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commettere
nel
frattempo
delitti»
(sentenza
6
novembre
2003,
Pantano
contro
Italia).
8.
–
È
su
questo
quadro
che
si
innesta
l’ulteriore
intervento
novellistico
che
dà
origine
agli
odierni
quesiti
di
costituzionalità,
operato
con
il
decreto-‐legge
n.
11
del
2009,
convertito,
con
modificazioni,
dalla
legge
n.
38
del
2009.
Compiendo
un
“salto
di
qualità”
a
ritroso,
rispetto
alla
novella
del
1995,
l’art.
2,
comma
1,
lettere
a)
e
a-‐bis),
del
citato
provvedimento
d’urgenza
riespande
l’ambito
di
applicazione
della
disciplina
eccezionale
ai
procedimenti
aventi
ad
oggetto
numerosi
altri
reati,
individuati
in
parte
mediante
diretto
richiamo
agli
articoli
di
legge
che
descrivono
le
relative
fattispecie
e
per
il
resto
tramite
rinvio
“mediato”
alle
norme
processuali
di
cui
all’art.
51,
commi
3-‐bis
e
3-‐ quater,
cod.
proc.
pen.;
reati
tra
i
quali
si
annoverano
quelli
considerati
dalle
ordinanze
di
rimessione,
e
cioè
l’induzione
o
sfruttamento
della
prostituzione
minorile
(art.
600-‐bis,
primo
comma,
cod.
pen.);
la
violenza
sessuale
(art.
609-‐bis
cod.
pen.),
salvo
che
ricorra
l’attenuante
di
cui
al
terzo
comma
(«casi
di
minore
gravità»);
gli
atti
sessuali
con
minorenne
(art.
609-‐quater
cod.
pen.),
salvo
che
ricorra
l’attenuante
di
cui
al
quarto
comma
(«casi
di
minore
gravità»).
È
agevole
constatare
come
le
estensioni
operate
–
successivamente
implementate
da
modifiche
legislative
che
non
hanno
interessato
direttamente
la
norma
impugnata
(ad
esempio,
art.
12,
comma
4-‐ bis,
del
d.lgs.
25
luglio
1998,
n.
286,
recante
il
«Testo
unico
delle
disposizioni
concernenti
la
disciplina
dell’immigrazione
e
norme
sulla
condizione
dello
straniero»,
aggiunto
dalla
legge
15
luglio
2009,
n.
94,
recante
«Disposizioni
in
materia
di
sicurezza
pubblica»)
–
riguardino
fattispecie
penali
in
larga
misura
eterogenee
fra
loro
(fatta
eccezione
per
i
delitti
“a
sfondo
sessuale”),
e
cioè
poste
a
tutela
di
differenti
beni
giuridici,
assai
diversamente
strutturate
e
con
trattamenti
sanzionatori
anche
notevolmente
differenti
(si
pensi
all’omicidio
volontario,
al
sequestro
di
persona
a
scopo
di
estorsione,
all’associazione
finalizzata
al
contrabbando
di
tabacchi
lavorati
esteri,
ai
delitti
commessi
con
finalità
di
terrorismo
o
di
eversione)
e
accomunate
unicamente
dall’essere
i
relativi
procedimenti
assoggettati
al
regime
cautelare
speciale
in
questione.
9.
–
Tutte
le
ordinanze
di
rimessione
censurano
la
norma
impugnata
limitatamente
al
fatto
che
non
consente
di
applicare
una
misura
cautelare
meno
afflittiva
nei
procedimenti
a
quibus,
aventi
ad
oggetto
i
delitti
sessuali
dianzi
citati.
È,
dunque,
sottoposta
allo
scrutinio
di
costituzionalità
esclusivamente
la
presunzione
assoluta
di
adeguatezza
della
sola
custodia
cautelare
carceraria,
mentre
resta
fuori
del
devoluto
la
presunzione
relativa
di
sussistenza
delle
esigenze
cautelari:
dandosi
per
scontata
questa
sussistenza,
ciò
che
rileva,
secondo
i
rimettenti,
e
determina
l’illegittimità
costituzionale
è
la
lesione
del
principio
del
“minore
sacrificio
necessario”.
10.
–
La
lesione
denunciata
è
effettivamente
riscontrabile.
Secondo
la
giurisprudenza
di
questa
Corte,
«le
presunzioni
assolute,
specie
quando
limitano
un
diritto
fondamentale
della
persona,
violano
il
principio
di
eguaglianza,
se
sono
arbitrarie
e
irrazionali,
cioè
se
non
rispondono
a
dati
di
esperienza
generalizzati,
riassunti
nella
formula
dell’id
quod
plerumque
accidit».
In
particolare,
l’irragionevolezza
della
presunzione
assoluta
si
coglie
tutte
le
volte
in
cui
sia
“agevole”
formulare
ipotesi
di
accadimenti
reali
contrari
alla
generalizzazione
posta
a
base
della
presunzione
stessa
(sentenza
n.
139
del
2010).
Per
questo
verso,
alle
figure
criminose
che
interessano
non
può
estendersi
la
ratio
già
ritenuta,
sia
da
questa
Corte
che
dalla
Corte
europea
dei
diritti
dell’uomo,
idonea
a
giustificare
la
deroga
alla
disciplina
ordinaria
quanto
ai
procedimenti
relativi
a
delitti
di
mafia
in
senso
stretto:
vale
a
dire
che
dalla
struttura
stessa
della
fattispecie
e
dalle
sue
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