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funzione
giurisdizionale.
Questa
ricostruzione
non
è
stata
ritenuta
fondata,
per
cui
sono
stati
respinti
gli
emendamenti
soppressivi
presentati.
Considerato
che
si
tratta
di
una
questione
estremamente
delicata,
appare
opportuno
richiamare
anche
in
questa
sede
alcuni
chiarimenti
fatti
in
Commissione
affinché
rimangano
agli
atti,
quale
parte
integrante
dei
lavori
preparatori,
anche
per
orientare
in
futuro
l'interprete
circa
l'effettiva
intenzione
del
legislatore
nel
momento
in
cui
va
ad
introdurre
questa
nuova
fattispecie
di
colpa
grave.
Vorrei
porre
l'attenzione
soprattutto
su
quanto
emerso
in
Commissione
nel
corso
dell'audizione
non
solo
dell'Associazione
Nazionale
Magistrati,
ma
anche
dell'Unione
delle
Camere
Penali
Italiane.
In
particolare,
ritengo
interessante,
condivisibile
e
costruttivo
il
rilievo
secondo
il
quale
le
preoccupazioni
suscitate
dalla
nuova
ipotesi
di
travisamento
del
fatto
o
delle
prove
possono
essere
superate
ricorrendo
ad
un'interpretazione
costituzionalmente
orientata
in
base
alla
quale
costituisce
travisamento
la
«affermazione
di
un
fatto
la
cui
esistenza
è
incontrastabilmente
esclusa
dagli
atti
del
procedimento»
o
dalla
«negazione
di
un
fatto
la
cui
esistenza
risulta
incontrastabilmente
dagli
atti
del
procedimento»,
ipotesi
peraltro
già
previste
dal
vigente
articolo
3
comma
2
lettere
b)
e
c)
della
legge
e
lasciate
intatte
dal
testo
in
esame.
In
altri
termini,
appare
necessario
chiarire
come
l'interpretazione
costituzionalmente
orientata
della
norma
in
esame
imponga
di
considerare
che
l'unico
«travisamento»
rilevante
ai
fini
della
responsabilità
civile
del
magistrato
possa
essere
quello
macroscopico,
evidente,
che
non
richiede
alcun
approfondimento
di
carattere
interpretativo
o
valutativo.
Per
questa
ragione
sono
stati
respinti
anche
li
emendamenti
che
qualificavano
come
«manifesto»
il
travisamento.
Il
travisamento
del
fatto
e
delle
prove,
infatti,
coinvolge
aspetti
tipici
dell'attività
valutativa,
che
è
connessa
ai
principi
costituzionali
di
indipendenza
e
imparzialità
della
giurisdizione.
Infatti,
come
affermato
dalla
Corte
costituzionale
con
la
sentenza
n. 18
del
1989,
la
garanzia
costituzionale
dell'indipendenza
del
magistrato
è
diretta
a
tutelare
anzitutto
«l'autonomia
di
valutazione
dei
fatti
e
delle
prove
e
l'imparziale
interpretazione
delle
norme
di
diritto».
L'eventualità
che
l'azione
civile
possa
operare
sul
giudice
come
stimolo
verso
scelte
interpretative
accomodanti
e
decisioni
meno
rischiose
in
relazione
agli
interessi
in
causa,
con
ricadute
negative
sull'imparzialità,
è,
secondo
la
Corte,
impedita
in
radice
proprio
escludendo
che
possa
dar
luogo
a
responsabilità
l'attività
d'interpretazione
di
norme
di
diritto
e
quella
di
valutazione
del
fatto
e
delle
prove.
Tali
parole
rendono
chiara,
oltre
ogni
dubbio,
la
centralità
che,
ai
fini
della
tutela
dell'indipendenza
e
dell'imparzialità
della
giurisdizione,
assume
la
salvaguardia
della
valutazione
del
fatto
e
delle
prove,
alla
pari
dell'interpretazione
del
diritto.
Pertanto,
se
si
vogliono
rispettare
i
citati
principi
costituzionali
occorre
evitare
il
travaso
della
nozione
di
travisamento
in
quelle
di
interpretazione
e
valutazione.
Ove
il
«travisamento»
si
traduca
in
valutazioni
manifestamente
abnormi
del
dato
normativo
o
macroscopici
ed
evidenti
stravolgimenti
di
quello
fattuale,
allora
non
ricorrerà
più
un'attività
definibile
come
interpretazione
o
valutazione.
Solo
allora,
tramite
questa
lettura
costituzionalmente
orientata,
il
travisamento
potrà
legittimamente
costituire
il
presupposto
della
responsabilità
civile,
lasciando
intatta
la
clausola
di
salvaguardia
che
mira
a
garantire
l'autonomia
e
l'imparzialità
del
giudice
nell'attività
di
interpretazione
di
norme
di
diritto
e
in
quella
di
valutazione
del
fatto
e
delle
prove.
Queste
sono
le
ragioni
che
hanno
portato
la
Commissione
a
non
sopprimere
il
travisamento
del
fatto
o
delle
prove
quale
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