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Cesare Lombroso: L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia, giurisprudenza e alle discipline carcerarie.

PREFAZIONE ALLA QUINTA EDIZIONE

Intraprendendo questa nuova edizione m'è caro di spogliarmi di quasi tutta quella scoria polemica che, se era necessaria quando da ogni parte sorgevanle contro oppositori, e quando il suo concetto non era compreso che da pochissimi, ora va diventando quasi un pleonasmo.
- Non mi restano innanzi che pochi serii appunti.
"Voi troppo abusate - mi oppongono alcuni egregi - nelle deduzioni dei fatti isolati; se uno, p. es., ha il cranio assimetrico, un orecchio ad ansa, ecc., voi subito ne cavate la presunzione di pazzia o di criminalità, che pure non hanno con tali anomalie alcun diretto e sicuro rapporto".
- Ora, pur lasciando da parte non presentarsi nell'umano cristallo un'anomalia di formazione la quale non abbia una ragione di essere, specialmente, nell'arresto di sviluppo; lasciando da parte averci l'esperienza mostrato, che se le anomalie regressive spesso si associano fra loro, pure, alle volte, si trovano isolate in individui colpiti da profondi guasti morali, e che una scuola rispettabile di alienisti ora si basa, spesso, anche su una sola di queste anomalie per segnalare la diagnosi di alienazioni dette degenerative - noi ricorderemo come non facciamo, a priori, queste deduzioni, ma sì bene dopo averle trovate, in una proporzione maggiore, nei criminali, confrontati coi sani; e che noi consideriamo le anomalie isolate, solo come un indizio, come una nota musicale dalla quale nè pretendiamo, ne potremmo cavare un accordo se non quando si trovi insieme ad altre note fisiche o morali; e quella, di aver commesso un reato o d'esserne indiziato ci pare conti pure qualcosa.
Se non che qui appunto mi si obbietta: "Come potete parlar di tipo nei criminali, quando dai vostri stessi reperti risulta che un 60 per 100 ne è privo del tutto, essendo più o meno somigliante all'uomo normale?".
- Ma, oltre che il 40 per 100 è una quota che merita di essere considerata, il passaggio insensibile da uno all'altro carattere si manifesta pure nelle specie animali e vegetali, anzi perfino tra le une e le altre, tanto più nel campo antropologico, dove la variabilità individuale crescendo in ragione diretta della maggior perfezione e del maggior incivilimento, pare che faccia quasi smarrire il tipo completo; ed è difficile, per es., che su 100 si trovino 5 Italiani col noto tipo, gli altri presentandone sole delle frazioni che spiccano però subito se si confrontino cogli estranei, eppure a nessuno viene in mente di negare il tipo Italiano, e meno ancora il Mongolico, ecc.
Il tipo, insomma, parmi debba essere accolto con quel riserbo con cui, nelle statistiche le medie; - quando si dice che la vita media è di 32 anni e che il mese più fatale è di dicembre, niuno s'intende che giunti a quell'anno ed a quel mese tutti debbano morire.
D'altronde gli studi di Ferri, Garofalo, Puglia, hanno rilevato bene quali rei fornissero questo tipo normale; è sono specialmente i rei di delitti politici, di calunnia, di fallimento, di stampa, falso in cambiali, quelli che, insomma, delinquono in seguito ad un'occasione speciale piuttosto che per un impulso congenito,
Nè questo limitarsi del tipo danneggia, favorisce anzi le applicazioni pratiche delle nostre conclusioni, perchè le misure draconiane del sequestro perpetuo, ecc., riescirebbero impraticabili sopra un numero grande di individui, ma non sopra pochi: e meno strano per questi pochi appare il consiglio di considerare come indizio di capacità a delinquere la presenza di questo tipo in individui sospetti di qualche reato; tanto più che, se dai nostri studi non escludesi che anche uomini a tipo normale possano essere delinquenti, sicuro, invece, risulta che uomini con tipo craniometricamente e fisiognomicamente criminale, lo devono essere anche moralmente, salvo pochissime, e facilmente rilevabili, eccezioni troppo bene spiegate dalle sopraccennate teorie degenerative.
Un'accusa grave ci si fa però anche a proposito del tipo: quella di cavarlo dallo studio di poche migliaia di criminali, mentre questi salgono a milioni, mentre nessuna legge è sicura se non è dedotta dai grandi numeri.
E giova qui ricordare una legge biologica, che giustamente Ferri crede debbasi combinare con quella dei grandi numeri:
"La legge, per la quale in genere i lati biologici di maggiore importanza vanno soggetti alle variazioni minori: mentre, p. es., la lunghezza delle braccia può variare da uomo a uomo di parecchi centimetri, la larghezza della fronte invece non può variare che di pochi millimetri. D'onde la conseguenza evidente, che, nelle ricerche antropologiche, la necessita delle grandi cifre sta in ragione diretta della variabilità dei caratteri studiati, ossia, in ragione inversa della loro importanza biologica.
Nelle Instructions Anthropologiques il Broca fissa a 20 il numero degli individui che occorrono per dare la rappresentazione di una razza.
Le grandi cifre giovano, quando si tratta di quei fenomeni che qualunque può registrare e in cui quindi il grande numero non esclude la certezza, non già per quei fatti rilevati da pochi individui e in cui il numero non può supplire alla osservazione diligente. - Quando si tratta di sapere, non il sesso o l'età o la professione, ma l'indole psichica o le forme del cranio di un gruppo di rei, è impossibile giuocare con grosse cifre, nemmeno consumandovi la vita di un uomo.
In questioni così delicate che esigono speciale coltura, i grandi numeri che la statistica ufficiale raccoglie, per lo più, da cancellieri ignoranti, per me hanno molto minor valore di poche osservazioni fatte da uomini competenti. - Qui è la sicurezza delle indagini che supplisce alla quantità.
Nè giusto è chi ci appunta di errore, quando citiamo le anomalie anatomiche o le condizioni meteoriche, fra le cause del crimine, fondandosi sul fatto che insieme vi agiscono anche l'occasione, i costumi, le feste, ecc. Ciò succede di tutti i fenomeni umani, che determinati pur da un dato fattore, non sono meno, però, soggetti ad altre influenze che non s'escludono, s'associano, anzi, fra loro. - Chi non riderebbe a sentire affermare: "è vero che il grano si vede crescere e maturare al caldo, e che lo sviluppo delle palme è parallelo col massimo calore, ma non è lecito perciò il concludere all'influenza del caldo; perchè senza terra, senz'acqua, senza insetti pronubi, quelle piante non avrebbero potuto crescere e propagarsi?".
Perfino sul bilancio delle morti e delle nascite i fattori che se ne crederebbero i più diretti, non possono dirsi indipendenti dagli altri indiretti, come la stagione, la poca o troppi alimentazione, l'eredità, ecc.
A questo punto mi colgono non pochi giuristi, rimproverandomi di ridurre il diritto penale ad un capitolo della psichiatria, e di sovvertire tutto il sistema penale e carcerario! - Ciò non è vero che in piccola parte, poichè pei delinquenti d'occasione non si escirebbe dalla sfera delle leggi comuni, salvo una maggiore estensione dei mezzi preventivi; e quanto ai delinquenti-nati, quelle non si mutano che nel senso della maggior sicurezza sociale, con una perpetua detenzione, a cui non mancherebbe di carcerario che il nome.
E la novità delle nostre più disputate conclusioni è così poca che molte potrebbero risalire persino ai periodi quasi esostorici, ad Omero, quando parla di Tersite, a Salomone, quando parla del cuore (Eccles., XIII, 31) che muta la faccia dell'uomo cattivo, e sopratutto ad Aristotele e Avicenna e G. B. Porta, che avevano toccato a lungo della fisionomia criminale, forse andando, i due ultimi, più innanzi di noi. Che più, se Polemone, dopo aver insistito pur esso sulla fronte stretta dei malvagi, giunge a parlare del mancinismo dei criminali, osservazione che io credevo aver fatto pel primo? "Certi caratteri dell'uomo delinquente, scrive Del Drago (1), erano già stati trovati da Aristotile e poi da Lavater.

