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apprezzabile spessore.
Quanto alla concreta fisionomia delle fattispecie stesse, la scelta di ancorare la sanzione penale all’offesa degli interessi connessi al prelievo fiscale ha portato a concentrare l’attenzione sulla dichiarazione annuale prevista ai fini delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, quale momento nel quale si realizza, dal lato del contribuente, il presupposto obiettivo e «definitivo» dell’evasione d’imposta: sì che le violazioni tributarie «a monte» della dichiarazione medesima — quali, ad esempio, le omesse fatturazioni o annotazioni in contabilità di corrispettivi, e a maggior ragione le irregolarità nella tenuta delle scritture contabili, oggi autonomamente incriminate (articolo 1 del decreto-legge n. 429 del 1982) — restano prive, ex se, di rilievo penale.
La violazione dell’obbligo di veritiera ostensione della situazione reddituale e delle basi imponibili è al fondamento, segnatamente, di tre tipologie criminose, costituenti il «cuore» del rinnovato impianto repressivo: id est, la dichiarazione fraudolenta, che è una dichiarazione non soltanto mendace, ma caratterizzata altresì da un particolare coefficiente di «insidiosità»; la dichiarazione «semplicemente» infedele e, da ultimo, l’omessa dichiarazione.
A tali ipotesi delittuose risultano affiancate tre figure «collaterali», comunque di rilevante attitudine lesiva, intese a colpire l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi l’evasione; l’occultamento o la distruzione di documenti contabili in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari; e, infine, la sottrazione alla riscossione coattiva delle imposte mediante compimento di atti fraudolenti su propri od altrui beni.
Nella prospettiva del contenimento dell’impiego della sanzione penale, le indicate fattispecie restano soggette — ad eccezione di quelle di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, emissione di tali documenti e
occultamento o distruzione di scritture contabili — a soglie di punibilità idonee a limitare l’intervento punitivo ai soli illeciti di significativo rilievo economico e, con ciò stesso, a deflazionare il numero dei procedimenti penali.
Alle norme incriminatrici si accompagnano disposizioni a carattere generale, regolative di istituti, sostanziali e processuali, che percorrono «trasversalmente» il campo di intervento (meccanismi premiali intesi a favorire il risarcimento del danno, errore su legge tributaria, prescrizione, competenza per territorio); disposizioni la cui logica di fondo - sugli ultimi due fronti - è quella di contenere in termini minimali, pur tenendo conto delle ineliminabili peculiarità della materia, lo scarto tra le regole proprie del diritto penale tributario e quelle ordinarie.
Specifiche previsioni normative sono poi dirette a disciplinare i rapporti tra il sistema penale e quello sanzionatorio amministrativo: versante sul quale la novità saliente è rappresentata dalla introduzione del principio di specialità, che esclude, nel caso di convergenza di norme repressive eterogenee sul medesimo fatto, il cumulo - sancito, di contro, nell’odierno regime - tra misure punitive dell’uno e dell’altro genus.
§ 2. DALLA RELAZIONE ILLUSTRATIVA ALLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO 158/2015
Generalità.
Il decreto legislativo, suddiviso nel Titolo I, dedicato alla riforma dei reati tributari, e nel Titolo II, dedicato alla modifica dell'impianto sanzionatorio amministrativo, dà attuazione alle previsioni contenute nell'articolo 8 della legge delega per la riforma del sistema fiscale. Il legislatore della legge delega ha individuato, tra le priorità da garantire in sede di riforma, una revisione del sistema sanzionatorio volta essenzialmente a dare attuazione ai principi di effettività, proporzionalità e certezza della risposta sanzionatoria dell'ordinamento di fronte a condotte illecite, rilevanti tanto in
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