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crescita; l’art. 8, in particolare, detta principi e criteri direttivi per la revisione dell’assetto sanzionatorio tributario, penale ed amministrativo, in attuazione dei principi di tassatività e di proporzionalità delle sanzioni rispetto all’effettiva gravità dei comportamenti.
Sul versante penale, l’esigenza di razionalizzazione del sistema sanzionatorio trae origine dal riconoscimento, da parte del legislatore, dell’inadeguatezza e insufficienza dell’attuale assetto normativo.
E’ noto come la struttura portante della precedente riforma portata con il decreto legislativo n. 74 del 10 marzo 2000 – in sintesi: un’estesa depenalizzazione; il superamento dei c.d. “reati ostacolo” previsti dalla precedente legge n. 516/82; la criminalizzazione delle sole condotte decettive in danno della Amministrazione Finanziaria; l’introduzione di elevate soglie di punibilità e la conseguente criminalizzazione delle sole condotte di evasione caratterizzate da una certa gravità – sia stata molto presto incisa (per la constatazione del permanere di un enorme livello di evasione fiscale, soprattutto sul terreno dell’omesso versamento dell’IVA) per effetto dell’introduzione, nel corpo del d. lgs. 74/2000, delle fattispecie di cui agli articoli 10- bis2 e 10-ter3, mediante le quali il legislatore è tornato a punire il mero inadempimento del debito tributario a prescindere da ogni condotta fraudolenta o comunque attinente al momento dichiarativo.
Nello stesso solco antinomico rispetto all’impianto originario si è inserita poi la legge n. 148 del 14 settembre 20114, intervenuta nuovamente sul d.lgs. 74/2000 attraverso l’abbassamento delle soglie di punibilità,
2 Introdotto dall’art.1, comma 414, l. 30 dicembre 2004, n. 311
3 Introdotto dall’art. 35, comma 7, d.l. 4 luglio 2006, n. 233, conv., con mod., in l. 4 agosto 2006, n. 248.
4 Cfr. Rel. n. III/13/2011, Ufficio del Ruolo e del Massimario, 20 settembre 2011.
l’abrogazione delle circostanze attenuanti legate alle modesta entità del fatto e la subordinazione del patteggiamento all’avvenuto pagamento del debito tributario. La scarsa tenuta del tessuto normativo così risultante rispetto all’incedere della crisi economica - testimoniata in primo luogo dal crescente moltiplicarsi di procedimenti penali derivanti dalla situazione di insolvenza o di crisi di liquidità delle imprese – ha indotto il legislatore a conferire nuova delega al Governo al fine di riordinare il sistema penale tributario, anche alla luce dei contemporanei richiami della giurisprudenza Cedu al rispetto del ne bis in idem a fronte del cumulo di sanzioni penali ed amministrative.
Ai sensi dell’art. 8 della legge 11 marzo 2014, n. 23, dunque, “Il Governo è delegato a procedere, con i decreti legislativi di cui all'articolo 1, alla revisione del sistema sanzionatorio penale tributario secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti, prevedendo: la punibilità con la pena detentiva compresa fra un minimo di sei mesi e un massimo di sei anni, dando rilievo, tenuto conto di adeguate soglie di punibilità, alla configurazione del reato per i comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e all'utilizzo di documentazione falsa, per i quali non possono comunque essere ridotte le pene minime previste dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148; l'individuazione dei confini tra le fattispecie di elusione e quelle di evasione fiscale e delle relative conseguenze sanzionatorie; l'efficacia attenuante o esimente dell'adesione alle forme di comunicazione e di cooperazione rafforzata di cui all'articolo 6, comma 1; la revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema sanzionatorio amministrativo al fine di meglio correlare, nel rispetto del principio di proporzionalità, le sanzioni all’effettiva gravità dei comportamenti; la possibilità di ridurre le
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