(1) Cesare Lombroso, in Gegenwarth, etc. di Krauss, Bonn, 1888

- Della Porta nel 1602 parlava già della vista immobile degli omicidi ed errante dei ladri e chiamava i criminali dei "cattivi pazzi spesso con cranio aguzzo" (1).
Come ben dice il Krauss (2), già nel 1830 Grohmann (Nasse's Zeitschrift fur psychische Aerzte, 1830) "ebbe ad osservare, più d'una volta in criminali, la struttura del cranio anomala, sporgenti gli zigomi, voluminosa la mandibola inferiore, l'occhio obliquo e lo sguardo animalesco, mobile ed incostante".
Da ciò forse quei proverbi, i quali, come vedremo più sotto, vanno ben più innanzi di noi nelle conclusioni fisionomiche, cui certo ereditarono dagli antichi. E il popolo già da molti secoli ci segnalò l'incorreggibilità dei rei, specialmente dei ladri, e la nessuna utilità delle carceri (3), il che giova notare contro coloro che pretendono essere le nostre conclusioni contrarie alla coscienza pubblica.

(1) Discorso detto alla Società di antropologia criminale di Buenos-Ayres (Los Hombres de presa, di Buenos-Ayres, 28 giugno, 1888).

(2) Vaccaro ricorda nel Darma-Sàstra (lib. III, 8) si raccomanda ai Duigia di non sposare donne coi capelli e cogli occhi rossi, poco o molto pelose, o con un membro di più (Genesi e funzioni delie leggi penali, Roma, 1889).
Saljllas (La antropologia nel derecho penal, Madrid, 1888) mostra che già nel 1500 il Chaves nella Relazione sul carcere di Siviglia aveva notato i caratteri da me trovati nei criminali: religiosità, vanità, insensibilità, gergo, tatuaggio, ecc., e così Matteo Aleman nelle Aventuras y vida de Gusman de Alfarache.

(3) Vedi Archivio di psichiatria, III, pag. 451.

Nè sono nuove, pure, quelle fra le applicazioni pratiche delle nostre teorie che a molti parvero più ardite: il Valesio ricorda un editto medioevale che prescrive nel caso di sospetto sopra l'uno o l'altro dei due individui, si applichi la tortura al più deforme; - nella Bibbia si trova già accennato e anzi colpito da condanna a morte il delinquente-nato - e Solone inventò nel Dicterion il primo preventivo sociale contro gli stupri e le pederastie.
Ma chi studia la storia della scienza, sa troppo bene non essere le scoperte che riconferme più solide e più precisate di fatti già prima trovati più volte, i quali il pubblico o non aveva accolto, o, dopo accettati, aveva dimenticati e derisi, appunto perchè la base non n'era sufficientemente consolidata, o perchè mancò l'occasione che l'aiutasse a vincere la ripugnanza che precede ogni nuovo concetto.
Ma di questa accusa di rivoluzionarismo, in parte, sono lieto, giovando mirabilmente a difendermi da quella opposta che mi si muove da non pochi: aver io, cioè, nelle conclusioni ultime (necessità del delitto, teoria della difesa penale), risuscitato una teoria antiquata od almeno non più in voga fra quei, che chiamerò vagheggini della scienza, i quali usano aspettare per formularsi una fede scientifica l'ultimo figurino della Sorbona o della fiera di Lipsia.
E fosse pur vera l'accusa; forsechè una verità può, perciò, rifiutarsi? Non è, appunto, uno dei caratteri proprii del vero, quello di permanere eterno; di ripullulare più vivace, appena parve cadere soffocato sotto gli orpelli della moda, le pastoie della rettorica e gli sterili sforzi dei grandi ingegni sviati? Forsechè le teorie del moto molecolare, dell'eternità della materia, non sono ancora fresche e vive, benchè datino dai tempi dei Pitagorici?
Si obbiettava, p. es., che le cifre proporzionali non concordano nei vari dati; e mentre un tal carattere si riscontra, per esempio, nel 20%, un altro si ha nel 10% un altro nel 50. - Qui rispose troppo bene per me il Ferri (1).

(1) Uno spiritista del diritto penale, 1887.

