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ARTICOLO 14
(Circostanza attenuante. Riparazione dell'offesa nel caso di estinzione per prescrizione del debito tributario)
1. Se i debiti indicati nell'articolo 13 risultano estinti per prescrizione o per decadenza, l'imputato di taluno dei delitti previsti dal presente decreto può chiedere di essere ammesso a pagare, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, una somma, da lui indicata, a titolo di equa riparazione dell'offesa recata all'interesse pubblico tutelato dalla norma violata.
2. La somma, commisurata alla gravità dell'offesa, non può essere comunque inferiore a quella risultante dal ragguaglio a norma dell'articolo 135 del codice penale della pena minima prevista per il delitto contestato.
3. Il giudice, sentito il pubblico ministero, se ritiene congrua la somma, fissa con ordinanza un termine non superiore a dieci giorni per il pagamento.
4. Se il pagamento è eseguito nel termine, la pena è diminuita fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell'articolo 12. Si osserva la disposizione prevista dal comma 3 dell'articolo 13.
5. Nel caso di assoluzione o di proscioglimento la somma pagata è restituita.
LAVORI PREPARATORI
§ 1. DALLA RELAZIONE ACCOMPAGNATORIA AL DECRETO LEGISLATIVO 74/2000
4.2. Le circostanze attenuanti
(...) Il successivo articolo 14 prende in considerazione un’ipotesi particolare, nella quale la disposizione dell’articolo 13 risulterebbe logicamente inapplicabile: quella, cioè, in cui i debiti tributari connessi alle violazioni per le quali si procede penalmente risultino estinti per prescrizione o decadenza dall’azione di accertamento (l’evenienza è configurabile a fronte della diversa calibratura dei relativi termini rispetto a quelli di prescrizione dei reati). Poiché sarebbe incongruo - e di dubbia conformità al principio costituzionale di eguaglianza - che in tale frangente resti preclusa all’imputato la possibilità di fruire dell’attenuante, si è prefigurato uno speciale ed agile meccanismo inteso alla determinazione della somma dovuta a titolo di riparazione dell’offesa recata dal reato, le cui cadenze mutuano (ma in ottica ovviamente del tutto diversa) quelle dell’istituto del c.d. «patteggiamento allargato», della cui introduzione si discute in sede di più generale riforma del processo penale.
In particolare, si stabilisce che l’imputato possa chiedere di essere ammesso a pagare, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, una somma, da lui indicata, a titolo di «equa riparazione» dell’offesa recata all’interesse pubblico tutelato dalla norma violata, comunque non inferiore a quella risultante dal ragguaglio a norma dell’articolo 135 del codice penale della pena minima prevista per il delitto contestato. Il riferimento al carattere equitativo della riparazione rende palese come, pur dovendosi tener conto della gravità dell’offesa, l’istituto non rappresenti uno strumento surrettizio di «reviviscenza» del debito tributario prescritto, al cui importo il versamento non deve, dunque, necessariamente adeguarsi.
Qualora il giudice, sentito il pubblico ministero,
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