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IX.
Corte
costituzionale,
sentenza
del
25
febbraio
2015
-‐
26
marzo
2015,
n.
48
Visto
l’atto
di
intervento
del
Presidente
del
Consiglio
dei
ministri;
udito
nella
camera
di
consiglio
del
25
febbraio
2015
il
Giudice
relatore
Giuseppe
Frigo.
(Presidente
Alessandro
Criscuolo,
Redattore
Giuseppe
Frigo)
L’art.
275,
comma
3,
secondo
periodo,
del
codice
di
procedura
penale,
è
costituzionalmente
illegittimo
nella
parte
in
cui
–
nel
prevedere
che,
quando
sussistono
gravi
indizi
di
colpevolezza
in
ordine
al
delitto
di
cui
all’art.
416-‐bis
cod.
pen.,
è
applicata
custodia
cautelare
in
carcere,
salvo
che
siano
acquisiti
elementi
dai
quali
risulti
che
non
sussistono
esigenze
cautelari
–
non
fa
salva,
altresì,
rispetto
al
concorrente
esterno
nel
suddetto
delitto,
l’ipotesi
in
cui
siano
acquisiti
elementi
specifici,
in
relazione
al
caso
concreto,
dai
quali
risulti
che
le
esigenze
cautelari
possono
essere
soddisfatte
con
altre
misure.
La
Corte
costituzionale
(Omissis)
ha
pronunciato
la
seguente
sentenza
nel
giudizio
di
legittimità
costituzionale
dell’art.
275,
comma
3,
secondo
periodo,
del
codice
di
procedura
penale,
come
modificato
dall’art.
2,
comma
1,
del
decreto-‐legge
23
febbraio
2009,
n.
11
(Misure
urgenti
in
materia
di
sicurezza
pubblica
e
di
contrasto
alla
violenza
sessuale,
nonché
in
tema
di
atti
persecutori),
convertito,
con
modificazioni,
dalla
legge
23
aprile
2009,
n.
38,
promosso
dal
Giudice
per
le
indagini
preliminari
del
Tribunale
ordinario
di
Lecce
nel
procedimento
penale
a
carico
di
M.F.
con
ordinanza
del
23
dicembre
2013,
iscritta
al
n.
78
del
registro
ordinanze
2014
e
pubblicata
nella
Gazzetta
Ufficiale
della
Repubblica
n.
22,
prima
serie
speciale,
dell’anno
2014.
Ritenuto
in
fatto
1.–
Con
ordinanza
del
23
dicembre
2013,
il
Giudice
per
le
indagini
preliminari
del
Tribunale
ordinario
di
Lecce
ha
sollevato,
in
riferimento
agli
artt.
3,
13,
primo
comma,
e
27,
secondo
comma,
della
Costituzione,
questione
di
legittimità
costituzionale
dell’art.
275,
comma
3,
secondo
periodo,
del
codice
di
procedura
penale,
nella
parte
in
cui
–
nel
prevedere
che,
quando
sussistono
gravi
indizi
di
colpevolezza
in
ordine
al
delitto
di
cui
all’art.
416-‐bis
del
codice
penale
(associazioni
di
tipo
mafioso
anche
straniere)
è
applicata
la
custodia
cautelare
in
carcere,
salvo
che
siano
acquisiti
elementi
dai
quali
risulti
che
non
sussistono
esigenze
cautelari
–
non
fa
salva,
altresì,
l’ipotesi
in
cui
siano
acquisiti
elementi
specifici,
in
relazione
al
caso
concreto,
dai
quali
risulti
che
le
esigenze
cautelari
possono
essere
soddisfatte
con
altre
misure:
e
ciò
«in
particolar
modo
in
relazione
alla
figura
del
concorso
esterno
in
associazione
di
tipo
mafioso».
Il
giudice
a
quo
premette
di
essere
investito
dell’istanza
di
sostituzione
della
misura
della
custodia
cautelare
in
carcere
con
gli
arresti
domiciliari,
proposta
dal
difensore
di
una
persona
sottoposta
ad
indagini
per
il
delitto
continuato
di
associazione
di
tipo
mafioso,
quale
“concorrente
esterno”
ad
essa.
Secondo
l’ipotesi
accusatoria,
l’indagato
avrebbe
messo,
in
più
occasioni,
a
disposizione
del
sodalizio
criminoso
le
proprie
cognizioni
tecniche
e
le
proprie
apparecchiature,
idonee
all’individuazione
di
microspie,
apparati
di
localizzazione
satellitare
e
telecamere,
collocati
dalla
polizia
giudiziaria
nei
luoghi
in
cui
i
membri
dell’organizzazione
erano
soliti
incontrarsi
al
fine
di
captarne
le
comunicazioni.
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