"Si capisce che il buon logico voglia le cifre tutte ben coordinate e concordanti, simmetriche e casellate, perchè tali sono i requisiti indispensabili d'ogni buon sistema aprioristico; ma non si capirebbe invece che la realtà dei fatti, così multiforme e complessa, risultasse casellata in tante cifre percentuali, matematicamente, concordanti. E quindi quello che per il critico sillogizzante è un difetto, per il naturalista invece è la riconferma che questi dati non sono adattati al preconcetto dell'antropologo, ma nelle loro varietà riproducono appunto la multiforme natura".
Molti ci rinfacciano le poco oneste interpretazioni, che delle nostre teorie cavano alcuni avvocati, ai quali veramente riesce talvolta di trarne profitto a pro dei più tristi loro clienti.
Ma, oltrechè uno non ha colpa delle applicazioni che altri possa fare, malgrado suo, delle sue scoperte, non si pensa che appunto il guaio non esisterebbe se, veramente, si mettessero in pratica le teorie nostre coi provvedimenti da noi suggeriti.
Il giorno, in cui alla rettorica vuota dei difensori si supplisse con un giudizio di specialisti tecnici, sopprimendo, così, il giurì, che è un avanzo dell'antica barbarie, prevenendo, colle leggi sugli alcool e sui divorzi, molte cause di delitti di sangue e sessuali, eliminando cogli stabilimenti degli incorreggibili, o colla pena di morte, o col lavoro in terre malariche, quel gruppo d'individui che costituiscono l'eterna clientela della giustizia penale, ogni pericolo sarebbe tolto; ma fin quando queste misure, da noi richieste, non siano attuate, quelle accuse sarebbero così ingiuste, come chi appuntasse il gaz illuminante perchè non bene tubulato può scoppiare e provocare incendi.
Che se, d'altronde, a queste arti dà presa ora la nostra scuola, perchè incompleta, e in disarmonia col codice, la destano, ben peggio, i codici vigenti colle loro frasi elastiche ed assurde di forza irresistibile, di libero arbitrio a metà, a quarti, a infinitesimi, che ormai son divenute proverbiali, per cui, a stretto rigore di logica, coi codici che ci reggono, si potrebbero assolvere tutti i criminali; e la presta ben peggio l'imperversare dell'avvocatocrazia, che ormai ha sostituito ogni forma di governo; che mentre getta negli occhi dei gonzi le lustre di un femmineo sentimentalismo per la pena di morte o pel carcere perpetuo, ha, col sistema medio-evale delle grazie regie e dei giurati, colla amovibilità dei giudici, colla nessuna importanza data ai periti, colle meschine spese di polizia giudiziaria, convertito la giustizia in un ignobile cespite d'entrata, e per alcuni pochi privilegiati, in un ufficio di cui spesso la sola meta è il personale interesse.
Ora, contro tutto ciò, chi ha protestato più fieramente di noi?
Mi si disse infine: Le vostre fisonomie non hanno proprio nulla di particolare. Ebbene, qui mi giova rispondere con Ferri (1), che "ciò dipende soltanto dalla minor pratica di chi osserva. Così quando uno in paese straniero, gli sembra che tutte le voci e tutte le fisonomie degli abitanti siano eguali; gli è soltanto colla permanenza prolungata che si arrivano a distinguere le mille, dapprima impercettibili, sfumature, che fanno poi distinguere uno da un altro, come un bianco da un nero".

(1) Polemica in difesa delia nuova scuola penale, Bologna, 1886.

E questo valga per chi crede queste differenze dei criminali derivare da linee professionali (Tarde). Che dei tratti del volto, che dei gesti si acquistino dalla comune convivenza, e forse anche la voce, il gergo, il tatuaggio, l'allungarsi delle dita, è probabile; ma non certo la assimetria ed il volume delle mascelle, del naso e delle orecchie che il nostro Frigerio e l'Amadei hanno recentemente, con nuovi strumenti, così bene fissati, e nemmeno i seni frontali, l'ottusità sensoria, ecc. E d'altronde, quando l'eziologia ci ha rivelato la causa speciale di di queste anomalie, quando l'osservazione ce le mostrò coesistenti fin nei primordi della vita del bambino, come si possono dire acquisite, professionali?
Maudsley, Meynert e Biswanger in coro ci ripetono che tali questioni non possono risolversi che dall'esame individuale. - Ma è appunto sull'esame individualizzato, esposto in fotografie, in cifre (nella mia 1ª e 2ª ediz.), e per disteso nelle belle opere di Marro, di Ferri e nelle due Centurie (Rossi), su 54,131 individui, che abbiamo fondato tutti i nostri lavori e basato tutto il nostro metodo, il che appunto ci suscitava il rimprovero opposto, che cioè noi non ci serviamo dei grandi numeri. - Queste accuse, come le infelicissime del buon Gabelli, non provano altro che spesso si critica un'opera senza esaminarla, anzi, senza percorrerla.
Ci si chiede: come spiegate che, collo stesso cranio, il matto ed il reo, prima di essere tali, fossero uomini onesti e savi. Ma prima di essere tali, all'osservatore non volgare, avevano essi già presentato sufficienti anomalie per farne subodorare la diagnosi. La pazzia che non sorga per gravi cause congenite, è caso assai raro e guarisce prestissimo; e le così dette cause occasionali del morbo non ne sono che il pretesto, ma pochi lo diagnosticano tale in precedenza e finchè non dà nel delirio. Così pure si dichiara birbante per lo più solo chi abbia ecceduto nei vizi, quando, cioè, la società deve garantircene. Moltissimi sono giuridicamente dichiarati pazzi o birboni dopochè lo furono di fatto per molto tempo: - spesso, anzi, fin dalla nascita; invece di uccidere avranno firmato cambiali false, o commesso furti in famiglia, od in collegio, o furono delatori politici od avranno tradito i segreti d'uffizio.
Questa è un'altra delle ragioni per cui si può spesso indovinare dalla fisonomia e dal cranio la loro tempra morale: in fondo non è un indovinello o una profezia che si fa, come credono il volgo e col volgo i poco accorti critici, ma una lettura, direi, di un palinsesto alla rovescia, tanto più facile, perchè non si limita alla faccia, ma va alla calligrafia, ai gesti, alla sensibilità, ecc.: e che ciò malgrado non si è mai preteso di rendere applicabile, se non in individui recidivi od indiziati di reati.
Si domanda come era il cranio di coloro che, nei tempi barbari commettevano atti, come eresia, bestemmia, stregoneria, puniti allora dalle leggi, mentre ora non lo sono più.
Ora io ho dimostrato che i delinquenti contro l'uso, contro le religioni, erano allora i veri delinquenti, mentre i rei d'omicidio molte volte non erano considerati come delinquenti nelle epoche selvaggie. Che, se quelli erano veri delinquenti (eccettuati, naturalmente, quelli a torto perseguitati per solo sfogo di odio teologico o politico), è naturale che dovevano avere gli stessi caratteri dei delinquenti odierni; anzi, che è più, nella 1ª edizione ho dato la descrizione di 12 crani di rei medioevali, che avevano le stesse anomalie dei nostri.
Non è vero, del resto, che ad ogni infrazione del Codice penale noi pretendiamo debbano corrispondere speciali anomalie: ve ne hanno nei rei, solo in proporzioni inferiori al 60%, e quasi sempre per reati gravissimi, come assassinio, incendio, stupro, furto grave e simili. I rei di stampa, anche quelli di calunnia, in gran parte i politici, molte forme d'aborto, di infanticidio, i duelli, le percosse improvvise, certi abusi di confidenza, gli adulteri, ecc., non sono che affatto occasionali e non presentano alterazioni somatiche, le quali non si riscontrano che rarissime nei delinquenti per passione (Vedi Vol. II). In una memoria priva, invero, di documenti originali, ma in cui la conoscenza dei lavori altrui almeno è profonda, quella di Baer (1), e così ora in una di Meynert (Revue scientifique, 1888), si tenta distruggere il concetto precipuo dei nostri studi, quello dei delinquenti-nati, sostenendo che i caratteri degenerativi trovati nei delinquenti-nati sarebbero proprii delle classi miserabili donde costoro ne deriverebbero, ma essi dimenticano che non esiste una classe da cui discendano esclusivamente i criminali.

