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➤ SEGRETEZZA E RISERVATEZZA IN CASO DI PRATICANTI AVVOCATI APPARTENENTI A FORZE DELL'ORDINE O FORZE ARMATE. Le incompatibilità di cui all'art. 3 del r.d. 1578/33 non si applicano ai praticanti avvocati non ammessi al patrocinio, i quali pertanto possono essere iscritti nell'apposito registro speciale anche qualora rivestano la qualifica di ufficiali di P.G. Tuttavia, al fine di garantire i doveri di riservatezza e segretezza devono essere adottati opportuni accorgimenti quale la individuazione di determinati settori o di casi preventivamente valutati dall'avvocato affidatario ai quali circoscrivere la pratica forense (C.N.F. 04/06/2009, n. 51)
L'iscrizione al registro dei praticanti avvocati del professionista appartenente alla Polizia di Stato nel ruolo di operatore tecnico con mansioni esecutive (che non riveste automaticamente la qualifica di agente di P.S. né quella di agente di P.G., spettando tale qualifica solo al personale che svolge un servizio diretto alle attività di prevenzione e repressione dei reati e/o di investigazione, ai sensi dell'art. 4 d.P.R. 337/82) è legittima, poiché il disposto normativo (art. 1, r.d. 37/1934, art. 3, r.d.l. 1578/33 ed art. 1 e ss., d.P.R. n. 101/90) non prevede alcuna preclusione o incompatibilità alla pratica forense per gli appartenenti alle Forze Armate, mentre in relazione all'obbligo di riservatezza dovrà essere cura dell'avvocato titolare di studio evitare il verificarsi di situazioni di possibile conflitto che possano derivare dal tirocinio di quel particolare praticante (C.N.F. 05/10/2006, n. 81).
Il sistema delle incompatibilità e le norme deontologiche devono ritenersi applicabili e devono essere rispettate anche dai praticanti avvocati; pertanto - deve essere rigettata per incompatibilità, ex art. 3 l. p., la domanda di iscrizione ai registro speciale dei praticanti avvocati del professionista dipendente dell'Arma dei Carabinieri (nella specie un capitano dei Carabinieri che, per il ruolo ricoperto, sarebbe
stato obbligato a riferire all'autorità giudiziaria e soggetto ai vincoli di disciplina e subordinazione gerarchica) (C.N.F. 27/06/2003, n. 171). ➤ SEGRETEZZA E RISERVATEZZA: CASISTICA. La deontologia forense ha uno dei suoi pilastri fondamentali nella tutela della riservatezza del rapporto avvocato - cliente, che impone al primo il vincolo di tenere riservata la stessa esistenza del rapporto, con particolare riguardo alla trattazione/esternazione dell'oggetto del mandato difensivo (C.N.F. 23/7/2013, n. 130). Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che diffonda, rendendola pubblica, una memoria da lui predisposta per la richiesta di interdizione, e contenente fatti personali e privati sia dell'interdicendo che di altri soggetti, estranei al procedimento (C.N.F. 21/02/2003, n. 7). L'avvocato che sveli a terzi l'esistenza di una controversia usando frasi in parte ironiche e in parte minacciose nei confronti della controparte, viola il dovere di correttezza e segretezza a cui ciascun professionista è tenuto. Nella specie l'avvocato aveva appalesato l'esistenza di una controversia rivolgendosi alla controparte con frasi del tipo: " bravo, bravo..., si ricordi che il giorno 19 maggio saremo davanti al giudice... modificherò in suo danno la lettera...") (C.N.F. 10/12/2002, n. 194).
Non commette illecito deontologico e violazione del dovere di riservatezza l'avvocato che, venuto a conoscenza del mandato di cattura emesso nei confronti di un suo cliente ed avuta copia dell'interrogatorio, non segretato ex art. 329 c.p.p., lo comunichi, autorizzato dal cliente, ad altro avvocato coinvolto nella vicenda (C.N.F. 20/09/2000, n. 81).
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