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qualche modo alla classificazione, ai criteri di inserimento in bilancio, ai criteri di competenza, alla inerenza, alla deducibilità; per altro e più importante aspetto, non è ben chiaro il significato di un intervento che – affermando che non danno comunque luogo a fatti punibili a titolo di dichiarazione infedele le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette e che degli importi compresi in tale “scarto tollerato” non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b) – riproduce nella sostanza il comma 2 dell’abrogato art. 7, una disposizione che trovava significato nel sistema previgente ma che però – pare di poter dire – diventa poco comprensibile in un assetto, quello disegnato dal comma 1-bis, nel quale le “valutazioni”, in quanto tali e a prescindere da qualsiasi soglia, sono già prive di rilevanza penale. A meno di non formulare l’ipotesi, opposta, che il legislatore abbia inteso assegnare alle valutazioni un confine quantitativo ultimo, il cui territorio interno è totalmente immune da riflessi sanzionatori ma al di là del quale riguadagnano valenza penale le valutazioni estimative: una interpretazione che però deve confrontarsi con l’ostacolo di una struttura dell’intera disposizione che depone in senso contrario, tenuto conto – in particolare - della clausola di riserva (“fuori dai casi di cui al comma 1-bis”) che, come evidenziato, fa pensare ad un ambito di applicazione del comma 1-ter completamente diverso da quello del comma precedente.
§ 2. DA “LINEE GUIDA SULLA REVISIONE DEL SISTEMA SANZIONATORIO PENALE TRIBUTARIO IN ATTUAZIONE DELLA LEGGE 11 MARZO 2014 N. 23” (PROCURA DELLA REPUBBLICA DI TRENTO, IN DPC 14/10/2015)
La dichiarazione infedele. - Incisive modifiche hanno riguardato l’articolo 4, in tema di dichiarazione infedele, con il professato intento di ridurre l’ambito di applicabilità della
sanzione penale.
In particolare, si è intervenuti sulle soglie di punibilità̀, che sono state elevate.
Inoltre, tra gli altri correttivi, si è esclusa dal novero delle condotte di rilievo penale quella che si sia sostanziata in una non corretta valutazione di elementi comunque oggettivamente sussistenti: ergo, quella che si sia risolta nella non corretta classificazione, nella valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante a fini fiscali, nella violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali [articolo 4, comma 1 bis].
Con le ulteriori precisazioni che, in ogni caso, non danno comunque luogo a fatti punibili a titolo di dichiarazione infedele le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette e che degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità [articolo 4, comma 1 ter].
E’ quest’ultimo l’intervento di maggiore spessore. Si vuole ricomprendere nell’ambito del penalmente rilevante solo la rappresentazione o di elementi oggettivamente inesistenti, attivi o passivi, escludendosi rilievo invece ai dati, esistenti, ma solo erroneamente valutati e considerati. Questa esplicita disciplina diretta ad escludere rilievo penale alle non corrette valutazioni (secondo i parametri tributari) di elementi attivi e passivi, purchè oggettivamente esistenti e nella misura in cui esse esistano in natura, spiega anche l’abrogazione dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 74 del 2000, per quanto interessa qui divenuto inutile.
Anche le modifiche dell’articolo 4 hanno natura sostanziale, imponendo, per i fatti pendenti, una rivalutazione degli elementi costitutivi del reato: ciò soprattutto con riferimento alla disposizione che eccettua
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