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9. La violazione dei doveri di cui ai commi
da 1 a 5 comporta l'applicazione della
sanzione disciplinare della censura. La
violazione dei doveri di cui ai commi 6, 7 e
8 comporta l'applicazione della sanzione
disciplinare della sospensione dall'esercizio
dell'attività professionale da sei mesi a un
anno.
Relazione illustrativa
L’art.29 (“richiesta di pagamento”) specifica e tipizza il comportamento che l’avvocato deve tenere nei confronti del cliente per quanto concerne gli aspetti più squisitamente legati alla dinamica del contenuto economico e retributivo del rapporto professionale; in questo ambito si colloca anche, al comma 3, la tipizzazione dell’obbligo fiscale e, al comma 8, la rigorosa previsione che regola la posizione dell’avvocato nominato difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
Giurisprudenza disciplinare
➤ RICHIESTA DI COMPENSI ECCESSIVI O SPROPORZIONATI. L'avvocato che chiede compensi eccessivi e sproporzionati	rispetto	all'attività	svolta, omettendo di darne il dovuto rendiconto, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante (C.N.F. 19/10/2007, n. 147).
Viola in maniera irrimediabile il precetto dell'art. 43 del codice deontologico, oltre ad integrare la violazione dei più generali principi sanciti dagli art. 5 e 6 dello stesso codice, l'avvocato che, a fronte della brevissima durata dell'incarico e della modesta gravità e complessità delle questioni trattate, richieda al cliente compensi eccessivi e anche sproporzionati, sia rispetto alle previsioni della tariffa forense sia alla natura e all'entità delle prestazioni effettivamente svolte (C.N.F. 06/12/2006, n. 142).
Pone	in	essere	un	comportamento deontologicamente corretto l'avvocato che
concordi con la parte un compenso maggiore rispetto a quello liquidato dal giudice (C.N.F. 11/04/2003, n. 48). Tiene un comportamento deontologicamente rilevante il professionista che chieda compensi eccessivi o relativi ad attività non richiesta dal cliente (C.N.F. 13/02/2001, n. 8).
➤ RICHIESTA DI COMPENSI ECCESSIVI O SPROPORZIONATI IN PRESENZA DI ACCORDI. Ancorché l'art. 42 del codice deontologico consenta all'avvocato di concordare gli onorari con il cliente, è altrettanto vero che, in nessun caso è ammissibile richiedere e concordare compensi	eccessivi	e,	comunque,	non proporzionati (nella specie un compenso pari a L. 3.650.000 per il risarcimento di un modesto danno da circolazione stradale, liquidato in complessive L. 7.200.000), ostandovi il dovere di correttezza, che impone al professionista di non richiedere compensi eccessivi al cliente (C.N.F. 15/12/2006, n. 169).
Ancorché sia ammissibile la richiesta di compensi superiori a quelli tariffari, la stessa deve trovare corrispondenza nella particolare natura dei fatti e nella complessità delle questioni giuridiche da affrontare, la cui valutazione non può essere effettuata in via preventiva e senza una approfondita conoscenza degli atti (C.N.F. 18/12/2006, n. 175).
Tiene una condotta disciplinarmente rilevante l'avvocato che richieda compensi eccessivi e non dovuti in relazione alla attività svolta, senza che lo giustifichi l'esistenza di un eventuale accordo con la parte per la determinazione del compenso che non può prescindere dalla riconducibilità dello stesso alla attività effettivamente svolta (C.N.F. 28/12/2005, n. 200).
L'avvocato che chieda acconti eccessivi omettendone la fatturazione, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo del dovere di correttezza e diligenza propri della classe forense (C.N.F. 16/05/2001, n. 89).
	
  
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