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dall'assunzione
di
elementi
specifici
in
relazione
al
caso
concreto.
Su
questo
punto
si
richiama
quanto
già
espresso
in
merito.
Vi
è
forse
una
ulteriore
considerazione
da
fare
alla
luce
della
giurisprudenza
costituzionale:
eliminare
la
presunzione
assoluta
di
meritevolezza
della
custodia
cautelare
in
carcere
potrebbe
essere
considerato
incostituzionale
dalla
Corte
per
violazione
del
principio
di
ragionevolezza,
considerato
che
la
Corte
stessa
afferma
che
la
custodia
in
carcere
è
l'unica
misura
in
grado
di
interrompere
il
vincolo
associativo
di
una
associazione
strutturata
come
il
legislatore
ha
delineato
con
il
reato
di
associazione
di
stampo
mafioso.
La
seconda
osservazione
concerne
l'opportunità
di
specificare
maggiormente
il
contenuto
dell'articolo
11
nel
testo
in
esame
relativo
al
riesame
presso
il
tribunale
della
libertà
delle
ordinanze
che
dispongono
una
misura
coercitiva.
Sul
punto
si
vedrà
in
seno
al
Comitato
dei
nove.
La
Commissione
Bilancio
ha
espresso
il
2
dicembre
nulla
osta.
La
Commissione
Affari
Sociali
ha
espresso
il
5
dicembre
parere
favorevole
con
una
osservazione
che
invita,
infatti,
la
Commissione
di
merito
a
valutare
l'opportunità
di
reinserire
nel
testo
la
disposizione
volta
a
modificare
l'articolo
73
del
decreto
del
Presidente
della
Repubblica
9
ottobre
1990,
n. 309,
recante
il
testo
unico
sugli
stupefacenti,
riducendo
la
pena
per
alcuni
illeciti
di
lieve
entità
(da
6
a
3
anni)
e,
conseguentemente,
l'applicabilità
delle
misure
cautelari.
Si
tratta,
in
effetti,
di
una
disposizione
che
è
stata
espunta
dal
testo
(già
articolo
9)
nel
corso
dell'esame.
La
scelta
non
è
stata
dettata
da
una
valutazione
nel
merito,
quanto
piuttosto
da
ragioni
metodologiche
legate
al
fatto
che
la
Commissione
Giustizia
in
questo
momento
si
trova
ad
esaminare
specifiche
proposte
di
legge
(proposte
di
legge
C.
1203
Daniele
Farina
e
C.
971
Gozi,
recanti
modifiche
al
testo
unico
delle
leggi
in
materia
di
disciplina
degli
stupefacenti
e
sostanze
psicotrope,
prevenzione,
cura
e
riabilitazione
dei
relativi
stati
di
tossicodipendenza,
di
cui
al
decreto
del
Presidente
della
Repubblica
9
ottobre
1990,
n. 309)
che
vertono
anche
su
tale
questione.
Considerata
la
complessità
della
materia
si
è
preferito
rinviare
a
tale
testo
la
questione
del
comma
5
dell'articolo
73
del
decreto
del
Presidente
della
Repubblica
9
ottobre
1990,
n. 309.
Relazione
alla
Camera
in
seconda
lettura
On.
CARLO
SARRO,
Relatore.
Signor
Presidente,
l'Assemblea
è
da
oggi
chiamata
ad
esaminare,
in
seconda
lettura,
il
provvedimento
recante
modifiche
al
codice
di
procedura
penale
in
materia
di
misure
cautelari
personali.
Dunque,
un
provvedimento
particolarmente
importante
ed
atteso,
come
si
evince
anche
dal
dibattito
registratosi
sia
in
questo
ramo
del
Parlamento
sia
in
Senato,
poiché,
appunto,
quello
della
custodia
cautelare
è
un
istituto
che
incide
sul
bene
supremo
di
ogni
cittadino,
la
libertà
personale,
e
dunque
ogni
intervento
che
il
legislatore
si
preoccupa
di
promuovere
in
questa
materia
deve
essere
espressione
di
un
bilanciamento
equilibrato
tra
le
esigenze
di
sicurezza
della
collettività
e
la
tutela,
come
ricordavo
prima,
del
bene
fondamentale,
che
è
quello,
appunto,
della
libertà.
Il
codice
di
procedura
penale
già
stabilisce,
nella
formulazione
vigente,
che
nessuno
può
essere
sottoposto
a
misure
cautelari
se
a
suo
carico
non
sussistono
gravi
indizi
di
colpevolezza,
e
dunque
devono
essere
accertate
in
concreto
delle
esigenze
previste
specificamente,
quali
il
pericolo
che
l'indagato
commetta
un
altro
reato,
che
possa
inquinare
le
prove
o
che
possa
darsi
alla
fuga.
Inoltre,
si
prevede
che
la
custodia
cautelare
in
carcere
possa
essere
disposta
solamente
in
merito
a
reati
di
una
certa
gravità,
individuati
in
base
alla
pena
edittale,
con
l'eccezione
di
quei
reati,
come
il
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