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non
abitualità
del
comportamento.
Il
primo
di
essi
si
articola
a
sua
volta,
nel
decreto,
in
due
ulteriori
indici-‐requisiti,
costituiti
dalle
“modalità
della
condotta”
e
dall’“esiguità
del
danno
o
del
pericolo”.
Come
è
facile
notare,
tra
gli
indici
forniti
dal
legislatore
delegato,
come
anche
da
quello
delegante,
non
compare
espressamente
il
grado
e
l’intensità
della
colpevolezza.
Una
simile
opzione
si
giustifica
non
solo
in
ragione
dell’ossequio
dovuto
alla
scelta
effettuata
dalla
legge
delega,
che
non
può
certo
essere
casuale.
Ma
può
trovare
un
suo
fondamento
anche
nell’esigenza
di
“sganciare”
per
quanto
possibile
il
giudizio
d’irrilevanza
da
accertamenti
di
tipo
psicologico-‐
soggettivistico,
sempre
ardui
e
decisamente
tanto
più
problematici
quanto
più
destinati
ed
essere
effettuati
nelle
fasi
prodromiche
del
procedimento,
secondo
la
naturale
vocazione
dell’istituto.
D’altra
parte,
la
formula
adottata
è
ben
lungi
dall’escludere
qualunque
rilevanza
dell’elemento
soggettivo
del
reato.
In
effetti,
appare
del
tutto
ovvio
che
l’indice-‐criterio
delle
“modalità
della
condotta”
si
presta
benissimo
e
del
tutto
naturalmente
a
permettere
una
valutazione
sia
del
grado
della
colpa,
sul
presupposto
che
la
violazione
delle
regole
cautelari
concorre
ad
integrare
il
modo
di
manifestarsi
della
(tipicità
della)
condotta;
sia
dell’intensità
del
dolo,
sul
presupposto
che
assai
spesso
quest’ultima
si
riverbera
e
si
traduce
nell’adozione
da
parte
dell’autore
di
determinate
modalità
esecutive
della
condotta.
In
accoglimento
di
specifiche
condizioni
espresse
dalla
Commissione
Giustizia
della
Camera
dei
Deputati,
si
è
provveduto
a
specificare,
al
primo
comma
dell’articolo
131-‐bis,
che
le
modalità
della
condotta
e
l’esiguità
del
danno,
parametri
per
la
valutazione
della
particolare
tenuità
dell’offesa,
debbono
essere
valutate
ai
sensi
dell’articolo
133
primo
comma
del
codice
penale.
Sempre
in
accoglimento
delle
condizioni
espresse
dalla
Commissione
Giustizia
della
Camera
dei
deputati,
è
stato
aggiunto
alla
disposizione
di
cui
all’articolo
131-‐bis
un
ulteriore
comma
per
il
quale
l’offesa
non
può
essere
ritenuta
di
particolare
tenuità
quando
l’autore
ha
agito
per
motivi
abietti
e
futili,
o
con
crudeltà
anche
contro
gli
animali,
o
ha
adoperato
sevizie
o
ha
profittato
della
condizioni
di
minorata
difesa
della
vittima,
anche
in
riferimento
all’età
della
stessa.
Sempre
in
accoglimento
di
quanto
segnalato
dalla
Commissione
Giustizia
della
Camera
dei
deputati,
là
dove
si
recepisce
l’osservazione
del
prof.
Palazzo
riferita
all’essenzialità
del
bene
della
vita
e
dell’integrità
psico-‐fisica
della
persona,
è
stata
prevista
l’espressa
esclusione
dall’ambito
operativo
dell’istituto
delle
fattispecie
in
cui
l’evento
lesivo
sia
costituito
dalla
morte
o
dalle
lesioni
gravissime
in
danno
di
una
o
più
persone.
Il
riferimento
è
da
intendersi
alle
ipotesi
di
omicidio
colposo,
lesioni
colpose
gravissime
e
ogni
altra
ipotesi
di
evento
di
tal
tipo
che
derivi,
quale
conseguenza
non
voluta,
dalla
commissione
di
un
delitto
doloso,
secondo
quanto
previsto
dall’art.
586
codice
penale.
Si
osserva
che,
sul
punto,
il
decreto
recepisce
le
specifiche
sollecitazioni
della
Corte
EDU,
la
quale
ha
ritenuto
che
il
valore
primario
del
bene
vita
debba
essere
adeguatamente
considerato
dal
legislatore
interno,
anche
nei
casi
in
cui
la
lesione
sia
dovuta
a
condotte
colpose
(sez.
II,
29
marzo
2011,
Alikaj
e
altri
c.
Italia).
4.
Il
secondo
indice-‐criterio
di
valutazione
della
particolare
tenuità
del
fatto
è
costituito
dalla
non
abitualità
dello
stesso.
Anche
in
questo
caso
il
legislatore
delegato
ha
scrupolosamente
osservato
l’indicazione
della
delega,
che
in
effetti
ha
utilizzato
un
concetto
in
certa
misura
diverso
da
quello
più
usuale
di
“occasionalità”
del
fatto.
Toccherà
naturalmente
all’interprete
dare
tutte
le
opportune
precisazioni
contenutistiche
al
concetto.
Tuttavia,
si
può
ipotizzare
che
il
concetto
di
“non
abitualità”
del
8