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strategie
di
medio
e
lungo
termine.
La
dimensione
della
criminalità
economica,
sempre
più
in
espansione
in
tempi
di
globalizzazione
e
di
crisi
mondiali,
comporta
l’acquisizione
di
posizioni
di
potere
e
di
enormi
ricchezze,
che
inquinano,
condizionano
e
strozzano
l’economia
sana,
pertanto
appare
improcrastinabile
la
necessità
di
adeguare
prontamente
gli
strumenti
normativi
contro
il
crimine
organizzato
e
comune.
Un
primo
rilievo,
di
carattere
generale,
riguarda
la
collocazione
sistematica
della
norma
in
materia
di
riciclaggio.
L’inserimento
degli
articoli
648-‐bis
e
648-‐ter
nel
titolo
XIII
del
libro
secondo
del
codice
penale,
concernente
i
delitti
contro
il
patrimonio,
deriva
dalla
scelta
iniziale
del
legislatore
di
costruire
tali
fattispecie
criminose
sul
modello
del
delitto
di
ricettazione.
In
realtà,
le
ormai
consolidate
osservazioni
di
tipo
criminologico
dimostrano
che
le
attività
di
riciclaggio
e
di
reinvestimento
incidono
in
misura
sensibile
sul
sistema
economico
nel
suo
complesso,
con
specifico
riguardo
al
settore
finanziario,
utilizzato
dal
crimine
organizzato
per
l’allocazione
più
conveniente
delle
risorse
patrimoniali
illecitamente
conseguite.
Del
resto,
il
decreto
legislativo
21
novembre
2007,
n.
231,
che
dà
attuazione
alla
direttiva
2005/60/CE
concernente
la
prevenzione
dell’utilizzo
del
sistema
finanziario
a
scopo
di
riciclaggio
dei
proventi
di
attività
criminose
e
di
finanziamento
del
terrorismo,
contiene
all’articolo
2
un’ampia
definizione
di
riciclaggio,
che
-‐-‐
anche
se
finalizzata
alla
materia
disciplinata
da
quella
specifica
normativa
-‐-‐
non
può
in
qualche
modo
non
influenzare
anche
le
scelte
del
legislatore
nel
settore
penale.
Non
esiste
però,
com’è
noto,
nel
catalogo
dei
beni-‐interesse
considerati
espressamente
nella
parte
speciale
del
codice
penale,
il
bene
giuridico
collegato
all’integrità
del
sistema
finanziario,
per
cui
appare
non
agevole
-‐-‐
nella
riformulazione
della
disposizione
in
tema
di
riciclaggio
-‐-‐
trovare
per
tale
fattispecie
un’autonoma
collocazione.
Si
è
quindi
ipotizzata
una
integrazione
del
titolo
VIII
del
libro
secondo
del
codice
penale,
introducendo
un
capo
III-‐ bis
relativo
ai
delitti
contro
l’economia
pubblica,
l’industria
e
il
commercio,
includendo
anche
fattispecie
di
reato
che
si
riferiscono
all’incidenza
sul
sistema
delle
relazioni
economiche
derivante
dalla
circolazione
di
ricchezze
di
provenienza
illecita.
Un
secondo
rilievo
(anch’esso
riferito
alla
formulazione
complessiva
della
norma)
riguarda
l’opportunità
di
inserire
in
una
medesima
disposizione
le
fattispecie
di
riciclaggio
e
di
reinvestimento
che
sono
oggi
disciplinate
in
modo
separato
dagli
articoli
648-‐bis
e
648-‐ter.
Una
più
aggiornata
rivisitazione
della
materia
consente,
peraltro,
di
affermare
che
il
fenomeno
del
riciclaggio
ricomprende
la
fase
del
placement
(«piazzamento»,
«collocamento»
dei
proventi
illeciti),
del
layering
(«stratificazione»,
consistente
in
operazioni
finanziarie
finalizzate
a
separare
i
capitali
illeciti
dalla
propria
matrice)
e
dell’integration
(consistente
nell’«integrazione»
dei
proventi
«ripuliti»
nei
circuiti
dell’economia
lecita,
attraverso
investimenti
o
l’esercizio
di
attività
imprenditoriali).
Sembra
dunque
inutile
(e
foriero
-‐-‐
com’è
sino
ad
ora
avvenuto
nella
pratica
-‐-‐
di
generare
problemi
di
punibilità)
separare
le
fattispecie,
lasciando
di
conseguenza
che
la
causa
di
esclusione
della
punibilità
(venuta
meno
per
l’autore
del
reato
presupposto
con
il
disegno
di
legge
in
questione)
resti
vigente
nella
fattispecie
di
cui
all’articolo
648-‐ter
del
codice
penale
per
colui
che
abbia
realizzato
condotte
ricomprese
nella
previsione
di
cui
all’articolo
648-‐bis
del
codice
penale.
Se
il
riciclaggio
consiste
(alternativamente
o
cumulativamente)
in
una
pluralità
di
condotte,
chi
realizzi
anche
una
soltanto
di
esse
è
da
considerare
comunque
autore
di
quel
delitto:
ciò
agevola
ovviamente
la
comprensione
di
fenomeni
complessi,
come
quelli
che
coinvolgono
una
pluralità
di
soggetti
di
volta
in
volta
impiegati
nella
sostituzione
o
nell’investimento
di
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