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l’internazionalizzazione
delle
imprese,
nonché
in
materia
di
energia),
prevede
una
presunzione
assoluta
di
adeguatezza
della
sola
misura
cautelare
della
custodia
in
carcere
quando
si
procede
per
il
delitto
di
cui
all’art.
416
cod.
pen.,
«realizzato
allo
scopo
di
commettere
delitti
previsti
dagli
articoli
473
e
474»
cod.
pen.
Richiamati
i
princìpi
–
affermati
anche
dalla
Convenzione
europea
per
la
salvaguardia
dei
diritti
dell’uomo
e
delle
libertà
fondamentali,
firmata
a
Roma
il
4
novembre
1950,
ratificata
e
resa
esecutiva
con
legge
4
agosto
1955,
n.
848
–
in
base
ai
quali
la
sentenza
n.
265
del
2010
di
questa
Corte
ha
dichiarato
l’illegittimità
costituzionale
dell’art.
275,
comma
3,
cod.
proc.
pen.,
in
riferimento
ai
delitti
di
cui
agli
artt.
600-‐bis,
primo
comma,
609-‐bis
e
609-‐quater
cod.
pen.,
nella
parte
in
cui,
nel
disporre
l’applicazione
della
custodia
cautelare
in
carcere,
salvo
che
siano
acquisiti
elementi
dai
quali
risulti
che
non
sussistono
esigenze
cautelari,
non
fa
salva
l’ipotesi
in
cui
siano
acquisiti
elementi
specifici,
in
relazione
al
caso
concreto,
dai
quali
risulti
che
le
esigenze
cautelari
possono
essere
soddisfatte
con
altre
misure,
il
rimettente
osserva
che
il
necessario
corollario
di
tali
princìpi
è
l’uguale
principio
per
il
quale
«in
materia
cautelare
in
astratto
il
regime
non
deve
prevedere
presunzioni
od
automatismi
atteso
che
essi
contrasterebbero
con
la
natura
individualizzante
della
disciplina
delle
misure
stesse
che
il
giudice
deve
ancorare
al
“caso
concreto”
proprio
per
rendere
concreti
i
principi
della
proporzionalità,
adeguatezza
e
minor
sacrificio».
Il
sistema
legislativo,
sottolinea
il
rimettente,
è
ancorato
a
tali
principi,
fatte
salve
alcune
eccezioni
che
hanno
superato
il
vaglio
di
legittimità
costituzionale,
quali
la
disciplina
derogatoria
relativa
all’art.
416-‐bis
cod.
pen.,
di
cui
l’ordinanza
n.
450
del
1995
della
Corte
ha
ritenuto
la
legittimità
costituzionale.
Richiamata
altresì
la
sentenza
n.
164
del
2011,
il
rimettente
osserva
che
in
relazione
alle
fattispecie
oggetto
di
quest’ultima
pronuncia
e
della
precedente
sentenza
n.
265
del
2010,
questa
Corte
ha
concluso
che
non
poteva
escludersi
la
possibilità
che
«nei
congrui
casi
anche
una
misura
meno
afflittiva
di
quella
carceraria
potesse
essere
del
tutto
adeguata
divenendo
irrazionale
una
disciplina
che
per
presunzione
assoluta
la
escludesse».
Interrogandosi
sulla
possibilità
di
estendere
tale
conclusione
alla
fattispecie
in
esame,
il
rimettente
rileva
come,
pur
non
potendosi
parlare
di
reato
relativo
a
condotte
meramente
individuali,
non
si
attagliano
ad
essa
i
canoni
interpretativi
concernenti
le
fattispecie
di
mafia.
La
norma
censurata
richiama
la
fattispecie
base
dell’associazione
per
delinquere,
non
modificata,
come
ad
esempio
è
accaduto
per
il
sesto
comma
dell’art.
416
cod.
pen.,
ricompreso
nell’art.
51,
comma
3-‐bis,
cod.
proc.
pen.;
inoltre,
sottolinea
il
rimettente,
un
sodalizio
avente
le
finalità
in
questione
si
presenta,
per
sua
stessa
natura,
con
«caratteristiche
di
estrema
varietà
delle
forme
di
partecipazione»,
come
sarebbe
emerso
nel
caso
in
esame:
l’apporto
del
singolo
sodale,
pertanto,
è
«estremamente
vario
e
spesso
non
catalogabile
in
rigidi
schemi».
Certamente
manca
«un
forte
radicamento
in
un
dato
territorio,
come
pure
l’uso
di
forme
di
intimidazione
e
lo
stesso
legame
associativo
è
basato
su
un
rapporto
di
mera
convenienza
economica
e
non
sul
rispetto
di
codici
di
onore
o
patti
di
similare
valore».
In
buona
sostanza,
ad
avviso
del
rimettente,
fanno
difetto,
nella
fattispecie
in
esame,
proprio
le
caratteristiche
che
hanno
portato
questa
Corte
a
ritenere
non
irragionevole
la
deroga
della
disciplina
delle
misure
cautelari
per
i
reati
di
mafia.
La
natura
associativa
della
fattispecie,
inoltre,
non
sarebbe
ostativa
a
una
valutazione
di
irragionevolezza
della
previsione
della
sola
custodia
cautelare
in
carcere,
come
confermerebbe
la
sentenza
n.
231
del
2011,
relativa
alla
diversa,
e
ben
più
grave,
fattispecie
associativa
prevista
dall’art.
74
del
d.P.R.
9
ottobre
1990,
n.
309
(Testo
unico
delle
leggi
in
materia
di
disciplina
degli
stupefacenti
e
sostanze
psicotrope,
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