
agevolare
le
attività
delle
associazioni
previste
dall’art.
416-‐bis
cod.
pen.,
è
applicata
la
custodia
in
carcere,
salvo
che
siano
acquisiti
elementi
dai
quali
risulti
che
non
sussistono
esigenze
cautelari
–
non
fa
salva,
altresì,
l’ipotesi
in
cui
siano
acquisiti
elementi
specifici,
in
relazione
al
caso
concreto,
dai
quali
risulti
che
le
esigenze
cautelari
possono
essere
soddisfatte
con
altre
misure.
Infine,
la
Corte
di
cassazione,
sezioni
unite
penali,
con
ordinanza
depositata
il
10
settembre
2012
(r.o.
n.
270
del
2012),
ha
sollevato,
in
riferimento
agli
artt.
3,
13,
primo
comma,
e
27,
secondo
comma,
Cost.,
questione
di
legittimità
costituzionale
dell’art.
275,
comma
3,
secondo
periodo,
cod.
proc.
pen.
nella
parte
in
cui
–
nel
prevedere
che,
quando
sussistono
gravi
indizi
di
colpevolezza
in
ordine
ai
delitti
commessi
avvalendosi
delle
condizioni
previste
dall’art.
416-‐bis
cod.
pen.
ovvero
al
fine
di
agevolare
le
attività
delle
associazioni
previste
dallo
stesso
articolo
del
codice
penale,
è
applicata
la
custodia
in
carcere,
salvo
che
siano
acquisiti
elementi
dai
quali
risulti
che
non
sussistono
esigenze
cautelari
–
non
fa
salva,
altresì,
l’ipotesi
in
cui
siano
acquisiti
elementi
specifici,
in
relazione
al
caso
concreto,
dai
quali
risulti
che
le
esigenze
cautelari
possono
essere
soddisfatte
con
altre
misure.
2.–
Poiché
le
questioni
hanno
ad
oggetto
in
parte
le
stesse
norme,
censurate
con
argomenti
analoghi,
va
disposta
la
riunione
dei
giudizi
ai
fini
di
un’unica
trattazione
e
di
un’unica
pronuncia.
3.–
Le
questioni
sono
fondate
in
riferimento
agli
artt.
3,
13,
primo
comma,
e
27,
secondo
comma,
Cost.,
nei
termini
di
seguito
specificati.
4.–
Fin
dalla
sua
introduzione,
da
parte
dell’art.
5,
comma
1,
del
decreto-‐legge
13
maggio
1991,
n.
152
(Provvedimenti
urgenti
in
tema
di
lotta
alla
criminalità
organizzata
e
di
trasparenza
e
buon
andamento
dell’attività
amministrativa),
convertito,
con
modificazioni,
dalla
legge
12
luglio
1991,
n.
203,
la
presunzione
di
adeguatezza
della
sola
misura
custodiale
carceraria,
contenuta
nell’art.
275,
comma
3,
cod.
proc.
pen.,
ha
riguardato,
oltre
al
delitto
dell’art.
416-‐bis
cod.
pen.,
i
delitti
commessi
avvalendosi
delle
condizioni
previste
da
tale
disposizione
o
al
fine
di
agevolare
le
attività
delle
associazioni
ivi
previste.
Il
riferimento
alle
fattispecie
delittuose
indicate
è
rimasto
costante
nella
pur
complessa
e
non
lineare
evoluzione
della
normativa
in
questione;
attualmente,
il
delitto
previsto
dall’art.
416-‐ bis
cod.
pen.
e
i
delitti
commessi
avvalendosi
del
“metodo
mafioso”
o
al
fine
di
agevolare
l’attività
delle
associazioni
di
tipo
mafioso
sono
assoggettati
al
regime
cautelare
speciale
per
effetto
del
richiamo
all’art.
51,
comma
3-‐bis,
cod.
proc.
pen.,
operato
dall’art.
275,
comma
3,
secondo
periodo,
del
codice
di
rito.
4.1.–
A
tali
delitti
ha
fatto
riferimento
l’ordinanza
n.
450
del
1995
di
questa
Corte,
che
ha
dichiarato
la
manifesta
infondatezza
della
questione
di
legittimità
costituzionale
dell’art.
275,
comma
3,
cod.
proc.
pen.,
sottolineando,
tra
l’altro,
che
«la
delimitazione
della
norma
all’area
dei
delitti
di
criminalità
organizzata
di
tipo
mafioso»
−
delimitazione
mantenuta
dalla
legge
8
agosto
1995,
n.
332
(Modifiche
al
codice
di
procedura
penale
in
tema
di
semplificazione
dei
procedimenti,
di
misure
cautelari
e
di
diritto
di
difesa)
–
«rende
manifesta
la
non
irragionevolezza
dell’esercizio
della
discrezionalità
legislativa,
atteso
il
192