(1) Baer, Il delinquente dal punto di vista antropologico e sociologico. - Memoria premiata al concorso della Rivista di discipline carcerarie, e riassunta nel fasc. 12 (1885), 1, 2, 3 (1886) ecc., (1887-1888) della stessa Rivista.

Sarebbe, presso a poco, il loro, come il dire che se i pazzi offrono caratteri degenerativi, solo perchè nascono da alcuni ceti che ne son colpiti. Infatti, se essi intendono le classi povere, noi (escludendo, come abbiam sempre fatto, il vagabondaggio e la mendicità), colla statistica alla mano possiam provare che esse prendono a certi gravi delitti minor parte delle ricche; d'altronde le agricole, non proporzionatamente, è vero, ma pure danno una quota notevole alla criminalità, specialmente nel parricidio, brigantaggio, incendio. - E quanto alla mala e scarsa alimentazione che pure non aumenta i reati in Lombardia, dove essa è peggiore assai che nell'Italia del Sud, la non si può accusare, certo, nei truffatori, bancarottieri, ecc., nè s'accorda, certo, coll'aumento di peso e statura che ci offrono i rei minorenni.
Nè qui si può fingere ignorare i caratteri nuovi da me scoperti in costoro. Ora, oh! che tutte le classi povere sieno mancine, daltoniche, anestetiche? Ma essi aggiungono che molti di questi caratteri si devono al l'alccolismo; e tale era pure, sulle prime, la mia opinione; ma poi vidi dei caratteri che non hanno rapporto coll'alcoolismo, quali: plagiocefalia, agilità straordinaria; e infine ne notai molti in donne ed anche in minorenni che non avevano abusato di vino.
Vero è che l'alcoolismo entra, come ben essi osservano, per molto, nell'eziologia del crimine, ed io appunto ne ho trattato in un libro speciale (Sull'alcoolismo); ma, una volta ammesso che un uomo intossicato di alcool è un uomo profondamente alterato nei suoi tessuti, per adiposi epatica, cardiaca, e specialmente cerebrale, come possono essi affermare (Baer), con logica sana, che il libero arbitrio non sia alterato in costoro? Dire che un alcoolista è un uomo libero come gli altri, è come dire che un lino imbevuto di alcool è tanto poco combustibile come quello che esce umido dal telaio.
Molti ci accusano di mettere, con tutti questi nuovi indizi fisionomici, cranici, in maggiore pericolo la sicurezza individuale, inclinando al sequestro di un individuo, solo perchè abbia l'orecchia ad ansa od il tatto ottuso! Ma come? Non hanno costoro pensato che noi di questi segni non insegniamo a fare uso che sopra chi sia già sospetto di criminalità? e che non sogniamo poi di predicare il sequestro perpetuo di chi ne sia fornito, se non quando questi non solo sia stato accusato, ma riconosciuto autore di un crimine, e che d'altra parte la loro assenza, come in un caso recente (1), può servire a svelare una calunnia e salvare un innocente?
è un'aggiunta, dunque, la nostra, che si fa agl'indizi che si cavavano finora dalle testimonianze, dalle confessioni, ecc. Pretendere che con ciò si ponga in maggior pericolo la libertà altrui, sarebbe come concludere che quando a 25 + 10 si aggiunge un 25 si ha 15 e non 60; si ha una sottrazione invece di una somma!
Vaccaro (2) e Grassi credono di combattere la nuova scuola per ciò che essa avrebbe per base il Darwinismo. Ora, secondo essi, Darwin sarebbe combattuto, tramontato; ma non pensarono, essi, che autori, i quali tendano a negare le teorie più sicure, solo perchè nuove, ve n'è sempre, e il mondo accademico è fatto per ciò; e che, d'altra parte la nuova scuola non ha per base alcun sistema.
Non naturalista, ma alienista, avendo portato nella psichiatria il metodo clinico ed antropologico, e le indagini individuali, al posto delle astratte e delle psichiche che vi dominavano (3), non feci che applicare lo stesso metodo allo studio del delinquente, che formava tanta parte della psichiatria e della penalità.

