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aggravato
dal
fine
di
agevolare
le
attività
delle
associazioni
previste
dall’art.
416-‐bis
cod.
pen.,
così
riqualificata
l’originaria
imputazione
di
partecipazione
ad
un’associazione
di
tipo
mafioso.
Riferisce
ancora
la
Corte
di
cassazione
che
avverso
l’ordinanza
del
14
ottobre
2011
è
stato
proposto
ricorso
per
cassazione.
Deducendo
violazione
di
legge
e
difetto
di
motivazione,
il
ricorso,
dopo
aver
ricordato
la
riqualificazione
del
fatto
operata
dalla
sentenza
di
condanna,
che
aveva
messo
in
evidenza
l’assenza
di
significativi
contatti
tra
l’imputato
e
l’associazione
mafiosa,
ha
richiamato
la
recente
giurisprudenza
costituzionale
sull’illegittimità
di
presunzioni
di
adeguatezza
non
rispondenti
a
dati
di
esperienza
generalizzabili,
sottolineando
l’irragionevolezza
della
presunzione
nel
caso
di
specie,
data
l’assenza
di
collegamenti
con
la
criminalità
organizzata
di
tipo
mafioso.
Con
successive
note
la
difesa
ha
eccepito
in
via
subordinata,
l’illegittimità
costituzionale
degli
artt.
275,
comma
3,
e
299,
comma
2,
cod.
proc.
pen.,
sia
nella
parte
in
cui
è
prevista
l’obbligatorietà
della
custodia
cautelare
in
carcere
per
ogni
delitto
aggravato
dall’art.
7
del
decreto-‐legge
n.
152
del
1991,
convertito,
con
modificazioni,
dalla
legge
n.
203
del
1991
ovvero,
in
più
ristretta
relazione
al
caso
di
specie,
per
il
delitto
commesso
al
fine
di
agevolare
l’attività
delle
associazioni
previste
dall’art.
416-‐bis
cod.
pen.
sia
nella
parte
in
cui
non
è
previsto
che
l’obbligatorietà
della
custodia
cautelare
in
carcere
operi
solo
in
occasione
del
provvedimento
genetico
della
misura
cautelare
e
non
già
quando
siano
successivamente
acquisiti
elementi
specifici
dai
quali
risulti
che
le
esigenze
cautelari
possono
essere
soddisfatte
con
altre
misure.
Il
ricorso
è
stato
assegnato
alle
sezioni
unite
della
Corte
di
cassazione
in
relazione
al
tema
controverso
dell’operatività
della
presunzione
di
adeguatezza
della
custodia
cautelare
in
carcere
ex
art.
275,
comma
3,
cod.
proc.
pen.
solo
in
occasione
dell’adozione
del
provvedimento
genetico
della
misura
coercitiva
ovvero
anche
in
rapporto
alle
vicende
successive
afferenti
alla
permanenza
delle
esigenze
cautelari.
Ricostruiti
i
diversi
orientamenti
della
giurisprudenza
di
legittimità
sul
punto,
le
sezioni
unite
confermano
l’indirizzo
prevalente,
affermando
il
principio
di
diritto
in
forza
del
quale
la
presunzione
deve
operare
«non
solo
in
occasione
dell’adozione
del
provvedimento
genetico
della
misura
coercitiva,
ma
anche
nelle
vicende
successive
che
attengono
alla
permanenza
delle
esigenze
cautelari».
Muovendo
dal
principio
di
diritto
così
enunciato,
la
Corte
rimettente
ritiene
non
manifestamente
infondata
la
questione
di
legittimità
costituzionale
prospettata
dalla
difesa
dell’imputato,
in
considerazione
dell’evoluzione
della
giurisprudenza
costituzionale
sulla
presunzione
di
cui
all’art.
275,
comma
3,
cod.
proc.
pen.
Ripercorsa
tale
evoluzione,
le
sezioni
unite
della
Corte
di
cassazione
individuano
un
duplice
ordine
di
ragioni
a
sostegno
della
non
manifesta
infondatezza
della
questione.
Per
un
verso
richiamano
gli
argomenti
posti
a
fondamento
delle
pronunce
di
illegittimità
costituzionale
sulla
disciplina
in
questione,
intervenute
in
relazione
ad
alcuni
reati
–
come
quelli
previsti
dall’art.
74
del
d.P.R.
9
ottobre
1990,
n.
309
e
dall’art.
416
cod.
pen.,
realizzato
allo
scopo
di
commettere
i
delitti
previsti
dagli
artt.
473
e
474
cod.
pen.
–
caratterizzati
da
un
vincolo
di
appartenenza
ad
organizzazioni
malavitose,
ritenuto,
di
per
sé
solo,
«inidoneo
a
giustificare
la
presunzione
assoluta
di
adeguatezza
della
più
afflittiva
misura
cautelare,
in
assenza
delle
altre
connotazioni
specifiche
del
legame
che
caratterizza
gli
appartenenti
ad
un’associazione
di
tipo
mafioso».
Per
altro
verso,
le
sezioni
unite
rilevano
che
anche
i
delitti
aggravati
dall’art.
7
del
citato
decreto-‐ legge
n.
152
del
1991
–
avendo,
o
potendo
avere,
una
struttura
individuale
–
«potrebbero
per
le
loro
caratteristiche,
non
postulare
necessariamente
esigenze
cautelari
affrontabili
esclusivamente
con
la
custodia
in
carcere».
La
circostanza
aggravante
in
esame,
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