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disposizione,
ritenendo
evidentemente
superabili
in
via
interpretativa
alcune
incongruenze
e
soprattutto
alcune
difficoltà
applicative,
che,
nel
frattempo,
il
dibattito,
sviluppatosi
da
parte
della
dottrina
e
anche
da
parte
di
osservatori
autorevoli,
aveva
evidenziato.
Si
era,
quindi,
realizzata
su
questo
testo
la
doppia
deliberazione
conforme
e,
nel
corso
dell'esame
in
sede
referente,
verificata
l'intangibilità
dell'articolo
3,
proprio
a
causa
della
doppia
deliberazione
conforme,
era
emerso
l'orientamento
prevalente
nel
senso
di
ritenere
che,
senza
un
adeguato
intervento
correttivo
del
testo
dell'articolo
3,
l'esame
della
proposta
di
legge
non
avrebbe
potuto
proseguire;
si
sarebbe
potuto
abbandonare
l'esame
di
tale
proposta
ed
avviare
un
nuovo
procedimento
legislativo.
Non
si
è
seguita
quest'ultima
via,
in
quanto,
nel
frattempo,
il
Governo
ha
emanato,
come
noto,
il
decreto-‐ legge
n. 92
del
2014,
il
cui
articolo
8
ha
proprio
risolto
questa
questione.
L'articolo
8
del
decreto-‐legge
n. 92
del
2014
ha
sostituito
il
comma
2-‐bis
dell'articolo
275,
prevedendo
che
non
può
essere
applicata
la
misura
della
custodia
cautelare
in
carcere
o
quella
degli
arresti
domiciliari,
se
il
giudice
ritiene
che,
con
la
sentenza,
possa
essere
concessa
la
sospensione
condizionale
della
pena.
Salvo
quanto
previsto
dal
comma
3
e
ferma
restando
l'applicabilità
degli
articoli
276,
comma
1-‐ter,
e
280,
comma
3,
non
può
applicarsi
la
misura
della
custodia
cautelare
in
carcere
se
il
giudice
ritiene
che,
all'esito
del
giudizio,
la
pena
detentiva
irrogata
non
sarà
superiore
a
tre
anni.
Tale
disposizione
non
si
applica
nei
procedimenti
per
i
delitti,
di
cui
agli
articoli
423-‐bis,
572,
612-‐bis
e
624-‐bis
del
codice
penale,
nonché
all'articolo
4-‐bis
della
legge
n. 354
e
quando,
rilevata
l'inadeguatezza
di
ogni
altra
misura,
gli
arresti
domiciliari
non
possono
essere
disposti
per
mancanza
di
uno
dei
luoghi
di
esecuzione
indicati
dal
codice.
Pertanto
l'articolo
3,
sul
quale
si
era
raggiunta
la
doppia
conforme,
è
stato
ritenuto
assorbito
negli
effetti
alla
luce
della
conversione
del
decreto-‐legge
n. 92.
L'articolo
656
del
codice
di
procedura
penale,
al
comma
5,
obbliga
il
pubblico
ministero
a
sospendere
l'esecuzione
della
pena
detentiva
non
superiore
a
tre
anni.
La
nuova
formulazione
del
comma
2-‐bis
vigente
obbliga
il
giudice
a
compiere
una
prognosi
sulla
pena
detentiva
applicabile,
escludendo
la
custodia
cautelare
per
le
condanne
fino
a
tre
anni.
Peraltro,
mentre
la
proposta
trasmessa
dal
Senato
impone
al
giudice
la
prognosi
per
tutti
i
delitti,
il
decreto-‐legge
la
esclude
per
alcuni
gravi
e
quando
non
siano
applicabili
gli
arresti
domiciliari
per
mancanza
di
un
domicilio
idoneo,
dando
così
un
quadro
più
completo
ed
esaustivo
della
disposizione
e
soprattutto
eliminando
quelle
incongruenze
che
erano
state
precedentemente
segnalate.
Per
quanto
riguarda
le
altre
modifiche
più
significative
apportate
dai
lavori
della
Commissione,
io
vorrei
segnalare
all'attenzione
dell'Aula,
in
particolare,
le
modifiche
al
testo
licenziato
dal
Senato
per
quanto
concerne
l'espungimento
di
alcuni
istituti,
di
alcuni
titoli
di
reato,
che
il
Senato
aveva
ritenuto
di
aggiungere
alla
lista
di
reati
per
i
quali
vale
la
presunzione
assoluta
di
meritevolezza
della
custodia
in
carcere,
in
particolar
modo
lo
scambio
elettorale
politico-‐mafioso,
l'articolo
416-‐ter,
e
l'associazione
a
delinquere
finalizzata
al
traffico
di
stupefacenti.
Quanto
alla
fattispecie
dell'articolo
416-‐ ter,
non
si
ravvisa
quel
vincolo
associativo
che
giustifica
la
presunzione
assoluta
di
meritevolezza
della
custodia
cautelare,
che
vale
invece
per
l'ipotesi
ben
più
grave
del
416-‐bis.
Sul
punto,
sarà
quindi
necessaria
un'attenta
riflessione
e
sarà
opportuno
soffermarsi
a
riflettere
anche
sull'opportunità
di
introdurre,
nel
secondo
periodo
del
comma
3
dell'articolo
275,
l'articolo
74
del
testo
unico
sugli
stupefacenti,
e
ciò,
alla
luce
della
giurisprudenza
costituzionale.
La
sentenza
n. 231
del
2011
della
Corte
costituzione
ha
infatti
già
dichiarato
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