(1) Archivio di psichiatria, 1886, VII, 2.

(2) Rivista di discipline carcerarie, n. 1888. - Vaccaro, op. cit.

(3) Klinische Beitrage zur Psychiatrie, 1876.

Se dopo raccoltone i frutti, mi sono accorto che sapevano di Darwinismo, certo non me ne dolsi, e più tardi anzi ne approfittai per corroborare o controllare le vecchie e nuove osservazioni, p. es., nella fossetta occipitale mediana, nel delitto degli animali, dei fanciulli, dei selvaggi, ma ero cosi alieno di farmi pedissequo di Darwin che nelle prime edizioni io non credo di averlo mai nominato, ed anche nell'ultima io introdussi insieme all'atavismo la malattia, come chiave di spiegazione dei reato - la malattia che non ha nessun rapporto colle teorie Darwiniane. E così fecero Sergi, Garofalo, Ferri che introdussero il reo d'occasione, che non è niente affatto Darwiniano.
Quanto alle conclusioni pratiche sul delitto penale i miei amici e colleghi penalisti (ammiratori, invero, più di Spencer che di Darwin) non si sognarono mai di venirvi, partendo a priori dalle teorie dell'uno o dell'altro. - Certo però quando i fatti coincidevano colle risultanze di questi grandi, vi ci abbandonammo con maggiore fiducia, perchè chi non vede che, lasciata da parte ogni idolatria autoritaria, si deve essere contenti di avere a capifila uomini di sì larghe e potenti vedute, che risparmiano alle volte, con uno dei loro forti sguardi di aquila, il lavoro di intere generazioni di modesti pensatori come noi: - ma da questo a seguirli servilmente, e sopratutto aprioristicamente, ci corre.
"Si teme dai più che la morale resti offesa, una volta che venga meno la stima e il disprezzo per atti che non sono voluti liberamente; ma oltrechè il basare sì importante freno sopra un fatto controverso pare poco serio, sta poi sempre che nessuno intacca il mondo dei sentimenti, nè, volendo intaccarli, nessuno vi riescirebbe. I criteri del merito non cangiano punto per ciò che molte delle virtù e dei vizi si siano trovati effetto di mutazioni molecolari. Chi nega l'ammirazione alla beltà anche quando creda, come io e moltissimi altri, che essa sia un fenomeno affatto materiale e indipendente dalla volontà umana? Non è virtù del brillante d'essere più bello del carbone, ma nessuna signora getterebbe via i suoi brillanti perchè sono, in fondo, carbonio. Noi coroniamo di fiori le tombe dei grandi, e spargiamo al vento le ceneri dei tristi, anche quando sappiamo che l'essere criminale ed eroe dipende, come la beltà, da una condizione dell'organismo" (Tammeo, op. cit.).
Degli antropologi-criminalisti nessuno stringerebbe la mano a chi abbia commesso un delitto, come nessuno stimerebbe un cretino al pari del genio, per quanto creda e la perversità dell'uno e l'ottusa intelligenza dell'altro essere solo l'effetto dell'organismo! A rivederci, poi, i volghi in cui queste idee non penetreranno che dopo molti secoli!
"Chi pretende che negandosi certi principii etici rovini la libertà umana, somiglierebbe a chi avesse obbiettato a Galileo e a Copernico che col sostenere il sole star fermo e la terra muoversi, essi mettevano a rovina tutto il sistema solare. - Come il sistema celeste, anche il mondo morale permane sempre, qualunque sia il criterio con cui lo si esamini. Le dottrine restano nei libri, ed i fatti continuano il loro corso; pur troppo!" (Tammeo, op. cit.).
Nè, viceversa, il disprezzo segue sempre normalmente il delitto. L'adulterio è biasimato solo nella donna. Le truffe dei grossi banchieri si chiamano bei colpi. E così via. Nè i delitti politici meritano disprezzo, eppure devono entrare nel Codice penale quando la pena sia giustificata dalla difesa sociale.
Il disprezzo, d'altra parte, può giovare a prevenire i reati d'individui non ancora corrotti, ma i delinquenti- nati e gli abituali vi sono affatto insensibili.
"Le conclusioni, scrive Barine (1), di questa nuova scuola saltano subito agli occhi; nè le penalità possono più esser le stesse; nè il principio in nome del quale i tribunali condannano; nè lo scopo a cui si attende coi sistemi penitenziari. è un cataclisma completo di una fra le parti più importanti della nostra organizzazione sociale. Il nuovo sistema dovrà partecipare all'indifferenza della natura; sarà improntato alla durezza che segue all'indifferenza. Non sarà crudele, perchè non si avrebbe più sdegno contro il reo. Lo si sopprimerà o sequestrerà, ma senza collera; il diritto di difesa sarà sostituito a quello di punizione, rimasuglio del vecchio concetto teologico dei peccati. I metafisici protesteranno; ma niuno vi baderà, erchè la volontà non è più libera fra gli onesti che lo sia fra i rei. Un uomo che ragiona non si ribella contro un fenomeno, fosse pur doloroso come lo crede; si assetta per soffrirne il meno possibile".

(1) Revue Literaire Bleu, 15 agosto 1887.

Si disse con una di quelle frasi fatte, che i mediocri pareggiano, che io dal mucchio delle eccezioni pretendo ricavare una legge; ma chi sollevò quest'obbiezione ignora che innanzi al pensatore non esistono fatti che non abbiano una legge; tanto più poi quando queste eccezioni sono così numerose e costanti !
E mentre alcuni, specialmente stranieri, mal leggendoci o mal comprendendoci, ci accusano ora di essere esclusivamente atavismofili, ora di essere esclusivamente epilettofili nella genesi del delitto, non badando che le accuse si elidono, ve ne hanno, per istrano evento, di quelli, e sono i più ed i migliori, che non possono darsi pace che io, ammettendo l'atavismo, ammetta pure l'origine patologica, l'epilettica, quasi questa escludesse quello; e non pensano che perchè l'atavismo si mostri in un organismo attuale, bisogna che esso sia determinato da una causa patologica.
Qui è bello il notare che coloro che più accanitamente e con maggior copia di fatti ci combattono a questo proposito, come il Fèrè, sono proprio essi che ci porgono i fatti che meglio provano i rapporti dell'atavismo colla patologia; è precisamente il Fèrè che tentava dimostrarci fino nell'ernia un fenomeno atavistico (1), così come nell'orecchio ad ansa.

