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difformità nelle valutazioni di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati in bilancio. La disposizione pare dunque precludere ogni sindacato sulla scelta del criterio adoperato, in cui si sostanzia a ben vedere gran parte dell’operazione di valutazione, a condizione che del criterio sia data indicazione e che, una volta prescelto, esso sia correttamente (cioè nella sua correttezza intrinseca) applicato al valore da stimare e indicare.
La totale irrilevanza penale della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza potrebbe a questo punto far rimettere in discussione quell’indirizzo secondo cui <<le rilevazioni nelle scritture contabili e nel bilancio che, ai sensi dell'art. 7 del d. lgs. n. 74 del 2000 [NDR: articolo, come già anticipato, soppresso dall’art. 14 del d. lgs. in commento] non danno luogo a fatti punibili a norma degli artt. 3 e 4 dello stesso decreto sono solo quelle che, pur eseguite in violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, rispondono a "metodi costanti di impostazione contabile", a condizione che tale corrispondenza emerga con chiarezza dalla lettura dei bilanci e delle scritture nella loro interezza e non sulla base di semplici rilievi a campione>>40.
Per quanto riguarda il concetto di “non inerenza”, il riferimento è alla condizione prevista dalla normativa per la deducibilità dei costi dal reddito di impresa o anche per la detraibilità dell'IVA da acquisti: fra i casi più icastici, le spese di rappresentanza, di pubblicità, o gli acquisti di beni che il soggetto imprenditore dichiara di aver sostenuto perché inerenti all'attività svolta, ma che invece il Fisco contesta come tali.
La norma introdotta sembra sbarrare la strada a qualsiasi ipotesi di dichiarazione infedele nella quale l’infedeltà sia basata esclusivamente sulla non inerenza di un costo;
40 Sez. 3, n. 36910 del 27 marzo 2013, Giannotte, Rv. 256509
con l’unica condizione che si tratti di elementi passivi reali, cioè che non si tratti di costi non realmente sostenuti o sostenuti in misura inferiore a quanto dichiarato.
La generalizzazione del principio di irrilevanza penale della non inerenza pone evidenti problemi in relazione ai costi non inerenti direttamente connessi a fatti di reato realizzati dal contribuente: anche per ragioni di coerenza con la previsione dell’articolo 14, comma quarto- bis, l. n. 537 del 1993 (come modificato dall'art. 8 del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in l. n. 44 del 2012) – per il quale sono indeducibili i costi e le spese dei beni e delle prestazioni di servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o di attività qualificabili come delitto non colposo per le quali il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale – sarebbe stata probabilmente opportuna una deroga per tali casi, la cui mancata previsione suscita inevitabili interrogativi sulla futura tenuta dell’indirizzo secondo cui l'indeducibilità dei componenti negativi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi non deriva esclusivamente dal loro impiego per finanziare atti immediatamente qualificabili come delitto doloso, ma anche dalla loro inerenza a più generali attività delittuose alle quali l'impresa non sia estranea e per il cui perseguimento abbia sostenuto i costi fittiziamente fatturati, ancorché realmente sostenuti41.
4.1. Sulla irrilevanza delle “valutazioni”: la problematica delle “classificazioni”.
Nei primi commenti alla riforma del sistema sanzionatorio dei reati fiscali42 si è sottolineato
41 Sez. 3, n. 22108 del 19 dicembre 2014 (dep. 27/05/2015), Berni e altri, Rv. 264010, in una fattispecie di utilizzo di fatture per prestazioni effettivamente rese, i cui costi venivano fraudolentemente trasferiti a società "cartiere" costruite per frodare il Fisco.
42 Si cfr. in particolare, le osservazioni contenute in F. Di Vizio, La revisione del sistema sanzionatorio penale tributario, Relazione per la Scuola superiore della
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