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e non abbia adempiuto a promesse di pagamento, costituiscono fatti idonei a ledere i beni protetti dalla norma deontologica dell'art. 5, a prescindere dalla notorietà o meno dei fatti e comunque dalla loro diffusione (C.N.F. 15/12/2006, n. 164).
L'avvocato che ometta di adempiere alle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi e restituisca somme di spettanza del cliente solo dopo un notevole corso di tempo, trattenendone altre a compensazione di onorari, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo della dignità e decoro dell'intera classe forense (C.N.F. 21/11/2003, n. 359). Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che non adempia alle obbligazioni assunte a seguito di una transazione e che emetta assegni andati poi protestati (C.N.F. 17/07/2002, n. 108).
Pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante l'avvocato che emetta assegni poi andati protestati, a nulla rilevando l'eventualità che gli assegni non avrebbero dovuto essere protestati perché, come affermato dall'autorità giudiziaria, non qualificabili in funzione solutoria, perchè già nel momento della emissione l'incolpato avrebbe dovuto considerare che quegli assegni avrebbero comunque potuto avere uno sbocco nei protesti (C.N.F. 28/11/2003, n. 377).
L'art. 59 del codice deontologico ai sensi del quale l'avvocato è tenuto a provvedere regolarmente all'adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi, non intende indicare soltanto un obbligo giuridico, ma soprattutto l'obbligo deontologico di generale adempimento delle obbligazioni assunte, obbligo che deve essere tanto più sentito quanto più percepito nell'ambito esterno, come nel caso in cui il professionista rilasci cambiali in relazione alle obbligazioni assunte. Ne consegue che il comportamento consistente nel mancato pagamento dei titoli rilasciati, che assume un
significato particolarmente negativo a causa della pubblicità che ne viene data dagli organi competenti, costituisce infrazione disciplinare indipendentemente dalla natura "privata" o "professionale" del debito assunto ed indipendentemente dal fatto che si tratti di un debito proprio o della assunzione di un debito altrui attraverso una fideiussione o un avallo (C.N.F. 21/11/2006, n. 109).
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che ricorra a prestiti elargiti da clienti dello studio e ometta di adempiere alle obbligazioni assunte non provvedendo alla restituzione dei prestiti ottenuti (C.N.F. 25/10/2003, n. 348).
La richiesta di un prestito in denaro al proprio cliente costituisce illecito disciplinare, poiché comportamento contrario al dovere di probità e correttezza che il professionista iscritto all'albo professionale deve rispettare in ogni occasione e, quindi, anche nei rapporti strettamente privati e	personali	(C.N.F .	11/11/2006,	n.	102).
È disciplinarmente rilevante il comportamento privato del professionista se lo stesso abbia risonanza esterna e possa incidere negativamente sul prestigio, la dignità e il decoro della intera classe forense; anche la libertà di azione e pensiero politico riconosciuta agli iscritti all'albo professionale trova il suo naturale limite nella disposizione dell'art. 38 che impone al professionista di tenere un comportamento conforme alle regole della professione. E tale limite non può considerarsi un'incostituzionale discriminazione o limitazione della libertà dei professionisti, in quanto gli stessi, iscrivendosi liberamente all'albo professionale, accettano un vincolo connaturato all'esercizio della professione che richiede una costante dignità di comportamento anche al di fuori del vero e proprio ambito professionale (C.N.F. 28/12/2005, n. 233).
Il professionista che si sottragga volontariamente alla esecuzione di una
	
  
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