Page 58 - Microsoft Word - ReatiTributari.doc
P. 58

Esiste poi uno schema delle frodi comunitarie tramite società cartiere.
La merce commercializzata in Italia è prodotta da impresa straniere con sede in paesi extra UE.
L’impresa italiana, che importa direttamente dal produttore, non può sottrarsi alla soggezione all’iva, da assolvere direttamente in dogana, a meno che non acquisisca lo status di “esportatore abituale” e così disponga di un plafond fino alla concorrenza del quale non soggiace all’iva: questo meccanismo è concepito per evitare che, data la non imponibilità di operazioni intracomunitarie di carattere seriale e non occasionale, l’impresa si trovi costantemente a credito.
In quanto importatrice abituale, l’impresa può ora importare beni senza soggiacere all’iva, sia pure solo entro i limiti del plafond.
L’aspetto fondamentale della frode è quindi l’acquisizione dello status di “esportatore abituale”, ottenibile a condizione di raggiungere un congruo volume di esportazioni dirette extra UE o di cessioni intracomunitarie (cioè in misura di almeno il 10% del volume di affari complessivo).
A tal fine l’impresa italiana vende (in esenzione dall’iva) consistenti partite di merci a una o più imprese comunitarie create ad hoc (cartiere comunitarie). Queste ultime poi provvedono a rivendere (sempre in esenzione dall’iva) la merce sul mercato nazionale ad altre società cartiere italiane che poi la restituiscono all’impresa italiana, soggetta a iva (c.d. frode carosello). Pertanto, la merce oggetto delle vendite non si sposta mai dal territorio italiano, rimanendo nel magazzino della società di partenza, o spostandosi in un deposito interno del vettore.
In tal modo, l’impresa italiana:
- non è soggetta all’iva nell’importazione di merce da imprese extra UE grazie allo status di “importatore abituale” fino alla concorrenza del falso plafond;
- acquista un credito iva in seguito al passaggio virtuale della merce dall’impresa italiana alla cartiera comunitaria, da questa alla cartiera nazionale e infine da questa nuovamente all’impresa italiana, appunto soggetta a iva che è così portata in detrazione;
- pratica prezzi di vendita concorrenziali a scapito delle imprese oneste.
La circolare 158/2000 dell’amministrazione finanziaria individua alcuni indici di riconoscibilità di una società cartiera:
- chiusura dell'attività dopo breve periodo dalla costituzione;
- variazione del numero di partita iva (per cambio domicilio fiscale, denominazione, attività);
- società in fallimento o curatela fallimentare;
- età del legale rappresentante o del titolare della società non rispondente ai parametri di "normalità" (particolarmente giovane o vecchio);
Stante, peraltro, l’evidente interconnessione tra l’emissione di falsa documentazione e l’utilizzazione della stessa al fine di avvalorare dichiarazioni mendaci — con- dotte che rappresentano facce opposte della medesima medaglia — è apparso necessario introdurre opportuni correttivi volti ad evitare che, al di là della diversa strutturazione delle due ipotesi criminose (l’emissione è punita di per sé, l’utilizzazione solo in quanto «trasfusa» in una falsa dichiarazione), si determini una troppo marcata disparità di trattamento sanzionatorio tra emittente ed utilizzatore, in danno del primo, tale dar dare esca a sospetti di violazione del principio di cui all’articolo 3 della Carta costituzionale.
In tal ottica,
dell’utilizzatore l’impiego di più fatture o documenti falsi (non importa se emessi dallo stesso o da diversi soggetti) a supporto di una medesima dichiarazione mendace dà comunque luogo ad unico reato, si è previsto, al comma 2 dell’articolo 8, che anche nei confronti dell’emittente la formazione di una pluralità di fatture o documenti falsi nel medesimo periodo d’imposta (non importa se a favore dello stesso o di diversi soggetti) integri un solo episodio criminoso, anziché tanti reati quanti sono i documenti emessi (si tratta, in sostanza, di una speciale ipotesi di cumulo giuridico). Parallelamente, poi, a quanto stabilito per l’utilizzatore dal comma 3 dell’articolo 2, si è comminata una pena minore nei confronti dell’emittente (da sei mesi a due anni di reclusione) quando l’importo complessivo dei falsi documenti da lui formati nell’ambito del medesimo periodo d’imposta risulti inferiore a lire trecento milioni (s’intende che quando l’operazione, documentata dalla falsa fattura, sia solo in
- nazionalità estera del legale rappresentante o del titolare della società;
- esperienza pregressa del legale rappresentante della società o del titolare della società, che abbia svolto ruoli di rilievo in altre società poi dichiarate chiuse, liquidate ovvero fallite.
poiché dal versante
58


































































































   56   57   58   59   60