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di difendere il cliente in un giudizio civile e dopo essersi fatto versare degli acconti, trascuri successivamente la causa, disertando il giudizio e non svolgendo alcuna attività difensiva, con la conseguente soccombenza del suo assistito (C.N.F. 21/12/2006, n. 186).
L'avvocato che, pur continuando ad assicurare la cliente dell'avvenuta instaurazione del giudizio e dell'imminenza della sua positiva conclusione, non vi abbia in realtà dato seguito, pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante sotto il duplice profilo dell'art. 38 (inadempimento del mandato, sotto la specie del mancato compimento dell'atto iniziale, con rilevante e non scusabile trascuratezza degl'interessi della parte assistita) e dell'art. 40 (obbligo d'informazione, sotto la specie della corretta comunicazione sullo svolgimento del mandato) del codice deontologico (C.N.F. 22/03/2006, n. 8).
Viola gli art. 38 e 40 del codice deontologico forense l’avvocato che omette di compiere atti inerenti al mandato ricevuto per inescusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita (nella specie, l’avvocato, dopo aver consegnato alla cliente un acconto sulla maggiore somma dovutale dalla controparte a titolo di risarcimento danni e dopo avere ricevuto dalla cliente il pagamento della parcella, non aveva più seguito il recupero della somma residua, senza fornire alla cliente informazioni sullo svolgimento del mandato che gli era stato affidato) (C.N.F. 21/12/2009, n. 188).
➤ CASISTICA: OMESSA ATTIVAZIONE. Viola i doveri di adempimento del mandato l'avvocato che, avendo ricevuto incarico di intraprendere cause civili per ottenere un risarcimento del danno, per respingere accuse gravi e per recuperare credibilità e immagine del cliente, non provveda a dar corso alle relative azioni, fornendo allo stesso cliente false informazioni circa la pendenza dei processi, in particolare riportando allo stesso falsi numeri di
registro generale e notizie sul probabile esito positivo delle vertenze stesse (C.N.F. 28/12/2006, n. 199). ➤ CASISTICA: ASSENZA ALLE UDIENZE.
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che abbandoni la difesa non presentandosi in udienza (C.N.F. 23/07/2002, n. 110). Contravviene ai doveri di diligenza e correttezza professionale l'avvocato che, senza giustificato motivo, non compaia a due udienze successive determinando l'estinzione del giudizio (C.N.F. 22/04/2008, n. 31).
La mancata presentazione all'udienza dibattimentale penale nel quale l'avvocato sia difensore d'ufficio dell'imputato, in difetto di una comunicazione in ordine alla sussistenza di ragioni di impedimento e senza la designazione di un sostituto processuale, costituisce violazione dei doveri inerenti al mandato professionale e, quindi, i doveri dì decoro, dignità e correttezza che debbono connotare l'esercizio della professione forense (C.N.F. 05/10/2006, n. 90).
Tiene un comportamento disciplinarmente rilevante l'avvocato che in qualità di difensore di fiducia non compaia all'udienza dibattimentale, senza giustificare la sua assenza, a nulla rilevando l'eventuale revoca del mandato difensivo, dal momento che è liberato dal dovere di comparizione in udienza a difesa dell'assistito solo quando questi risulti assistita da altro difensore di fiducia o da un difensore d'ufficio e non sia decorso il termine a difesa di cui all'art. 108 c.p.p. (C.N.F. 28/12/2005, n. 223).
Il difensore di fiducia non può astenersi dal presenziare personalmente o tramite sostituto dalle udienze dibattimentali e, in particolare, da quella di discussione ove tale omissione non sia giustificata da una concordata strategia difensiva, in difetto di che v'è la violazione dell'a. 38 per inadempimento del mandato (C.N.F. 27/5/2013, n. 79; v. C.N.F. 10/4/2013, n. 53).
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