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V.
Corte
costituzionale,
sentenza
del
18
aprile
–
3
maggio
2012,
n.
110
(Presidente
Alfonso
Quaranta,
Ufficiale
della
Repubblica
n.
50,
prima
serie
speciale,
dell’anno
2011.
Visto
l’atto
di
intervento
del
Presidente
del
Consiglio
dei
ministri;
udito
nella
camera
di
consiglio
del
21
marzo
Redattore
Giorgio
Lattanzi)
2012
il
Giudice
relatore
Giorgio
Lattanzi.
L’art.
275,
comma
3,
secondo
periodo,
del
codice
di
procedura
penale,
è
costituzionalmente
illegittimo
nella
parte
in
cui
–
nel
prevedere
che,
quando
sussistono
gravi
indizi
di
colpevolezza
in
ordine
al
delitto
di
cui
all’art.
416
del
codice
penale,
realizzato
allo
scopo
di
commettere
i
delitti
previsti
dagli
artt.
473
e
474
del
codice
penale,
è
applicata
la
custodia
cautelare
in
carcere,
salvo
che
siano
acquisiti
elementi
dai
quali
risulti
che
non
sussistono
esigenze
cautelari
–
non
fa
salva,
altresì,
l’ipotesi
in
cui
siano
acquisiti
elementi
specifici,
in
relazione
al
caso
concreto,
dai
quali
risulti
che
le
esigenze
cautelari
possono
essere
soddisfatte
con
altre
misure.
La
Corte
costituzionale
(Omissis)
ha
pronunciato
la
seguente
sentenza
nel
giudizio
di
legittimità
costituzionale
dell’articolo
275,
comma
3,
del
codice
di
procedura
penale,
come
modificato
dall’art.
2,
comma
1,
del
decreto-‐legge
23
febbraio
2009,
n.
11
(Misure
urgenti
in
materia
di
sicurezza
pubblica
e
di
contrasto
alla
violenza
sessuale,
nonché
in
tema
di
atti
persecutori),
convertito,
con
modificazioni,
dalla
legge
23
aprile
2009,
n.
38,
promosso
dal
Giudice
per
le
indagini
preliminari
presso
il
Tribunale
di
Ancona
nel
procedimento
penale
nei
confronti
di
M.E.
ed
altri
con
ordinanza
del
22
agosto
2011,
iscritta
al
n.
246
del
registro
ordinanze
2011
e
pubblicata
nella
Gazzetta
Ritenuto
in
fatto
1.–
Con
ordinanza
depositata
il
22
agosto
2011
(r.o.
n.
246
del
2011),
il
Giudice
per
le
indagini
preliminari
presso
il
Tribunale
di
Ancona
ha
sollevato
questione
di
legittimità
costituzionale,
in
riferimento
agli
articoli
3,
13,
primo
comma,
e
27,
secondo
comma,
della
Costituzione,
dell’articolo
275,
comma
3,
del
codice
di
procedura
penale,
come
modificato
dall’art.
2,
comma
1,
del
decreto-‐legge
23
febbraio
2009,
n.
11
(Misure
urgenti
in
materia
di
sicurezza
pubblica
e
di
contrasto
alla
violenza
sessuale,
nonché
in
tema
di
atti
persecutori),
convertito,
con
modificazioni,
dalla
legge
23
aprile
2009,
n.
38
«nella
parte
in
cui
impone
l’applicazione
o
non
consente
la
sostituzione
della
misura
cautelare
della
custodia
in
carcere
con
altra
differente
misura
meno
afflittiva»
per
il
delitto
di
cui
all’art.
416
del
codice
penale
realizzato
allo
scopo
di
commettere
i
reati
di
cui
agli
artt.
473
e
474
dello
stesso
codice.
Il
giudice
rimettente
riferisce
di
essere
stato
investito
della
richiesta
del
pubblico
ministero
di
sostituzione,
con
la
misura
della
custodia
cautelare
in
carcere,
della
misura
cautelare
degli
arresti
domiciliari
applicata
con
ordinanza
del
21
giugno
2011
nei
confronti
di
quattro
persone.
In
precedenza,
il
pubblico
ministero
aveva
richiesto
l’applicazione
di
misure
cautelari
nei
confronti
di
persone
sottoposte
ad
indagini
preliminari
per
il
delitto
di
cui
all’art.
416
cod.
pen.
finalizzato
alla
realizzazione
di
più
reati
previsti
dagli
artt.
473
e
474
cod.
pen.;
la
richiesta
era
stata
accolta
dal
giudice
per
le
indagini
preliminari
che,
con
l’ordinanza
indicata,
aveva
applicato
varie
misure
cautelari
custodiali
nei
confronti
degli
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