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ancora oggi, e senza richiamare in questa sede la situazione ante e post legge n.248/2006 (di conversione del cosiddetto “decreto Bersani”), a possibili equivoci indotti dal combinato, da una parte, del citato comma 4 dell’art.13 e, dall’altra, del comma 3 dello stesso articolo per il quale la pattuizione dei compensi è ammessa anche “a percentuale sul valore dell’affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione”. Se dubbi non possono sussistere sul confermato divieto di un compenso rappresentato da una parte dei beni o crediti litigiosi, altrettanto può affermarsi, sempre sotto il profilo del divieto, per un compenso che si rapporti, percentualmente, ed a consuntivo, al risultato ed all’esito della lite (con ciò trasformandosi il rapporto professionale da rapporto di scambio a rapporto associativo con eliminazione, altresì, di ogni connotato aleatorio); diversamente è a dirsi per un compenso a percentuale parametrata su quello che risulta essere il valore dell’affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione.
Giurisprudenza disciplinare
➤ ACCORDO SU COMPENSO ECCESSIVO. Ancorché l'art. 42 c.d. consenta all'avvocato di concordare gli onorari con il cliente, è altrettanto vero che, in nessun caso è ammissibile richiedere e concordare compensi eccessivi e, comunque, non proporzionati (nella specie un compenso pari a L. 3.650.000 per il risarcimento di un modesto danno da circolazione stradale, liquidato in complessive L. 7.200.000), ostandovi il dovere di correttezza, che impone al professionista di non richiedere compensi eccessivi al cliente (C.N.F. 15/12/2006, n. 169). Tiene una condotta disciplinarmente rilevante l'avvocato che richieda compensi eccessivi e non dovuti in relazione alla attività svolta, senza che lo giustifichi l'esistenza di un eventuale accordo
con la parte per la determinazione del compenso che non può prescindere dalla riconducibilità dello stesso alla attività effettivamente svolta (C.N.F. 28/12/2005, n. 200).
➤ ACCORDO SU COMPENSO INFERIORE AI MINIMI. Tiene un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che concluda con il cliente un accordo con il quale accetti a compenso delle prestazioni professionali svolte il semplice rimborso delle anticipazioni, così derogando ai minimi tariffari (C.N.F. 13/05/2002, n. 58).
➤ ACCORDO SU COMPENSO CON SOGGETTO DEBOLE. Costituisce violazione dei doveri di correttezza e probità previsti dall'art. 5 c.d., la pretesa dal proprio cliente analfabeta della sottoscrizione di una scrittura privata recante una obbligazione di pagamento di compensi professionali non documentati con la consegna di una nota specifica, ingiustificatamente rifiutata a fronte di ripetute formali richieste, con contestuale accettazione da parte del cliente stesso di un tasso di interesse elevato (18%), non giustificato dalla natura del rapporto professionale, per l'ipotesi di mancato pagamento del compenso entro il termine stabilito (C.N.F. 15/12/2006, n. 150).
Tiene una condotta disciplinarmente rilevante l'avvocato che prometta di assistere in modo gratuito la parte ma poi, a seguito della rinuncia della stessa all'azione giudiziaria, consegua in via coattiva il pagamento della sua parcella gravata delle spese del giudizio sull'onorario, senza peraltro formulare alcuna richiesta stragiudiziale (C.N.F. 28/12/2005, n. 216).
Non viola gli artt. 5 e 6 c.d. e 85 d.p.r. 115/2012 l'avvocato che percepisca compensi per attività professionale svolta nell'interesse di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ove nel corso del giudizio sia emerso che le condizioni di ammissione, dichiarate in sede di
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