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relativi diritti, sostenendo tuttavia che “un conto è che una proprietà passi davvero di mano, sia pure a prezzo vile o per una frazione di secondo..., ben altra cosa è che la traslazione riguardi anche un contenuto economico che il diritto oggetto di cessione non può avere (nella fattispecie, i dividendi derivanti dagli utili, proprio perché appunto mai conseguiti). Nella pronuncia, la Corte afferma che si deve parlare di operazione inesistente anche quando un'operazione giuridica vi sia, ma debba intendersi non coincidente, sul piano economico, da quella documentata, che è la sola presa in considerazione, agli effetti penali, dal D. lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 813. Anche ciò che giuridicamente è effettivo può essere senz'altro fraudolento, se sul piano economico non vi è stata affatto l'operazione che le parti di un contratto abbiano convenuto: e ci per la ragione che, <<...nell'ipotesi di un accordo per far figurare come realmente avvenute operazioni in realtà inesistenti, la cosa non cambia imbastendoci sopra un negozio giuridico formalmente ineccepibile>>. Prudentemente, è ipotizzabile che una tale posizione interpretativa possa conservare validità anche di fronte al nuovo dato normativo - quello rappresentato dal citato art. 10-bis della legge 212/2000 - che, nel definire le operazioni “abusive” come quelle “prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti” (comma 1), le sottrae espressamente a qualsiasi sanzione di carattere penale (comma 13): la “sostanza economica” – per come definita nel comma secondo dell’art. 10-bis - dovrebbe attenere alla “ragione economica”, ossia alla sola “inidoneità delle operazioni (fatti, atti, contratti) a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali”, ma sempre però sul presupposto che le operazioni intanto siano qualificabili come “non inesistenti” sotto il profilo del loro contenuto commerciale.
Al contrario – e sempre con tutte le riserve di
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una prima cauta lettura – potrebbe essere messa seriamente in discussione15, in forza della espressa previsione di legge, la sorte penale di operazioni dotate di reale consistenza economica, ma poste in essere nella totale assenza di ragioni diverse dal risparmio fiscale che le possano giustificare economicamente; operazioni che invece nel passato16, pur con qualche incertezza17, sono state ritenute penalmente rilevanti in presenza di specifiche disposizioni fiscali antielusive, quali quelle di cui all’art. 37, comma terzo, e – ancor più – di cui all’abrogato successivo art. 37-bis del d.
15 Sebbene la Relazione governativa del 2° aprile 2015, illustrativa dello schema poi tradottosi nel decreto legislativo n. 128 del 2015, osservi a pag. 11 che “Resta, di contro, impregiudicata la possibilità di ravvisare illeciti penali nelle operazioni contrastanti con disposizioni specifiche che perseguano finalità antielusive (ad esempio, negando deduzioni o benefici fiscali, la cui indebita autoattribuzione da parte del contribuente potrebbe bene integrare taluno dei delitti in dichiarazione)”.
16 Così: Sez. 2, Sentenza n. 7739 del 22 novembre 2011, PM in proc. Gabbana e altri, Rv. 252019, in una fattispecie di "esterovestizione"; Sez. 5, n. 36894 del 23 maggio 2013, Della Gatta, Rv. 257190, proprio in una fattispecie di “retrocessione di dividendi” conseguiti da una società; Sez. 4, n. 3307 del 20 novembre 2014, Bellavista Caltagirone, Rv. 262026, fattispecie nella quale la S.C. ha valutato immune da censure la decisione del Tribunale del riesame che riteneva sussistente il "fumus" del reato di omessa dichiarazione in ragione della cosiddetta "estero-vestizione" della società, avente residenza fiscale all'estero ma operante effettivamente in territorio nazionale; Sez. 3, n. 19100 del 6 marzo 2013, Pm in proc. Bova, Rv. 254992, in una fattispecie relativa alla cessione dei diritti di utilizzazione economica dell'immagine di un attore ad una società appositamente costituita, nella quale le quote erano ripartite dall'indagato con la sorella, il ruolo di procuratrice era svolto dalla moglie e le funzioni di amministratore unico erano esercitate da un'altra sorella, con il fine di ottenere la riduzione della base imponibile mediante trasformazione dei guadagni costituenti poste attive in costi deducibili come poste passive.
17 Sez. 3, n. 14486 del 26 novembre 2008, Rusca, Rv. 244071