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contratti
con
la
pubblica
amministrazione,
salvo
che
per
ottenere
le
prestazioni
di
un
pubblico
servizio.
Il
vigente
secondo
comma
dell'articolo
32-‐ter
del
codice
penale
prevede
che
tale
incapacità
non
possa
avere
durata
inferiore
ad
un
anno
né
superiore
a
tre
anni;
la
lettera
citata
innalza
a
cinque
anni
tale
ultimo
termine.
La
successiva
lettera
b),
intervenendo
sull'articolo
32-‐quinquies
del
codice
penale
-‐
che
disciplina
i
casi
nei
quali
alla
condanna
consegue
l'estinzione
del
rapporto
di
lavoro
o
di
impiego
-‐
stabilisce
che
l'estinzione
del
rapporto
di
lavoro
o
di
impiego,
nei
confronti
del
dipendente
di
amministrazioni
od
enti
pubblici
ovvero
di
enti
a
prevalente
partecipazione
pubblica,
consegua
alla
condanna
alla
reclusione
non
inferiore
ai
due
anni
(in
luogo
dei
tre
anni
previsti
dalla
legislazione
vigente)
per
i
delitti
di
peculato,
concussione,
corruzione
per
l'esercizio
della
funzione,
corruzione
per
un
atto
contrario
ai
doveri
d'ufficio,
corruzione
in
atti
giudiziari,
induzione
indebita
a
dare
o
promettere
utilità,
ovvero
corruzione
di
persona
incaricata
di
pubblico
servizio.
La
lettera
c)
del
comma
1,
eleva
il
limite
massimo
edittale
di
pena
previsto
per
il
reato
di
peculato
di
cui
all’articolo
314
del
codice
penale,
primo
comma.
La
disposizione
vigente
punisce
con
la
reclusione
da
quattro
a
dieci
anni
il
pubblico
ufficiale
o
l'incaricato
di
un
pubblico
servizio,
che,
avendo
per
ragione
del
suo
ufficio
o
servizio
il
possesso
o
comunque
la
disponibilità
di
danaro
o
di
altra
cosa
mobile
altrui,
se
ne
appropria.
Il
testo
licenziato
dalla
Commissione
eleva
il
limite
massimo
della
pena
di
ulteriori
sei
mesi
(“dieci
anni
e
sei
mesi”).
La
successiva
lettera
d)
interviene
sul
reato
di
corruzione
per
l’esercizio
della
funzione
di
cui
all’articolo
318
del
codice
penale.
La
disposizione
vigente
sanziona
con
la
reclusione
da
uno
a
cinque
anni
il
pubblico
ufficiale
che,
per
l'esercizio
delle
sue
funzioni
o
dei
suoi
poteri,
indebitamente
riceve,
per
sé
o
per
un
terzo,
denaro
o
altra
utilità
o
ne
accetta
la
promessa.
Il
testo
licenziato
della
Commissione
eleva
il
limite
massimo
edittale
di
pena
a
“
sei
anni”.
Il
comma
1,
lettera
e)
novella
l'articolo
319
del
codice
penale,
che
disciplina
la
corruzione
per
un
atto
contrario
ai
doveri
d'ufficio,
aumentando
la
sanzione
(
dagli
attuali
“da
quattro
a
otto
anni”
a
“
da
sei
a
dieci
anni”)
prevista
per
il
pubblico
ufficiale
che,
per
omettere
o
ritardare
o
per
aver
omesso
o
ritardato
un
atto
del
suo
ufficio,
ovvero
per
compiere
o
per
aver
compiuto
un
atto
contrario
ai
doveri
di
ufficio,
riceva,
per
sé
o
per
un
terzo,
denaro
od
altra
utilità,
o
ne
accetti
la
promessa.
La
lettera
f)
inasprisce
il
quadro
sanzionatorio
previsto
per
il
reato
di
corruzione
in
atti
giudiziari
di
cui
all’articolo
319-‐ter
del
codice
penale.
La
disposizione
codicistica
così
come
modificata
dal
testo
licenziato
della
Commissione
prevede
che
se
i
fatti
indicati
negli
articoli
318
(corruzione
per
l’esercizio
di
una
funzione)
e
319
(corruzione
per
un
atto
contrario
ai
doveri
d’ufficio)
sono
commessi
per
favorire
o
danneggiare
una
parte
in
un
processo
civile,
penale
o
amministrativo,
si
applica
la
pena
della
reclusione
da
sei
a
dodici
anni
(a
legislazione
vigente
da
quattro
a
dieci
anni).
Se
dal
fatto
deriva
l'ingiusta
condanna
di
taluno
alla
reclusione
non
superiore
a
cinque
anni,
la
pena
è
della
reclusione
da
sei
a
quattordici
anni
(a
legislazione
vigente
da
cinque
a
dodici
anni);
se
deriva
l'ingiusta
condanna
alla
reclusione
superiore
a
cinque
anni
o
all'ergastolo,
la
pena
è
della
reclusione
da
otto
a
venti
anni
(a
legislazione
vigente
da
sei
a
venti
anni).
La
lettera
g)
interviene
sul
reato
di
induzione
indebita
a
dare
o
promettere
utilità,
di
cui
al
primo
comma
dell'articolo
319-‐quater
del
codice
penale,
innalzando
il
limite
minimo
e
massimo
della
pena
da
infliggere
al
pubblico
ufficiale
o
all'incaricato
di
pubblico
servizio
che,
abusando
della
sua
qualità
o
dei
suoi
poteri,
induce
taluno
a
dare
o
a
promettere
indebitamente,
a
lui
o
a
un
terzo,
denaro
o
altra
utilità,
salvo
che
il
fatto
costituisca
più
grave
reato.
La
pena
attualmente
prevista
dal
codice
penale
è
fissata
nella
reclusione
da
tre
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