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costituisce al tempo stesso l’oggetto di un dovere giuridico dell’avvocato, la cui violazione è sanzionata penalmente, e l’oggetto di un diritto dello stesso avvocato, che non può essere obbligato a deporre su quanto ha conosciuto per ragione del proprio ministero; accanto a questo dovere ed a questo diritto vi è però un ulteriore diritto del cliente a che il legale si attenga al segreto professionale e non sveli notizie apprese nel corso del mandato professionale e tale diritto assume i connotati di un diritto fondamentale, quello di difesa, perché senza tale garanzia il diritto di difesa ne risulterebbe indebitamente e gravemente diminuito.
Il comma 2 dell’art. 51 prevede poi il divieto di testimonianza su quanto appreso nel corso di colloqui riservati con colleghi e sul contenuto della corrispondenza riservata intercorsa con questi ultimi, previsione questa che si ricollega al contenuto dell’art.48.
Giurisprudenza disciplinare
➤ TESTIMONIANZA LEGITTIMA. Ai sensi dell'art. 58 del codice deontologico è rimessa al prudente apprezzamento dell'avvocato la scelta di assumere o meno la veste di testimone in un giudizio civile i cui fatti gli siano noti, con l'obbligo, in caso positivo, di rinunciare al mandato difensivo senza più poterlo riassumere e curando di evitare che oggetto della testimonianza siano circostanze di fatto ed elementi di difesa da considerarsi coperti dal dovere di segretezza, in guisa che non venga arrecato pregiudizio alla parte rappresentata (C.N.F. 27/04/2006, n. 15). ➤ TESTIMONIANZA ILLEGITTIMA. L'avvocato che consigli un'azione contro la propria cliente e, nel giudizio così instaurato, testimoni su circostanze apprese nell'esercizio del precedente mandato, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo del dovere di correttezza e fedeltà a cui ciascun professionista è tenuto (C.N.F. 27/06/2003, n. 175).
Art. 52. Divieto di uso di espressioni offensive o sconvenienti
Relazione illustrativa
L’art.52 (“divieto di uso di espressioni offensive o sconvenienti”) non registra sostanziali novità rispetto alla formulazione dell’art.20 del codice vigente, giovandosi, tra l’altro, della “lettura” che di questa previsione deontologica hanno fatto numerose pronunce del Consiglio Nazionale Forense e delle stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Giurisprudenza disciplinare
➤ NOZIONE DI ESPRESSIONI OFFENSIVE. La natura di espressioni effettivamente offensive e sconvenienti deve essere valutata con riguardo al significato complessivo ed allo scopo dello scritto, specie per gli atti impugnatori che hanno l'ovvia funzione di criticare una precedente decisione giudiziaria (C.N.F . 28/12/2006, n. 194). ➤ NOZIONE DI ESPRESSIONI SCONVENIENTI. La "sconvenienza" va intesa come uso di un lessico rozzo o volgare mentre la "offensività" va intesa come intenzionale lesione dell'onore e decoro altrui da parte delle espressioni usate dal difensore nell'esercizio della difesa (C.N.F. 28/12/2006, n. 194). ➤ ESPRESSIONI OFFENSIVE O SCONVENIENTI E DIRITTO DI DIFESA.
1. L'avvocato deve evitare espressioni
offensive o sconvenienti negli scritti in
giudizio e nell'esercizio dell'attività
professionale nei confronti di colleghi,
magistrati, controparti o terzi.
2. La ritorsione o la provocazione o la
reciprocità delle offese non escludono la
rilevanza disciplinare della condotta.
3. La violazione del divieto di cui al comma
1 comporta l'applicazione della sanzione
disciplinare della censura.
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