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CODICE DEONTOLOGICO FORENSE
approvato dal Consiglio nazionale forense nella seduta del 31 gennaio 2014
pubblicato nella Gazzetta ufficiale serie generale n. 241 del 16 ottobre 2014
Relazione illustrativa ➤ Premessa. Come noto, il comma 3 dell’art. 3 della legge 31.12.2012 n. 247, che riportiamo per comodità espositiva, prevede: “L’avvocato esercita la professione uniformandosi ai principi contenuti nel codice deontologico emanato dal CNF ai sensi degli articoli 35, comma 1, lettera d), e 65, comma 5. Il codice deontologico stabilisce le norme di comportamento che l’avvocato è tenuto ad osservare in via generale e, specificamente,nei suoi rapporti con il cliente, con la controparte, con altri avvocati e con altri professionisti. Il codice deontologico espressamente individua fra le norme in esso contenute quelle che, rispondendo alla tutela di un pubblico interesse al corretto esercizio della professione, hanno rilevanza disciplinare. Tali norme, per quanto possibile, devono essere caratterizzate dall’osservanza del principio della tipizzazione della condotta e devono contenere l’espressa indicazione della sanzione applicabile.”. La previsione legislativa, così come è formulata, indurrebbe a ritenere che all’interno del codice deontologico possano esistere anche norme che non rispondono alla tutela di un pubblico interesse al corretto esercizio della professione, con la conseguenza della loro irrilevanza disciplinare; in altri termini, si avrebbe una parte del codice che, per contenere norme prive di conseguenze disciplinari, degraderebbe a dimensione di mera e semplice moral suasion, anche se a questa sfera, pur in mancanza di una sanzione disciplinare diretta, potrebbero collegarsi altre valenze, essendo ormai accertato che la norma deontologica può riempire di contenuto le clausole generali presenti nella legge n. 247/2012 e nel codice civile (per profili quali quello della diligenza, della buona fede, dell’illecito) e che la sua violazione è idonea a fondare un giudizio di risarcimento del danno. Tale lettura non ha superato però la prova di resistenza in quanto il Consiglio è pervenuto alla conclusione che il “nuovo” codice deontologico deve contenere norme aventi tutte rilevanza disciplinare, atteso che le previsioni deontologiche tutelano, in ogni caso, l’affidamento della collettività ad un esercizio corretto della professione che esalti lo specifico ruolo dell’avvocato come attuatore del diritto costituzionale di difesa e garante della effettività dei diritti, salvaguardandosi, al contempo, quella funzione sociale della difesa richiamata anche nelle disposizioni di apertura della legge n. 247/2012. Tutte le norme che, in un modo o nell’altro, regolamentano la deontologia della funzione difensiva possono quindi ritenersi non espressioni di istanze corporative bensì veicolo del pubblico interesse al corretto esercizio della professione se è vero che la difesa ha funzione sociale ed è mezzo di attuazione di diritti a rilevanza costituzionale Rafforza tale opzione interpretativa anche e soprattutto il combinato disposto delle previsioni di cui agli artt. 3, 17 e 51 della legge di riforma dell’ordinamento professionale. Ai sensi dell’art.
	
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