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«subiscono»
l'applicazione.
Queste
audizioni
in
particolare
hanno
consentito
di
affrontare
il
tema
della
custodia
cautelare
tenendo
conto
degli
effetti
dell'applicazione
pratica
della
normativa.
In
particolare,
sono
stati
sentiti
il
dottor
Rodolfo
Maria
Sabelli,
Presidente
dell'Associazione
nazionale
magistrati,
l'avvocato
Valerio
Spigarelli,
Presidente
dell'Unione
delle
Camere
Penali
Italiane,
e
l'avvocato
Matteo
Pinna,
rappresentante
dell'Unione
delle
Camere
Penali
Italiane.
Anche
in
questo
caso
dalle
audizioni
sono
scaturiti
emendamenti
poi
in
parte
approvati.
È
stato
dato
il
giusto
risalto
anche
all'apporto
scientifico
dell'università
sentendo
alcuni
professori
indicati
dai
gruppi
–
in
particolare,
sono
stati
auditi
Giorgio
Spangher,
professore
di
diritto
processuale
penale
presso
l'Università
degli
studi
La
Sapienza
di
Roma,
Enrico
Marzaduri,
professore
di
diritto
processuale
penale
presso
l'Università
degli
studi
di
Pisa,
Daniele
Negri,
professore
di
diritto
processuale
penale
presso
l'Università
degli
studi
di
Ferrara,
e
Giulio
Illuminati,
professore
di
procedura
penale
presso
l'Università
degli
studi
di
Bologna.
Alcune
delle
modifiche
al
testo
base
sono
proprio
il
risultato
di
queste
audizioni,
che
hanno
consentito
di
affrontare
il
tema
della
custodia
cautelare
secondo
un
approccio
sistematico.
Significative
sono
state
anche
le
audizione
di
rappresentati
di
associazioni
particolarmente
sensibili
al
tema
della
custodia
cautelare
in
carcere.
Sono
stati
sentiti
Mario
Caizzone,
presidente
dell'Associazione
italiana
vittime
di
malagiustizia,
Raffaele
Borgia,
rappresentante
dell'Associazione
italiana
vittime
di
malagiustizia,
e
l'avvocato
Giuseppe
Rossodivita,
rappresentante
dell'Associazione
«Nessuno
tocchi
Caino».
Anche
in
questo
caso
le
audizioni
sono
servite
da
spunto
per
emendamenti.
Passo
ora
ad
illustrare
il
testo,
che
si
compone
di
15
articoli
rispetto
ai
9
del
testo
originario
della
proposta
di
legge.
Come
si
è
detto
la
linea
guida
lungo
la
quale
si
è
mossa
la
Commissione
è
stato
il
rafforzamento
del
principio
secondo
cui
la
custodia
cautelare
in
carcere
deve
essere
l’extrema
ratio
alla
quale
il
giudice
deve
ricorrere
nel
caso
in
cui
siano
riscontrati
i
presupposti
richiesti
dalla
legge.
L'impianto
codicistico
è
comunque
già
orientato
in
tal
senso,
per
cui
non
c’è
stato
il
bisogno
di
particolari
stravolgimenti
dell'impianto
normativo
attuale,
ma
si
è
intervenuti
in
maniera
mirata
su
quelli
che
l'esperienza
ha
dimostrato
essere
i
punti
critici
che
hanno
portato
nei
fatti
ad
una
applicazione
eccessiva
della
custodia
cautelare
in
carcere.
Si
ricorda
a
tale
proposito
che
ultimamente
con
il
decreto
legge
lo
luglio
2013,
n. 78,
convertito,
con
modificazioni,
dalla
legge
9
agosto
2013,
n. 94,
si
è
portato
a
5
anni
il
limite
di
pena
che
consente
l'applicazione
della
custodia
cautelare
in
caso
in
cui
il
pericolo
riguarda
la
commissione
di
delitti
della
stessa
specie
di
quello
per
cui
si
procede.
(Omissis)
L'articolo
1,
invece,
ha
una
portata
più
che
altro
di
coordinamento
interno
al
codice,
in
quanto
la
sostituzione
al
primo
comma
del
termine
«persona
sottoposta
alle
indagini»
con
quello
di
«imputato»
è
puramente
terminologica,
poiché
le
garanzie
che
si
applicano
all'imputato
valgono
anche
per
la
persona
sottoposta
ad
indagini
(articolo
61
c.p.p).
Per
quanto
attiene
al
parere
espresso
dalle
altre
Commissioni,
si
ricorda
che
la
Commissione
Affari
Costituzionali
ha
espresso,
il
5
dicembre,
parere
favorevole
sul
provvedimento
con
due
osservazioni.
La
prima,
riferita
all'articolo
6,
comma
1,
del
testo,
chiede
alla
Commissione
Giustizia
di
valutare
l'opportunità
di
modificare
il
secondo
periodo
del
comma
3
dell'articolo
275
c.p.p.,
prevedendo
che
–
in
osservanza
della
giurisprudenza
costituzionale
–
la
presunzione
di
sola
idoneità
della
custodia
in
carcere
per
i
reati
di
cui
agli
artt.
416-‐bis,
270
e
270-‐bis
del
codice
penale
fosse
corroborata
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