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infatti,
potrebbe
accompagnare
qualsiasi
fattispecie
delittuosa,
sicché,
ove
si
volessero
ricomprendere
anche
i
reati
così
aggravati
nella
locuzione
“delitti
di
mafia”
contenuta
nelle
pronunce
della
Corte
costituzionale,
«si
finirebbe
con
l’assimilare,
sotto
il
profilo
del
disvalore
sociale
e
giuridico,
manifestazioni
delittuose
del
tutto
differenti,
sia
con
riferimento
alla
loro
portata
criminale
sia
con
riferimento
alla
pericolosità
dell’agente».
La
presunzione
di
adeguatezza
della
misura
della
custodia
in
carcere
per
delitti
commessi
al
fine
di
agevolare
l’attività
delle
associazioni
previste
dall’art.
416-‐bis
cod.
pen.
comporterebbe,
secondo
le
sezioni
unite,
«una
parificazione
tra
chi
a
dette
associazioni
abbia
aderito
e
chi
invece,
senza
appartenere
ad
esse,
abbia
inteso
agevolare
le
attività
delle
associazioni
stesse»
e
tale
parificazione
sarebbe
ingiustificata,
alla
luce
della
giurisprudenza
costituzionale
che
ritiene
legittima
la
presunzione
in
argomento
solo
in
presenza
di
un
legame
associativo
connotato
da
specifiche
caratteristiche,
quali
la
forza
intimidatrice
del
vincolo
associativo
e
la
condizione
di
assoggettamento
e
di
omertà
che
ne
deriva.
Siffatte
caratteristiche
non
sarebbero
riscontrabili
in
una
condotta
delittuosa
pur
aggravata
a
norma
dell’art.
7
del
decreto-‐legge
n.
152
del
1991,
condotta
grave
e
indice
di
pericolosità,
ma
non
necessariamente
e
in
ogni
caso
maggiore
di
quella
del
partecipe
ad
un’associazione
dedita
al
traffico
di
sostanze
stupefacenti,
posto
che
«in
relazione
all’aggravante
contestata
sotto
il
profilo
dell’agevolazione
delle
attività
delle
associazioni
previste
dall’art.
416
bis
cod.
pen.
–
situazione
corrispondente
alla
concreta
fattispecie
(...)
–
è
escluso
un
vincolo
o
un
legame
con
l’associazione».
La
questione
sarebbe,
inoltre,
rilevante,
posto
che
l’appello
del
pubblico
ministero
avverso
l’ordinanza
applicativa
degli
arresti
domiciliari
è
stato
accolto,
con
il
provvedimento
oggetto
del
ricorso
per
cassazione,
proprio
sulla
base
della
presunzione
di
adeguatezza
della
custodia
cautelare
in
carcere
per
il
reato
di
favoreggiamento
personale
aggravato
dall’art.
7
del
decreto-‐legge
n.
152
del
1991.
La
Corte
rimettente
ricorda
poi
il
precedente
delle
stesse
sezioni
unite
(sentenza
28
marzo
2001,
n.
10)
che
ha
dato
risposta
positiva
al
quesito
relativo
all’applicabilità
della
circostanza
aggravante,
contestata
per
i
reati-‐fine,
ai
partecipi
di
un’associazione
di
tipo
mafioso.
La
sentenza
del
2001,
ricorda
ancora
l’ordinanza
di
rimessione,
ha
chiarito
che
il
metodo
mafioso
di
cui
all’art.
416-‐bis
cod.
pen.
e
quello
di
cui
alla
circostanza
aggravante
ex
art.
7
del
decreto-‐legge
n.
152
del
1991
integrano
due
distinte
entità,
in
quanto,
mentre
il
primo
connota
il
fenomeno
associativo
ed
è,
al
pari
del
vincolo,
un
elemento
che
permane
indipendentemente
dalla
commissione
dei
vari
reati,
il
secondo
costituisce
eventuale
caratteristica
di
un
concreto
episodio
delittuoso,
ben
potendo
accadere
che
un
associato
ponga
in
essere
una
condotta
penalmente
rilevante,
pur
costituente
reato-‐fine,
senza
avvalersi
del
potere
intimidatorio
del
gruppo.
Il
medesimo
ragionamento
è
stato
sviluppato
dalla
sentenza
del
2001
in
riferimento
alla
forma
soggettiva
della
circostanza
aggravante
in
esame:
l’associato
risponde
di
un
contributo
permanente
allo
scopo
sociale,
che
prescinde
dalla
commissione
dei
singoli
delitti,
mentre,
se
concorre
in
essi
con
il
dolo
specifico
di
agevolare
l’attività
dell’associazione,
questo
ulteriore
elemento
psicologico
gli
viene
addebitato
in
funzione
di
aggravamento
della
pena.
Sulla
base
delle
argomentazioni
svolte,
la
Corte
di
cassazione
dichiara
rilevante
e
non
manifestamente
infondata
la
questione
di
legittimità
costituzionale
dell’art.
275,
comma
3,
secondo
periodo,
cod.
proc.
pen.,
nei
termini
sopra
riportati.
La
norma
censurata
sarebbe
in
contrasto
con
l’art.
3
Cost.,
per
l’ingiustificata
parificazione
dei
procedimenti
relativi
ai
delitti
aggravati
ai
sensi
dell’art.
7
del
decreto-‐legge
n.
152
del
1991
a
quelli
concernenti
i
delitti
di
mafia,
nonché
per
l’irrazionale
assoggettamento
a
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