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che
hanno
particolarmente
rimarcato
questi
profili
di
criticità,
circostanze
riferibili
entrambe
all'inizio
di
quest'anno,
del
2013.
La
prima
è
la
ormai
celeberrima
sentenza
della
Corte
europea
dei
diritti
dell'uomo,
la
sentenza
Torreggiani
del
8
gennaio
2013,
che
oltre
a
contestare
il
nostro
sistema
carcerario,
o
meglio
le
condizioni
nelle
quali
i
nostri
detenuti
spesso
vengono
a
trovarsi,
nella
sua
motivazione
affronta
anche
il
tema
della
custodia
cautelare
e
denuncia
come
in
Italia
il
ricorso
a
questo
istituto
sia
sicuramente
fuori
dalla
norma
e
fuori
dalla
media
rispetto
agli
standard
europei
o
comunque
distante
dallo
spirito
della
Convenzione.
L'altra
circostanza,
sempre
accaduta
nel
gennaio
di
quest'anno,
è
la
relazione
del
primo
presidente
della
Corte
di
cassazione
pronunciata
appunto
in
occasione
dell'anno
giudiziario,
allorquando
il
vertice
della
magistratura
ha
letteralmente
qualificato
come
inaccettabile
una
percentuale
di
detenuti
in
custodia
cautelare
pari
a
circa
il
40
per
cento,
dato
che
rappresenta
un
sintomo
perdurante
di
gravi
squilibri
del
sistema
processuale
penale
italiano.
Sempre
nella
relazione,
il
primo
presidente
ha
rappresentato
l'esigenza
di
ricondurre,
anche
rispetto
alla
normativa,
la
disciplina
della
detenzione
carceraria
alla
sua
natura
di
estrema
ratio,
quindi
di
farne
ricorso
solo
in
casi
davvero
eccezionali.
Soprattutto
dall'esame
dei
dati
statistici
è
emerso
che,
nel
corso
del
2012,
su
65.701
detenuti
ospitati
presso
i
nostri
istituti
carcerari,
più
del
40
per
cento
non
è
stato
condannato
in
via
definitiva
e
di
questo
40
per
cento
oltre
il
20
per
cento
vedrà
concludersi
il
percorso
processuale
con
un'assoluzione.
Dunque
il
prezzo
che
viene
pagato
da
questo
punto
di
vista
è
altissimo
e
c’è
l'esigenza
di
intervenire
su
questa
materia.
La
Commissione
ha
lavorato
con
grande
attenzione
soprattutto
nella
fase
delle
audizioni,
volendo
raccogliere
quanto
più
materiale
e
quante
più
argomentazioni
e
riflessioni
possibili,
e
si
è
cercato
di
prospettare
delle
soluzioni
attraverso
la
revisione
di
una
serie
di
articoli
del
codice
di
procedura
penale
che
potesse
contemperare,
in
maniera
che
alla
Commissione
è
apparsa
equilibrata,
da
un
lato,
l'esigenza
di
garantire
la
libertà
individuale,
quindi
la
tutela
dell'articolo
13
e
dell'articolo
27
della
Costituzione,
per
quanto
riguarda
la
presunzione
di
innocenza,
con
le
altrettanto
meritevoli
di
attenzione
esigenze
di
protezione
della
collettività
da
situazioni
di
rischio
e
di
pericolo.
Il
punto
di
equilibrio
è
stato
ritrovato
in
una
serie
di
istituti.
Si
sono
meglio
definiti
i
presupposti
per
la
configurazione
dell'esigenza
della
custodia
cautelare,
estendendo
per
esempio
il
requisito
dell'attualità
oltre
che
della
concretezza
in
termini
di
pericolo
a
tutte
le
ipotesi
contemplate
dal
codice.
Si
è
anche
introdotta
una
serie
di
limitazioni
per
quanto
riguarda
la
possibilità
di
automatismi,
non
solo
eliminando
le
disposizioni
del
codice
che
prevedevano
la
custodia
cautelare
rispetto
alle
condizioni
precedenti,
quali,
ad
esempio,
negli
ultimi
cinque
anni,
il
verificarsi
dell'evasione,
o
della
violazione
delle
stesse
disposizioni
che
regolamentavano
la
custodia
cautelare
precedentemente
concessa
o
misure
alternative,
ma
anche
attraverso
un
rafforzamento
del
percorso
processuale,
in
particolar
modo
dal
punto
di
vista
delle
garanzie
dell'imputato
o
dell'indagato
attraverso
il
rafforzamento
dell'obbligo
della
motivazione,
introducendo
il
concetto
dell'autonoma
valutazione
anche
per
porre
un
freno
ad
una
deprecabile
pratica,
che
purtroppo
nel
quotidiano
si
registra,
del
sostanziale
ricorso,
attraverso
l'espediente
della
motivazione
«ob
relationem»,
ad
un
integrale
e
acritico
recepimento
delle
tesi
accusatorie.
Sono
stati
poi
introdotti
degli
ulteriori
temperamenti
e
siamo
certi
che,
anche
attraverso
il
dibattito
parlamentare
e
soprattutto
l'attività
emendativa,
il
testo
potrà
ulteriormente
arricchirsi,
ma
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