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-‐
all’esame
delle
condizioni
e
dei
requisiti
di
applicabilità
(sostanziali
e
procedimentali),
anche
per
desumere
criteri
orientativi
indicati
direttamente
dal
legislatore
o
che
discendono
dalle
disposizioni
introdotte;
-‐
all’esposizione
dei
criteri
orientativi
(sostanziali
e
procedimentali).
2.
L’entrata
in
vigore
del
d.lgs.
n.
67/15
Il
d.lgs.
n.
67/15,
pubblicato
sulla
G.U.
n.
64
del
18.3.15
entra
in
vigore,
dopo
l’ordinaria
vacatio
legis,
il
2
aprile
2015.
Non
vi
è
questione
sul
rispetto
della
delega
di
cui
all'articolo
1,
comma
1,
lettera
m),
della
legge
28
aprile
2014,
n.
677,
sia
sotto
il
profilo
formale,
essendo
stato
il
decreto
emanato
nel
termine
previsto,
sia
sotto
il
profilo
sostanziale,
per
la
mera
specificazione
dei
principi
contenuti
nella
legge
delega.
3.
L’inquadramento
della
“particolare
tenuità
del
fatto”
3.1.
La
nuova
causa
di
non
punibilità
Il
nuovo
istituto
viene
collocato
nel
capo
I
del
Titolo
V
del
Libro
I
del
codice
penale,
con
modifica
delle
relative
“denominazioni”
aggiungendo
testualmente
“Della
non
punibilita'
per
particolare
tenuità
del
fatto”.
Il
titolo,
nella
consueta
sintesi,
delinea
la
natura
dell’istituto
-‐
non
punibilità
-‐
e
la
sua
caratteristica
essenziale
-‐
la
particolare
tenuità
del
fatto
-‐.
La
scelta
della
causa
di
non
punibilità
non
è
puramente
formale,
ma
discende
dalla
considerazione
che
l’istituto
“presuppone
un
fatto
tipico
e,
pertanto,
costitutivo
di
reato”
da
ritenere
non
punibile
“in
ragione
dei
principi
generalissimi
di
proporzione
e
di
economia
processuale”8.
Il
presupposto
giuridico
da
cui
muove
il
provvedimento
è
la
distinzione
tra
"inoffensività
del
fatto"
(riconducibile
al
reato
impossibile
di
cui
all'art.
49,
secondo
comma,
c.p.)
e
la
natura
del
nuovo
istituto,
di
carattere
sostanziale,
perciò
da
collocare
nel
codice
penale,
precisamente
nel
capo
concernente
la
pena9.
La
nuova
causa
di
non
punibiltà
si
colloca
accanto
alle
numerose
ipotesi
previste
dal
codice
penale
e
dalle
leggi
speciali
in
cui
un
fatto
costituente
reato
(di
cui
devono
ricorrere
tutti
i
presupposti)
non
è
punibile
sulla
base
dei
requisiti
indicati
dalle
singole
norme.
La
“particolare
tenuità
del
fatto”
presuppone
un'offesa
esistente
e
tipica
costituente
reato
che,
però,
per
scelta
legislativa
non
è
punibile.
Trovano
ingresso
le
disposizioni
e
i
principi
relativi
alle
cause
di
non
punibilità
(salvo
che
sia
diversamente
previsto):
i
presupposti
o
requisiti
sono
“oggetto
di
prova”
ai
sensi
dell’art.
187
c.p.p.;
conseguono
diversi
effetti
processuali
(ad
esempio,
inapplicabilità
di
misure
cautelari
ex
art.
273,
co.
2,
c.p.p.,
divieto
di
arresto
ex
art.
385
c.p.p.),
etc.
Le
considerazioni
ora
esposte
consentono
di
desumere
numerosi
criteri
applicativi,
a
partire
dalla
immediata
applicabilità
ai
reati
commessi
prima
dell’entrata
in
vigore
del
8
Si
esprime
in
tal
senso
la
Relazione
allo
schema
presentato
alle
Camere
per
il
parere
previsto
dalla
legge
delega,
in
seguito
menzionata
come
Relazione.
9
In
tal
senso
si
esprime
la
Relazione.
Si
può
anche
ricordare
che
la
Corte
costituzionale,
a
partire
dalla
sentenza
n.
62/86,
fa
riferimento
al
principio
di
offensività
“unanimemente
accertato”,
per
cui
"spetta
al
giudice,
dopo
aver
ricavato
dal
sistema
tutto
e
dalla
norma
particolare
interpretata,
il
bene
od
i
beni
tutelati,
attraverso
l'incriminazione
d'una
determinata
fattispecie
tipica,
determinare,
in
concreto
ciò
che,
non
raggiungendo
la
soglia
dell’offensività
dei
beni
in
discussione,
è
fuori
del
penalmente
rilevante...
l'art.
49
c.p.,
comma
2
non
può
non
giovare
all'interprete
al
fine
di
determinare
in
concreto
la
soglia
del
penalmente
rilevante”.
7
La
disposizione
ora
richiamata
conferisce
delega
al
Governo
per
“escludere
la
punibilità
di
condotte
sanzionate
con
la
sola
pena
pecuniaria
o
con
pene
detentive
non
superiori
nel
massimo
a
cinque
anni,
quando
risulti
la
particolare
tenuità
dell’offesa
e
la
non
abitualità
del
comportamento,
senza
pregiudizio
per
l’esercizio
dell’azione
civile
per
il
risarcimento
del
danno
e
adeguando
la
relativa
normativa
processuale
penale”.
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