(1) "L'ernia inguinale, scrive Fèrè, che è un'infermità nell'adulto, in alcuni fanciulli si manifesta colla preesistenza di un canale permeabile che, specialmente nella scimmia quadrumane, sussiste normalmente nello stato adulto" (Vedi Rev. Philos., 1887).

Nè d'altronde sarebbero questi i primi casi; nella microcefalia, nel cretinismo, nei nei pilari e nella ipertricosi, ecc., l'atavismo e la patologia si innestano insieme, e son spiegati da arresti di sviluppo che, alla loro volta, producono anomala nutrizione.
Chi pretende che la degenerazione escluda la formazione di tipi speciali (Fèrè), non pensa a quei tipi di degenerati che sono i cretini e gli idioti.
Si obbietta: Nei criminali non troviamo mai l'atavismo completo; e ve n'hanno che non sono niente cannibali (Biswanger), nè tatuati, ecc.: ma chi può credere all'esistenza dell'atavismo completo in razze ed individui attuali? Dell'atavismo non vediamo nell'uomo attuale che una forma, che una parvenza parziale, altrimenti non avremmo sotto i nostri occhi un uomo, ma un mammifero; anche nel cretino, anche nel microcefalo, o il viso, od il cranio, od il tronco sono normali. Ben è vero che per la legge di correlazione e corrispondenza tra gli organi di Geoffroy Saint-Hilaire, o per la legge d'adattamento di Darwin, di raro una anomalia resta assolutamente isolata, ma più spesso s'associa ad altre, ma che sia generale la regressione atavistica è impossibile.
Ma a queste gravi obbiezioni, elevate da severi scienziati, altri, a loro ben inferiori in dottrina ed onestà, aggiunsero quella, che per essere anonima, imprecisa, impalpabile e men degna di discussione, è di tutte la più dannosa: quella che io chiamo della leggenda.
La leggenda pretende che con questi studi si voglia abbattere il Codice Penale (1), porre in piena libertà tutti i birbanti e minare la libertà umana.

(1) è curioso che una simile leggenda si era inventata anche contro Beccaria. Narra infatti la leggenda che richiesto egli qual pena meritasse un brigante che aveva ucciso e mangiato arrosto la moglie e i figliuoli: "Condannatelo a vivere a legumi tutta la vita". Anche l'accusa di immoralità che non ci si risparmia, si gridò addosso ad ogni novatore, anche il più ortodosso, anche di chi popolarizzava i brefotrofi e l'uso del caffè e del tabacco.

Ma chi non vede che se noi diminuiamo la responsabilità individuale, vi sostituiamo quella sociale che è ben più esigente e severa; se noi scemiamo la responsabilità ad un gruppo di delinquenti, non perciò vogliamo mitigarne la sorte, ma anzi renderne più continuata quella detenzione che la società in omaggio a principii teorici, non interrompe che a tutto suo pericolo, salvo ad adottare con molta più incertezza, irregolarità ed ingiustizia, ina semicontinuità della pena, sotto la forma di ammonizione, sorveglianza, domicilio coatto, ecc., misure poco efficaci ed incomplete, ma da cui intanto essa si lusinga ottenere quella sicurezza che le leggi non le forniscono?
Mancherà, colle nuove misure alla pena, l'infamia, è vero, ma questa neanche i nostri giuristi la credono necessaria, reputandola una trasformazione atavistica, un avanzo della vecchia vendetta, che va sparendo ogni giorno più. - E chi può sottrarsi a tanti vantaggi solo per poter giustificare un sentimento così odioso? Chi non sente che è vangelo dei nostri tempi la massima: Tutto conoscere e tutto perdonare?
Quanto all'esemplarità, oltre che permarrebbe, perchè una detenzione perpetua vuol dire qualche cosa di ben doloroso, chi non conosce che non è più, nemmeno questo, lo scopo precipuo della pena?
Ed è verissimo che, riconosciuta l'identità del pazzo morale col delinquente-nato, riconosciuta l'esistenza dei mattoidi, di certe monomanie e manie sistematizzate (vedi Volume II), a stretto rigore di parola, davanti a chi fa del libero arbitrio il fondamento per la punibilità, il perito potrebbe paralizzare la giustizia, mostrando un malato dove è per gli altri un colpevole.
Ma che perciò? Oh! dovremo noi falsificare, rinnegare il vero, perchè la legge, non ammettendolo, si è messa su una falsa strada, studiando il delitto, senza studiare il delinquente ? E non sarà più giusto, fra i due, l'esigere siano le leggi che s'accomodino ai fatti, che non i fatti si falsifichino per accomodarsi alle leggi, e ciò solo per non turbare la serena tranquillità di coloro, cui non giova occuparsi di questo nuovo elemento entrato nel campo degli studi?
E pazienza se le misure architettate, finora, fuori ed in senso contrario alle nostre conclusioni, menassero almeno alla sicurezza sociale, che è lo scopo supremo a cui tutti miriamo. Ma chi non sa che i più onesti ed i più intelligenti penalisti pratici, convengono, essere l'opera della giustizia una specie di lavoro di Sisifo, una immensa fatica con poco o nessun risultato: e che i pretesi amminicoli, suggeriti dalle scuole penali più moderne, come la libertà provvisoria, la giuria, la liberazione condizionata, invece di scemare il delitto, non fanno che aumentarlo od al più trasformarlo? Che pensare poi di quelle altre misure, che si pretendono l'ultimo verbo della scienza, e sono invece la più bella dimostrazione della sua mancanza di senso pratico, quale la mitigazione delle pene ai recidivi, la impunità del tentativo, la giuria estesa alle pene correzionali?
Puossi dire altrettanto delle conclusioni pratiche della nostra scienza?
Puossi dire che siano altrettanto pericolose ed assurde le proposte dei manicomii criminali, del carcere per l'incorreggibile, della multa o della pena corporale sostituita alle prime detenzioni; delle leggi sul divorzio, sul lavoro dei fanciulli, sull'alcool, per premunire gli adulterii, gli stupri e le ferite? o l'obbligo imposto al reo del risarcimento dei danni inferti, in ragione delle proprie forze e ricchezze?
E chi può negare che nei processi per pederastia, per veleno, per assassinio, ove tanti indizi vanno mancando, l'introduzione dei criteri antropologici può giovare molto di più di una incertissima nota anatomica, o di una di di quelle reazioni chimiche che ogni anno si van rinnovando e demolendo?
Ricordiamo come l'egregio prof. Filippi in un pederasta trovò tatuata l'iscrizione: "Pasquino, unico tesoro mio sei tu", che gli forniva un indizio più sicuro delle sue prave abitudini, che non le alterazioni anatomiche. Che dire poi di quei casi, in cui il tatuaggio, e per la propria oscenità, e per le parti in cui è praticato, disegna nettamente il reato, come già in questo volume ci mostrerà Lacassagne?
Si pensi al buio del processo Zerbini: ebbene, un antropologo criminale avrebbe potuto, come del resto tentava il Ceneri, offrire, collo studio dell'isterismo, della degenerazione, della fisonomia, dell'apatia strana dell'accusata, un indizio ben più sicuro delle contradditorie testimonianze, che forse avrebbe fatto parlare il muto cadavere del Coltelli; forse vendicatolo; certo risparmiate le lacrime di due innocenti, e l'osceno spettacolo di un popolo intiero, che ride al trionfo del vizio (1).
Aggiungete che se si stava ai dettami della nuova scuola, la Zerbini, avendo i caratteri del criminale-nato e dell'isterica, ed avendo commesso delitti da giovane, sarebbe stata reclusa in un manicomio, nè avrebbe potuto più recar danno ad alcuno.
E qui ci giova accennare come appunto quelle ricerche che parevano le più oziose, quali le misure craniometriche e quelle degli arti, furono trovate ora essere un prezioso amminicolo per controllare e completare l'album criminale, che quando si limita alla faccia ed al nome può dare luogo ad inconvenienti gravissimi, poichè il nome si dissimula, i tratti fisionomici si possono truccare con artificio, non i dati antropometrici, raggiunta che sia l'età matura (2).

