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presupposti diversi rispetto a quella penale (C.N.F. 16/06/2003, n. 153). Non può essere affermata la responsabilità disciplinare dell'incolpato in assenza di prove certe sul comportamento addebitato all'avvocato incolpato (C.N.F. 28/03/2003, n. 27).
La responsabilità disciplinare non può fondarsi sul sospetto bensì sulla prova della verità del fatto addebitato (C.N.F. 21/11/2006, n. 119). Le dichiarazioni dell'esponente non possono ergersi da sole a piena prova dei fatti denunciati, quando le stesse non trovino riscontro in una serie di elementi probatori tramite i quali risalire con certezza allo svolgimento dei fatti stessi (C.N.F. 25/03/2002, n. 39).
➤ VINCOLI DI GIUDIZIO. La sentenza penale di condanna divenuta definitiva, ex art. 653 c.p.p., come modificato dalla l. 97/2001, ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso; mentre è di competenza del consiglio dell'ordine verificare se il comportamento accertato sia disciplinarmente sanzionabile (C.N.F. 04/12/2003, n. 387). La sentenza irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio di responsabilità disciplinare quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, a nulla rilevando, nella autonoma valutazione dei fatti in sede disciplinare, l'eventualità che sia successivamente intervenuto provvedimento legislativo di depenalizzazione (C.N.F. 16/06/2003, n. 158). La sentenza penale di assoluzione "per non aver commesso il fatto" fa stato nel procedimento disciplinare aperto nei confronti del professionista per lo stesso fatto. Deve, pertanto, annullarsi la decisione disciplinare emessa sul presupposto, poi negato in sede penale, che il professionista fosse responsabile
del fatto per cui si era proceduto anche in sede disciplinare (C.N.F. 16/06/2003, n. 156). La radiazione di diritto dagli albi (ex art. 42 della legge professionale) costituisce mero effetto della sanzione accessoria della interdizione temporanea dall'esercizio della professione di avvocato, in quanto trattasi di atto dovuto che esclude qualsiasi margine di discrezionalità in capo all'organo che lo adotta (C.N.F. 23/12/2009, n. 199).
➤ INDISPONIBILITÀ DELL'AZIONE DISCIPLINARE. L'azione disciplinare non rientra nella disponibilità delle parti e pertanto la rinuncia all'esposto da parte degli esponenti o l'eventuale consenso delle parti alla transazione economica non condiziona e non implica l'estinzione o l'interruzione del procedimento stesso (C.N.F. 30/12/2013 n. 214; C.N.F. 17/07/2002 n. 100). Secondo il tassativo disposto dell'art. 37, comma 7, r.d.l. 1578/33, deve essere rigettata la richiesta di cancellazione volontaria dall'albo se è stato aperto nei confronti del professionista richiedente un procedimento disciplinare, a nulla rilevando che lo stesso procedimento sia stato sospeso in attesa dell'accertamento penale dei fatti (C.N.F. 16/06/2003, n. 155).
Per l'esercizio dell'azione disciplinare non occorre un esposto, secondo il tenore dell'art. 38, comma 3, l.p., talchè l'apertura di procedimenti disciplinari può avvenire sul presupposto della sola conoscenza dei fatti di pubblica notorietà o di mere informazioni (C.N.F. 23/05/2002 n. 67). L'illecito disciplinare sussiste indipendentemente dall'entità del danno causato al cliente; il fine del procedimento disciplinare non è, infatti, quello di tutelare interessi privati, di tal che la procedura debba ritenersi superata una volta realizzata la pretesa del danneggiato, ma quello di tutelare il decoro e la dignità dell'intera classe forense, mediante la repressione di ogni condotta contraria ai doveri imposti dalla legge (C.N.F. 23/11/2000, n. 190).
	
  
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