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si
è
poi
fatto
carico
di
mettere
a
punto
una
formula
rispettosa
dell’esigenza
di
mantenere
al
di
fuori
dell’ambito
di
rilevanza
penale
quelle
difformità
sostanzialmente
irrilevanti,
in
quanto
inidonee
a
generare
nel
destinatario
della
comunicazione
un
inganno
in
ordine
alla
situazione
economica,
finanziaria
e
patrimoniale
della
società.
In
questo
senso
si
è
fatto
ricorso
alla
formula
«in
modo
concretamente
idoneo
a
indurre
in
inganno».
Le
misure
proposte
configurano
il
delitto
di
falso
in
bilancio
punibile
con
pene
che
consentono
le
misure
cautelari
detentive
e
le
intercettazioni
telefoniche
e
lo
qualificano
come
reato
di
pericolo
concreto.
Il
punto
centrale
della
nuova
disciplina
è
l’eliminazione
delle
cause
di
non
punibilità,
secondo
cui
oggi,
chi
falsifica
il
bilancio,
se
non
supera
per
ogni
singola
operazione
falsificata
il
10
per
cento
del
valore
reale
della
singola
operazione
o
non
supera
importi
consistenti
rispetto
al
valore
dell’attività
societaria,
non
è
punibile.
È
quindi
sufficiente,
allo
stato
attuale
della
legislazione,
che
un’eventuale
operazione
di
acquisto
di
titoli
con
una
società
avente
sede
all’estero
si
limiti
ad
una
differenza
stimata
come
inferiore
al
10
per
cento
del
valore
reale
perché
non
ci
sia
punibilità.
È
evidente
quindi
che
basta
ripetere
più
volte
la
stessa
operazione,
al
di
sotto
del
limite
suindicato,
per
conseguire
l’importo
che
si
vuole
trattenere
all’estero,
per
poi,
con
operazioni
estero
su
estero,
trasferirlo
a
qualsiasi
società
situata
in
un
paradiso
fiscale;
8)
nell’articolo
8
i
primi
due
commi
della
proposta
di
riforma
hanno
una
finalità
di
coordinamento
rispetto
alle
proposte
di
modificazione
dei
reati
societari,
segnatamente
con
riguardo
al
reato
di
false
comunicazioni
sociali.
Pertanto,
con
il
primo
comma,
viene
emendato
il
testo
dell’articolo
25-‐ter
del
decreto
legislativo
n.
231
del
2001
in
considerazione
delle
modifiche
intervenute
sul
tessuto
degli
articoli
2621
e
2622.
Si
segnala,
poi,
l’inserimento,
nel
novero
dei
reati-‐presupposto
della
responsabilità
dell’ente,
del
delitto
relativo
alla
falsità
della
revisione:
anche
questo
è
un
intervento
di
coordinamento,
derivante
dal
fatto
che
l’articolo
2624
del
codice
civile,
che
contemplava
in
origine
tale
illecito,
è
stato
abrogato
e
riformulato
dal
decreto
legislativo
n.
39
del
2010;
di
qui,
la
necessità
di
sopprimere
la
lettera
f)
dell’articolo
25-‐ter,
che
menzionava
proprio
l’abrogato
articolo
2624
del
codice
civile,
introducendo
un
nuovo
articolo
25-‐terdecies,
che
prevede
la
responsabilità
dell’ente
per
il
delitto
punito
dall’articolo
27
del
decreto
legislativo
citato.
Di
natura
innovativa
è,
per
contro,
la
previsione
contenuta
nel
nuovo
comma
3-‐bis
dell’articolo
25-‐ter,
che
contempla
l’applicazione
delle
sanzioni
interdittive
per
i
delitti
di
false
comunicazioni
sociali
e
di
ostacolo
all’esercizio
delle
funzioni
di
vigilanza.
Come
si
sa,
con
la
riforma
dei
reati
societari
del
2002
il
legislatore
aveva
previsto,
a
carico
degli
enti,
con
riferimento
a
tutti
i
delitti,
l’irrogazione
delle
sole
sanzioni
pecuniarie.
Quasi
tutti
i
commentatori
avevano
censurato
la
creazione
di
una
così
ampia
franchigia
rispetto
alle
ben
più
temute
sanzioni
interdittive.
Con
l’intervento
prefigurato
nella
proposta
di
riforma,
si
pone
dunque
rimedio
a
questa
lacuna,
senza
peraltro
generalizzare
il
ricorso
alle
sanzioni
interdittive,
la
cui
applicazione
viene
circoscritta
-‐-‐
lo
si
ripete
-‐-‐
ai
soli
delitti
di
false
comunicazioni
sociali
e
di
ostacolo
alla
vigilanza.
Di
maggiore
impatto
si
rivela
la
proposta
contenuta
nel
terzo
comma,
che
prevede
di
estendere
la
responsabilità
da
reato
degli
enti
ai
reati
tributari,
colmando
così
una
lacuna
ingiustificabile
sul
terreno
politico-‐criminale
(si
evidenzia,
tra
l’altro,
che
i
reati
tributari
si
atteggiano
spesso
come
strumentali
alla
consumazione
del
reato
di
corruzione:
si
pensi
al
reato
di
false
fatturazioni,
funzionale
alla
creazione
di
provvista
extracontabile
destinata
ad
integrare
una
«tangente»).
Sul
piano
della
dosimetria
sanzionatoria,
sono
state
previste
le
sanzioni
pecuniarie
più
gravi,
unitamente
alle
sanzioni
interdittive,
per
i
delitti
che
presentano
l’elemento
costitutivo
della
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