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La
Corte
costituzionale
(Omissis)
ha
pronunciato
la
seguente
sentenza
nel
giudizio
di
legittimità
costituzionale
dell’articolo
275,
comma
3,
del
codice
di
procedura
penale,
come
modificato
dall’art.
2
del
decreto-‐legge
23
febbraio
2009,
n.
11
(Misure
urgenti
in
materia
di
sicurezza
pubblica
e
di
contrasto
alla
violenza
sessuale,
nonché
in
tema
di
atti
persecutori),
convertito,
con
modificazioni,
dalla
legge
23
aprile
2009,
n.
38,
promosso
dal
Tribunale
di
Salerno,
sezione
riesame,
nel
procedimento
penale
a
carico
di
S.F.
ed
altri
con
ordinanza
del
21
agosto
2012,
iscritta
al
n.
240
del
registro
ordinanze
2012
e
pubblicata
nella
Gazzetta
Ufficiale
della
Repubblica
n.
43,
prima
serie
speciale,
dell’anno
2012.
Udito
nella
camera
di
consiglio
del
3
luglio
2013
il
Giudice
relatore
Giorgio
Lattanzi.
Ritenuto
in
fatto
Con
ordinanza
depositata
il
21
agosto
2012
(r.o.
n.
240
del
2012),
il
Tribunale
di
Salerno,
sezione
riesame,
ha
sollevato,
in
riferimento
agli
articoli
3,
13,
primo
comma,
e
27,
secondo
comma,
della
Costituzione,
questione
di
legittimità
costituzionale
dell’articolo
275,
comma
3,
del
codice
di
procedura
penale,
come
modificato
dall’articolo
2
del
decreto-‐legge
23
febbraio
2009,
n.
11
(Misure
urgenti
in
materia
di
sicurezza
pubblica
e
di
contrasto
alla
violenza
sessuale,
nonché
in
tema
di
atti
persecutori),
convertito,
con
modificazioni,
dalla
legge
23
aprile
2009,
n.
38,
nella
parte
in
cui
«impone
l’applicazione
della
misura
della
custodia
cautelare
in
carcere»,
in
relazione
al
delitto
di
cui
all’articolo
609-‐octies
del
codice
penale.
Il
giudice
rimettente
riferisce
che
con
ordinanza
del
10
giugno
2011
era
stata
applicata
ad
alcune
persone,
cui
era
addebitato
anche
il
delitto
previsto
dall’art.
600-‐bis,
secondo
comma,
cod.
pen.,
la
misura
cautelare
della
custodia
in
carcere
in
relazione
al
delitto
di
violenza
sessuale
di
gruppo.
A
tre
degli
indagati
era
contestata
la
partecipazione
«in
funzione
essenzialmente
di
istigatori
e
di
spettatori»
a
un
«singolo
episodio
di
violenza
sessuale
di
gruppo»,
diverso
per
ciascuno
di
essi,
in
cui
«proprio
il
fidanzato
della
persona
offesa»
aveva
svolto
«un
ruolo
fondamentale
nella
costrizione
e
nella
esecuzione
del
rapporto
sessuale»,
al
quale,
in
tre
diverse
occasioni,
gli
altri
indagati
avevano
assistito.
Il
giudice
del
riesame
aveva
escluso
per
uno
degli
indagati
la
sussistenza
dei
gravi
indizi
di
colpevolezza
e
–
oltre
a
confermare
la
misura
detentiva
applicata
a
un
quarto
indagato
–
aveva
disposto,
per
gli
altri,
la
sostituzione
della
custodia
cautelare
in
carcere
con
gli
arresti
domiciliari,
prospettando
un’interpretazione
costituzionalmente
orientata
dell’art.
275,
comma
3,
cod.
proc.
pen.,
incentrata
sulle
ragioni
poste
a
fondamento
della
sentenza
di
illegittimità
costituzionale
n.
265
del
2010
della
Corte
costituzionale
e
sull’omogeneità
del
bene
VIII.
Corte
costituzionale,
sentenza
del
16–
23
luglio
2013,
n.
232
(Presidente
Franco
Gallo,
Redattore
Giorgio
Lattanzi)
L’art.
275,
comma
3,
secondo
periodo,
del
codice
di
procedura
penale,
è
costituzionalmente
illegittimo
nella
parte
in
cui
–
nel
prevedere
che,
quando
sussistono
gravi
indizi
di
colpevolezza
in
ordine
al
delitto
di
cui
all’articolo
609-‐octies
del
codice
penale,
è
applicata
la
custodia
cautelare
in
carcere,
salvo
che
siano
acquisiti
elementi
dai
quali
risulti
che
non
sussistono
esigenze
cautelari
–
non
fa
salva,
altresì,
l’ipotesi
in
cui
siano
acquisiti
elementi
specifici,
in
relazione
al
caso
concreto,
dai
quali
risulti
che
le
esigenze
cautelari
possono
essere
soddisfatte
con
altre
misure.
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