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- l’art. 2 comma 2 per il quale “l’avvocato ha la funzione di garantire al cittadino l’effettività della tutela dei diritti” e comma 4: “l’avvocato, nell’esercizio della sua attività, è soggetto alla legge e alle regole deontologiche”. In questo, e con questo, quadro di riferimento, completato da una coerente delineazione di principi generali che vanno a costituire il titolo I del codice deontologico, quest’ultimo riconosce ad ogni singola previsione una valenza disciplinare provvedendo per ciascuna, per quanto possibile, alla tipizzazione della condotta ed alla espressa indicazione della sanzione applicabile; questo avviene anche per quelle previsioni, invero oltremodo residuali, che sembrerebbero non lasciar trasparire, almeno con diretta immediatezza, il riferimento alla tutela di un interesse pubblico al corretto esercizio della professione.
Trattasi di scelta che è stata motivata ed ispirata da un approccio di segno più garantista e da una esigenza di coerenza ed uniformità di sistema. ➤ La struttura del codice L’obbligato ed imposto “ripensamento” del codice nato nel 1997, con le modifiche che ne hanno, a più riprese, scandito gli oltre diciassette anni di vita, è stata anche l’occasione per rivalutarne e riconsiderarne la struttura, con un metodo che, scevro da qualsivoglia intento demolitore ma anzi ispirato da una esigenza di critica conservazione che non ne mandasse disperso il consolidato assetto arricchito da anni di feconda lettura giurisprudenziale, potesse però favorirne una possibile razionalizzazione, un impianto più “moderno” e meno frastagliato,una costruzione più rispondente anche al nuovo assetto ordinamentale ed alle “novità" disciplinari dovute alle fonti legislative, le più varie.
Costituiscono risultato ed esiti di quanto appena evidenziato: - una più appropriata confezione del titolo I riservato ai “principi generali” (concetti, nozioni e principi) con una separazione, frutto non di una cesura bensì di una saldatura, tra quelli e le “parti speciali” di cui ai titoli II, III, IV, V e VI che seguono e che sono più specificamente riservate alle “norme incriminatrici”, queste ultime articolate ora in commi ed accompagnate ognuna dalla espressa indicazione della sanzione applicabile. In questo ambito si è ritenuto opportuno anche sopprimere l’incipit del codice nella forma del “preambolo” (che nel 1997 riprendeva l’esempio del codice europeo) senza mandarne disperso il contenuto che andava però in parte corretto, attualizzato e reso coerente con le previsioni di principio della legge ordinamentale; al di là della opportunità di adottare o meno un preambolo (ne discussero molto anche i padri costituenti per la nostra carta fondamentale, poi rinunciandoci) è apparso più funzionale alla nuova impronta del codice, e tenuto conto che, a differenza del 1997, oggi abbiamo il nuovo ordinamento professionale che già scolpisce ed individua la “missione” dell’avvocato, l’incipit diretto con l’art.1 dei principi generali (sulla cui rubrica si è discusso –la traduzione della terminologia adottata in sede europea è resa appunto con “la missione dell’avvocato”- privilegiando quella che figura nel testo e che nella sua asciutta assolutezza ha riscosso maggior favore);
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