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III.
Attività
in
aula
Seduta
del
Senato
della
Repubblica
n.
354
(ant.)
del
19/11/2014
Discussione
dei
disegni
di
legge:
(1070)
BUEMI
ed
altri.
-‐
Disciplina
della
responsabilità
civile
dei
magistrati
(315)
BARANI.
-‐
Modifiche
alla
legge
13
aprile
1988,
n.
117,
in
materia
di
responsabilità
civile
dei
magistrati
(374)
BARANI.
-‐
Modifiche
alla
legge
13
aprile
1988,
n.
117,
in
materia
di
responsabilità
civile
dei
magistrati
(Relazione
orale)
(ore
9,39)
PRESIDENTE.
L'ordine
del
giorno
reca
la
discussione
dei
disegni
di
legge
nn.
1070,
315
e
374.
Il
relatore,
senatore
Buemi,
ha
chiesto
l'autorizzazione
a
svolgere
la
relazione
orale.
Non
facendosi
osservazioni
la
richiesta
si
intende
accolta.
Pertanto,
ha
facoltà
di
parlare
il
relatore.
BUEMI,
relatore.
Signor
Presidente,
colleghi,
la
responsabilità
civile
del
giudice
nel
nostro
ordinamento
fino
al
1987
era
disciplinata
dall'articolo
55
del
codice
di
procedura
civile,
per
il
quale
il
giudice
rispondeva
civilmente
quando
nell'esercizio
delle
sue
funzioni
è
imputabile
di
dolo,
frode
o
concussione,
o
quando
senza
giusto
e
motivato
rifiuto,
omette
o
ritarda
di
provvedere
su
domande
o
istanze
delle
parti
e,
in
generale,
di
compiere
un
atto
del
suo
Ministero.
Era
esclusa,
dunque,
la
responsabilità
per
colpa
grave.
L'articolo
74
dello
stesso
codice
estendeva
questa
disciplina
di
favore
anche
ai
magistrati
del
pubblico
ministero,
ma
limitatamente
all'ipotesi
di
dolo,
frode
e
concussione.
Non
era
valso
ad
allargare
l'ambito
della
responsabilità
civile
dei
magistrati
l'articolo
28
della
Costituzione,
per
il
quale
«i
funzionari
e
i
dipendenti
dello
Stato
e
degli
ente
pubblici
sono
direttamente
responsabili,
secondo
le
leggi
penali,
civili
e
amministrative,
degli
atti
compiuti
in
violazione
dei
diritti.
In
tali
casi
la
responsabilità
civile
si
estende
allo
Stato
e
agli
altri
enti
pubblici».
Come
è
noto,
la
Corte
costituzionale,
con
sentenza
del
14
maggio
1968,
n.
2,
aveva
lasciato
le
cose
al
punto
in
cui
stavano,
essendo
stata
ritenuta
legittima
la
disparità
di
trattamento
tra
gli
appartenenti
all'ordine
giudiziario
e
tutti
gli
altri
pubblici
funzionari,
ai
quali
si
applicavano
invece
le
norme
del
testo
unico
che,
accanto
al
dolo,
prevedevano
anche
la
colpa
grave.
Quanto
all'indagine
comparatistica,
essa
deve
prendere
le
mosse
dall'esatta
determinazione
del
ruolo
del
giudice
nell'ordinamento:
può
essere
fuorviante
se
sviluppata
senza
tener
conto
del
caso
italiano.
Così
in
Francia,
dove
esiste
un
modello
burocratico
di
organizzazione,
viene
in
preminente
risalto
una
forte
e
penetrante
responsabilità
disciplinare
del
giudice
(avendo
il
legislatore
francese
omogeneizzato
la
posizione
del
magistrato
a
quella
del
pubblico
funzionario),
mentre
la
responsabilità
civile
per
colpa
grave
-‐
se
ha
storicamente
assunto
lo
stesso
significato
di
eliminare
situazioni
di
privilegio
del
giudice
rispetto
agli
altri
funzionari
pubblici
-‐
si
configura
soprattutto
come
responsabilità
dello
Stato.
Nei
Paesi
di
common
law,
dove
esistono
modelli
«professionali»
di
organizzazione,
la
responsabilità
del
giudice,
civile
e
disciplinare,
trova
invece
poco
spazio,
perché
la
«professionalità»
del
giudice
è
considerata
di
per
se
portatrice
di
valori
garantistici.
L'esperienza
italiana
assume
connotazioni
affatto
peculiari
perché,
pur
ispirandosi
al
modello
burocratico
di
organizzazione
della
giustizia,
accentua
l'indipendenza
e
l'autonomia
dell'ordine
giudiziario
ed
esclude
forme
di
controllo
politico
anche
indiretto:
situazione
che
-‐
come
è
noto
-‐
si
caratterizza
per
la
presenza
di
un
organo
di
autogoverno,
il
Consiglio
superiore
della
magistratura,
che
non
ha
riscontro
alcuno
in
altri
ordinamenti.
Ciò
sia
per
l'assenza
di
controlli
periodici,
essendo
l'avanzamento
dei
magistrati
reclutati
per
pubblico
concorso
regolato
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