(1) Vedi Ceneri, Arringa per Angelo Pallotta, Bologna, 1884.

(2) Bertillon, Ann. de dèmographie internationale, 1882.

Anche nelle questioni di puro diritto, questi studi possono avere uua larga applicazione: cosi, la teoria che sostituisce il diritto della difesa sociale a quella ecclesiastica del peccato, e la temibilità del delinquente a quella del libero arbitrio, offre, finalmente, una base stabile ad una filosofia della pena che andava oscillando finora, sempre invano, dall'uno all'altro opposto partito. Ed una volta presa per criterio la temibilità del reo, e per indizio i caratteri fisici e morali dei delinquenti-nati, resta risolta la questione relativa al tentativo, ed ai reati d'inerzia colpevole, seguita da morte, i quali vogliono essere puniti se commessi da uno di costoro.
Ed essi c'insegneranno come, variando i fattori secondo i climi, debbono variare secondo essi anche le pene; se no la legge, trovandosi in contraddizione colla natura degli animi, resta lettera morta; e ne avvengono quelle molte assoluzioni che nel fondo costituiscono un codice nuovo regionale in opposizione al codice scritto e la dimotrazione pratica, e pur troppo la più diffusa e dannosa, della influenza del clima sulla morale: così i giurati nelle provincie meridionali riguardano alcuni gruppi di reati con occhio ben diverso da quelli del Nord. "In Aosta, scriveva Morano, si considera dai giurati la vita assai più della borsa; nella valle di Mazzara si crede più meritevole di scusa chi adoperi le armi, e quindi i giurati danno sentenze diversissime nelle due regioni". Altrettanto dicasi dei reati di stupro, e più ancora di camorra e di maffia, che non sono punto riguardati al Sud coll'orrore che al Nord.
E questo basti contro coloro i quali, anche credendole vere, non trovano queste ricerche applicabili alle scienze giuridiche, nè alle sociali.
Nè regge l'accusa che pur ci vien lanciata, qua e là, di proteggere i tristi nella pratica medico-legale, Si citino, risponderò a viso aperto, i casi, in cui qualcuno di noi abbia recato turbamento alla giustizia! Finora, con un'abnegazione, che non fu ammirata quanto meritava, i sostenitori della nuova scuola, almeno i medici periti, non ne vollero approfittare che a pro della giustizia punitiva, astenendosi, perfino, d'intervenire quando il pronunciare la verità poteva essere di anno sociale.
Si potranno citare i casi, in cui i seguaci della nostra scuola abbiano rivelato o controllato la dubbia criminalità di un colpevole; non uno, in cui ne abbiano favorito l'assoluzione, malgrado che ciò avrebbeci accattato grazia e profitto presso quella casta che domina ora, e, non di raro, infetta il nostro paese.
Che, se sostenemmo l'irresponsabilità di Passanante, Guiteau, Faella, Verzeni, Fusil, fu solo dopo che la morte o la condanna li aveva colpiti, esagerando nello scrupolo fino all'ingiustizia (1). - Possono dire altrettanto coloro che ci accusano?
Chi poi insinua che noi favoriamo queste teorie per mercare più facili plausi, finge ignorare che le plebi, siano accademiche o delle piazze, furono e son le più acri e fortunate nemiche di ogni novazione, la quale, per lo più, non trionfa se non passando sulle spoglie del suo creatore; finge ignorare essere noi fatti segno non solo alle escandescenze dei retrivi, ma ai facili dileggi dei vagheggini del giorno, che delle novità usano careggiare quelle, soltanto, le quali, per la poco loro consistenza, al par della moda, non avendo uopo di fatica, o di studio, per essere adottate, facilmente attraggono i favori dei più; finge ignorare come proprio quelli che più ci gridano addosso, ci asseragliano ogni via, ogni carriera, quasi a pazzi ed immorali, aggiungendo, con una manovra indegnamente ipocrita, il danno alle beffe; così come coloro che ci rimproverano il poco numero d'osservazioni, trovarono modo di impedirci le indagini nelle carceri; sicchè tutte le nuove ricerche si dovettero compiere a prezzo d'oro e spesso con personale pericolo, frugando i criminali nei loro ricoveri: e per le fotografie ricorrendo, non senza vergogna, all'aiuto straniero (2).

