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Giurisprudenza disciplinare
➤ ASTENSIONE DALLE UDIENZE E COMPORTAMENTO DEL NON ADERENTE. Pone in essere un comportamento contrario ai principi di correttezza e lealtà, oltre che al dovere di colleganza, il professionista che partecipi all'udienza facendo constare a verbale la	mancata	comparizione	a	rendere l'interrogatorio del cliente del collega che abbia precedentemente verbalizzato di aderire allo sciopero (C.N.F. 28/12/2000, n. 296).
La normativa in materia di astensione dell'attività professionale prevede che l'avvocato che non intenda aderire alla astensione debba informare il giudice e la controparte, onde permettere a quest'ultima di intervenire e dare atto che intende aderire all'astensione, così evitando danni al cliente. Pertanto l'avvocato che adempie a tale dovere informativo non incorre in alcuna violazione deontologica (C.N.F. 13/12/2000, n. 262).
Il diritto di astenersi dalle udienze così come il diritto di non aderire all'astensione sono istituzionalmente garantiti e devono essere esercitati liberamente dal professionista, nè gli organi istituzionali dell'avvocatura possono intervenire sulla scelta operata se non nei casi in cui l'esercizio del diritto, di lavorare o di astenersi, si attivi con modalità tali da cagionare danni ai colleghi e discredito alla dignità e al decoro	dell'avvocatura.	È	pertanto disciplinarmente rilevante il comportamento del professionista che, non aderendo all'astensione e senza avvertire la controparte, abbia insistito per l'effettuazione della prova per testi, assumendo così un comportamento volto a danneggiare il collega di controparte assente (C.N.F. 23/11/2000, n. 201).
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Art. 61. Arbitrato
1. L'avvocato chiamato a svolgere la funzione di arbitro deve improntare il proprio comportamento a probità e correttezza e vigilare che il procedimento si svolga con imparzialità e indipendenza.
2. L'avvocato non deve assumere la funzione di arbitro quando abbia in corso, o abbia avuto negli ultimi due anni, rapporti professionali con una delle parti e, comunque, se ricorre una delle ipotesi di ricusazione degli arbitri previste dal codice di rito.
3. L'avvocato non deve accettare la nomina ad arbitro se una delle parti del procedimento sia assistita, o sia stata assistita negli ultimi due anni, da altro professionista di lui socio o con lui associato, ovvero che eserciti negli stessi locali. In ogni caso l'avvocato deve comunicare per iscritto alle parti ogni ulteriore circostanza di fatto e ogni rapporto con i difensori che possano incidere sulla sua indipendenza, al fine di ottenere il consenso delle parti stesse all'espletamento dell'incarico.
4. L'avvocato che viene designato arbitro deve	comportarsi	nel	corso	del procedimento in modo da preservare la fiducia in lui riposta dalle parti e deve rimanere	immune	da	influenze	e condizionamenti esterni di qualunque tipo. 5. L'avvocato nella veste di arbitro:
a) deve mantenere la riservatezza sui fatti di cui venga a conoscenza in ragione del procedimento arbitrale; b) non deve fornire notizie su questioni attinenti al procedimento;
	
  
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