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P. 52
Art.
8.
1.
All'articolo
308,
comma
2,
primo
periodo,
del
codice
di
procedura
penale,
le
parole:
«due
mesi»
sono
sostituite
dalle
seguenti:
«dodici
mesi».
Art.
9.
1.
All'articolo
73,
comma
5,
del
testo
unico
di
cui
al
decreto
del
Presidente
della
Repubblica
9
ottobre
1990,
n.
309,
e
successive
modificazioni,
le
parole:
«sei
anni»
sono
sostituite
dalle
seguenti:
«tre
anni».
Relazione
sul
d.d.l.
n.
631
Onorevoli
Colleghi!
Il
problema
carcerario
in
Italia
è
cronico
e
assume
dimensioni
sempre
più
preoccupanti,
con
istituti
penitenziari
sovraffollati
e
condizioni
detentive
sempre
meno
degne
di
un
Paese
civile.
Urge
trovare
soluzioni
immediate,
in
grado
non
più
solo
di
lenire
temporaneamente
il
problema
ma
di
risolverlo
definitivamente.
In
questa
direzione
occorre
anzitutto
una
riflessione
culturale.
Negli
ultimi
anni
la
situazione
carceraria
si
è
ulteriormente
aggravata
sotto
la
pressione
di
un'ansia
di
sicurezza,
talora
assecondata
con
troppa
disinvoltura,
che
ha
germinato
una
legislazione
emergenziale
soprattutto
preoccupata
di
prevenire
e
di
punire,
senza
particolare
attenzione
per
le
ricadute
sanzionatorie
complessive.
La
stessa
prassi
giudiziaria
si
è
talora
mostrata
fin
troppo
sensibile
all'ondata
securitaria,
favorendo
ulteriormente
l'espansione
dell'uso
della
leva
detentiva
a
fini
sanzionatori
e
cautelari.
Non
si
tratta
allora
più
soltanto
di
arginare
la
piaga
del
sovraffollamento,
che
da
anni
attanaglia
il
nostro
sistema
carcerario,
né
semplicemente
di
assicurare
modalità
detentive
che
rispettino
i
più
basilari
diritti
dell'individuo,
ma
più
in
generale
si
deve
ridare
senso
e
dignità
alla
forma
più
drastica
di
restrizione
dei
diritti
dell'individuo
che
il
nostro
ordinamento
conosce.
Nel
contesto
di
un
ripensamento
complessivo
del
sistema
penale
è
necessario
adottare
una
pluralità
di
iniziative,
a
diversi
livelli
e
in
diversi
settori
dell'ordinamento,
che
siano
fra
loro
coordinate.
L'obiettivo
della
presente
proposta
di
legge
è
quello
di
affrontare
la
parte
del
problema
carcerario
connessa
all'uso
della
detenzione
in
chiave
preventiva,
ossia
prima
della
conclusione
del
processo
penale
con
sentenza
irrevocabile.
La
lunghezza
e
la
complessità
dei
processi
rendono
meno
certa,
e
comunque
molto
ritardata,
l'applicazione
della
sanzione.
In
questo
contesto
la
restrizione
cautelare
finisce
per
essere
percepita,
erroneamente,
come
l'unica
vera
pena
capace
di
avere
un
immediato
effetto
deterrente
e
preventivo.
È
necessario
dunque
ripristinare
una
cultura
delle
cautele
penali
fondate
sul
pieno
rispetto
della
presunzione
di
innocenza
e
sulla
funzione
strumentale
al
processo
delle
misure
di
contenimento
anticipate.
Questo
obiettivo
richiede
anzitutto
una
modifica
ad
alcune
delle
regole
previste
dal
codice
di
procedura
penale.
L'architrave
della
disciplina
codicistica,
saldamente
fondato
sulla
presunzione
di
innocenza
e
sul
primato
(fin
dove
ragionevolmente
possibile)
della
libertà,
può
e
deve
rimanere
intatto.
È
tuttavia
necessario
rimuovere
e
correggere
alcuni
punti
critici
del
disegno
codicistico,
anche
per
riuscire
a
indirizzare
più
chiaramente
l'azione
giurisprudenziale
nel
segno
di
un
uso
residuale
delle
cautele,
particolarmente
delle
cautele
detentive,
all'insegna
dei
princìpi
di
extrema
ratio
e
del
favor
libertatis.
In
quest'ottica
è
possibile
ridurre
per
legge
l'ambito
di
applicazione
delle
cautele
senza
incidere
negativamente
sulla
sicurezza
dei
cittadini
e
sull'efficienza
del
processo.
Anzi,
si
può
pensare
di
usare
lo
strumento
cautelare
come
leva
e
stimolo
per
spingere
il
processo
penale
a
raggiungere
un
più
adeguato
livello
di
efficienza
e
di
celerità.
L'introduzione
di
un
meccanismo
che
leghi
la
legittimità
della
protrazione
della
custodia
cautelare
alla
52