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a procedura esecutiva al patrimonio del proprio cliente esecutato, fornendo utili suggerimenti sul modus operandi per realizzare lo scopo prefisso, non integra un'attività illecita o comunque idonea a configurare responsabilità disciplinare, così come analogo disvalore non è ravvisabile nella partecipazione del medesimo avvocato all'asta pubblica nella figura del procuratore "per persona da nominare", essendo attività propria dell'avvocato (C.N.F. 17/07/2006, n. 41).
È corretto il comportamento dell'avvocato che per la tutela dell'assistito eccepisca la non corretta costituzione della controparte attraverso il suo difensore. Il diritto di svolgere la difesa giudiziale è prevalente sul diritto all'onore della controparte quando le eccezioni svolte costituiscano uno strumento per indirizzare la decisione del giudice, e siano state ingenerate dal comportamento tenuto dal difensore della controparte (C.N.F. 04/02/2004, n. 13).
Nel conflitto tra il diritto a svolgere la difesa giurisdizionale nel modo più largo e insindacabile e il diritto della controparte al decoro e all'onore prevale il primo, salvo l'ipotesi in cui le espressioni offensive siano gratuite, ossia non abbiano relazione con l'esercizio del diritto di difesa e siano oggettivamente ingiuriose, cosicché non commette illecito disciplinare l'avvocato che in una richiesta al giudice richiami la normativa sulla responsabilità dei magistrati al fine di una migliore difesa del cliente e per la realizzazione del risultato perseguito con l'azione giudiziale (C.N.F. 27/06/2003, n. 195).
Il principio e il vincolo di colleganza non può spingersi sino a invalidare il fondamentale dovere di fedeltà nella tutela degli interessi del cliente e di una corretta esecuzione del mandato; è pertanto legittimo il comportamento dell'avvocato che, incaricato dal suo cliente, dopo aver tentato una bonaria conciliazione, agisca penalmente nei confronti di un collega per l'appropriazione indebita di somme (C.N.F. 23/11/2000, n. 185).
Art. 2. Norme deontologiche e ambito di applicazione
Giurisprudenza disciplinare
➤ VITA PRIVATA. Secondo la costante interpretazione dell'art. 38 r.d.l.	1578/1933	fatta	propria	dalla giurisprudenza disciplinare e di legittimità, il comportamento conforme ai doveri di dignità e decoro professionale è riferito a ogni aspetto della vita di relazione dell'avvocato e, dunque, anche al di fuori dell'esercizio dell'attività professionale, purché sia tale da ledere il comune sentimento della collettività: l'avvocato infatti è considerato un collaboratore di giustizia e la sua condotta, come tale, deve in ogni caso conformarsi a correttezza, dignità e decoro, ancorché il suo comportamento non abbia relazione	con	l'attività	professionale	(C.N.F . 15/12/2006, n. 159). Il fatto che un avvocato si sia reso inadempiente per anni a un'obbligazione, sia stato destinatario di un precetto e di un tentativo di pignoramento, e non abbia adempiuto a promesse di pagamento, costituiscono fatti idonei a ledere i beni protetti dalla norma deontologica dell'art. 5, a prescindere dalla notorietà o meno dei fatti e comunque dalla loro diffusione (C.N.F. 15/12/2006, n. 164).
1. Le norme deontologiche si applicano a
tutti gli avvocati nella loro attività
professionale, nei reciproci rapporti e in
quelli con i terzi; si applicano anche ai
comportamenti nella vita privata, quando
ne risulti compromessa la reputazione
personale o l'immagine della professione
forense.
2. I praticanti sono soggetti ai doveri e alle
norme deontologiche degli avvocati e al
potere disciplinare degli Organi forensi.
	
  
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