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facendolo divenire esecutivo, in un processo ometta l'indicazione delle prove e delle conclusioni, non partecipi alle udienze così omettendo di svolgere il mandato ricevuto, e richiesto non restituisca alla parte i documenti ricevuti (C.N.F. 02/03/2004, n. 32).
L'avvocato che, nominato difensore d'ufficio in più procedimenti, non comunichi all'autorità giudiziaria l'impossibilità di partecipare all'udienza per concomitanti impegni, non consentendo all'autorità la sua sostituzione, tiene un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo del dovere di probità, correttezza e difesa a cui ciascun professionista è tenuto (C.N.F. 23/11/2000, n. 178).
Il comportamento del professionista che, nella qualità di difensore di più persone in una causa di divisione di eredità, autentichi sulla delega a margine dell'atto di appello le firme di alcuni coeredi che mai l'abbiano apposta, non viola i principi di probità (art. 3 c.d.) e verità (art. 14 c.d.), dovendo piuttosto essere ravvisarsi una violazione del dovere di diligenza (art. 8 c.d.), che appunto si sostanzia nella violazione del dovere di attenzione nella certificazione della autografia della procura, attesa la rilevanza che questa attività del difensore ha nell'ambito del giudizio. Peraltro, se pure in linea di principio non sia in discussione il principio sulla responsabilità dell'avvocato nella certificazione dell'autografia, occorre verificare se in concreto vi sia stata la cosciente volontà di venir meno ai propri doveri (C.N.F. 29/12/2006, n. 208). Osserva un comportamento deontologicamente corretto l'avvocato che accompagni un suo cliente, in una causa di separazione personale, nel domicilio coniugale per assistere alle operazioni di trasloco senza avvertire di tale accompagnamento il collega di controparte, ove dalle prove acquisite non emerga alcuna volontà di sorprendere la parte avversaria bensì l'intento di svolgere nel miglior modo l'incarico defensionale (C.N.F. 03/10/2001, n. 180).
Art. 13. Dovere di segretezza e riservatezza
Giurisprudenza disciplinare
➤ SEGRETEZZA E RISERVATEZZA VERSO EX CLIENTI. Il dovere di mantenere il segreto sulle informazioni fornite dall'assistito o delle quali l'avvocato sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato, a causa od in occasione dello stesso riguarda anche gli ex- clienti (C.N.F. 11/11/2009, n. 100).
L'avvocato che consigli un'azione contro la propria cliente e, nel giudizio così instaurato, testimoni su circostanze apprese nell'esercizio del precedente mandato, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo del dovere di correttezza e fedeltà a cui ciascun professionista è tenuto (C.N.F. 27/06/2003, n. 175).
La corretta lettura del canone deontologico di cui all'art. 51 c.d. induce a ritenere che il divieto di utilizzazione delle notizie acquisite in ragione del mandato conferito all'avvocato costituisce una circostanza ulteriore rispetto al divieto di assunzione di incarichi contro un ex cliente nel biennio dalla cessazione dell'incarico, talchè l'avvocato non può assumere tali incarichi se non decorso un biennio dalla cessazione del precedente mandato e, in ogni caso, non può utilizzare notizie acquisite nel corso dell'incarico esaurito (C.N.F. 18/7/2011, n. 104).
L'avvocato è tenuto, nell'interesse del
cliente e della parte assistita, alla rigorosa
osservanza del segreto professionale e al
massimo riserbo su fatti e circostanze in
qualsiasi modo apprese nell'attività di
rappresentanza e assistenza in giudizio,
nonché nello svolgimento dell'attività di
consulenza legale e di assistenza
stragiudiziale e comunque per ragioni
professionali.
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