(1) Sulla completa alienazione di Passanante leggasi il Virgilio: Su Passanante e la natura morbosa del delitto, Roma, 1888.

(2) Dal Governo Germanico, grazie alla cortese intercessione di Engel e di Liszt, e dal Russo, grazie all'aiuto della dottoressa Tarnowski.

Più strano è il vedere tali avversari gabellarsi difensori della libertà, perchè lo sono del libero arbitrio, giocando innanzi agli idioti sulla omofonia delle parole, fisamente come quelli, e sono gli stessi, che difendevano l'intromissione dei gesuiti nelle scuole, si giovavano, a danno dell'insegnamento, della frase libertà d'insegnare. - Io non ho che a rispondere loro: Che si guardino intorno; e neghino che la teoria del libero arbitrio non sia la prediletta dei nemici del libero pensiero e delle chiese ortodosse! Oh! neghino, se possono, che i suoi seguaci si trovano assai meno fra le vittime che non fra i complici del dispotismo!
E con ciò mi pare aver risposto alle ultime critiche, nessuna trascurandone, e più vi risponde il libro colla sua corazza compatta di fatti.
Ma per quanto io abbia affaticato, non ho pur troppo la coscienza d'aver raggiunto completamente la soluzione del problema: e quanto più procedo nel cammino, come colui che dall'alto vede più largo lo spazio d'intorno, io vedo farmisi sempre maggiori le lacune. A completare e consolidare, però, stabilmente, l'edificio soccorre l'aiuto di compagni e discepoli, d'uomini egregi che penetrando più innanzi nella via tracciata, sfidando le sventure che nella vita scientifica e professionale non poteva non procacciare il seguire, in un paese così raggrinchito nel vecchio, una nuova ed audace bandiera, la portarono ben più innanzi di me e per inesplorati sentieri. Oh! onore a voi Kurella, Ferrero, Carrara, Ottolenghi, Du Hammel, Roncoroni, Ferri, Fornasari, Cristiani, Agostini, Marro, Pellmann, Ellis, Mac Donald, Lefort, Zerboglio che ogni giorno portate nuove pietre in sostegno al giovane edificio. La vostra compagnia m'assicura più delle fatiche spese in 25 anni in quest' opera; l'idea che l'informava, rinvigorita e trasmessa man mano da voi quasi

... cursores qui vitai lampada trahunt (Lucretius),

quell'idea non perirà. Mi basta a dimostrarlo, l'elenco delle opere pubblicate nella Biblioteca Antropologico- giuridica, in cui non sono meno di 104 le memorie del nuovo diritto penale, di 116 quelle di antropologia criminale, e 136 quelle di psichiatria e che s'intitolano:
Criminologia, di Garofalo;
la Forza irresistibile, di Setti;
l'Omicidio, la Sociologia criminale, di Ferri;
l'Aborto, infanticidio ed esposizione d'infante, di Balestrini;
le due Centurie e l'Atlante criminale, di Rossi;
il Delitto politico, di Laschi e Lombroso;
Passi e criminali studiati antropologicamente, di Virgilio;
la Maffia e la Camorra, di Alongi;
I caratteri dei delinquenti, di Marro;
Le epilessie, di Tonnini;
Sul delitto e la nuova scuola penale, di Drill;
Sul delinquente spagnuolo, di Salillas;
Los Hombres de presa, di Drago;
La teoria psicologica della diffamazione, di Florian;
l'Alcoolismo, di Zerboglio;
Sulla folla delinquente e la Coppia criminale, di Sighele;
la Criminalità e le vicende economiche, di Fornasari;
Il militare delinquente, di Brancaleone-Ribaudo;
The Criminal Man, di H. Ellis;
Naturgeschichte des Verbrechers, di Kurella;
Les ètudes anthropomètriques sur les prostitues ecc., della Tarnowski;
gli Studi di antropologia criminale, di Baca e Vergara e ciò senza contemplare i 16 anni dell'Archivio.
Contemplando quest'elenco posso rispondere con un sorriso d'orgoglio a quanti ci gabellano per morti, credendo intanto di potersi vestire impunemente delle nostre spoglie. Strani morti, che sentimmo ancora la vigoria di rifare cinque volte da capo a fondo la via faticosamente percorsa, adottando il vero dovunque lo trovammo, anche quando si ritorceva contro noi: e che, non fermandosi mai un giorno sulle messi raccolte, abbiamo tentato le soluzioni di quesiti che parevano disperati, sul genio, sull'epilessia, sul delitto congenito, sul delitto politico, sull'infanticidio, sull'aborto, sulla prostituzione (Tarnowski) e perfino iniziatone nell'arte, nella letteratura, nella pedagogia e nel diritto civile (D'Aguanno, Salvioli, Riccardo, Lefort). Nè io ho la pretesa, ben s'intende, che questi lavori siano perfetti, e neppure che alla perfezione si avvicinino; ma allorchè penso che molte volte si devono accettare e rispettare le nuove scoperte anche quando non hanno la minima ombra d'applicazione, posciachè bisogna possedere tutti gli strumenti, averli ben in ordine e saperli ben maneggiare prima di ottenerne un vantaggio, e posciachè passarono cento anni dalla pila di Volta alla sua applicazione al telegrafo, alla dinamo, posso essere ben fiero se vedo sorgere da ogni parte le applicazioni alla nuova scienza dai punti più lontani della pratica penitenziaria, del diritto, che già dal lettuccio tormentoso delle formole astratte, ove dal Medio Evo fu finora raggrinchito e rinchiuso, comincia a sentire i primi soffi della riforma, fino al campo letterario ed artistico che pareva così da lei divergente e lontano.
Cesare Lombroso.