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Nel conflitto tra il diritto a svolgere la difesa giurisdizionale nel modo più largo e insindacabile e il diritto della controparte al decoro e all'onore prevale il primo, salvo l'ipotesi in cui le espressioni offensive siano gratuite, ossia non abbiano relazione con l'esercizio del diritto di difesa e siano oggettivamente ingiuriose, cosicché non commette illecito disciplinare l'avvocato che in una richiesta al giudice richiami la normativa sulla responsabilità dei magistrati al fine di una migliore difesa del cliente e per la realizzazione del risultato perseguito con l'azione giudiziale (C.N.F. 27/06/2003, n. 195).
Il diritto di critica nei confronti di qualsiasi provvedimento giudiziario fa parte delle facoltà inalienabili del difensore, entro il limite del rispetto della dignità dell'interlocutore, talchè integra l'illecito ex art. 20 del codice deontologico l'affermazione del professionista, contenuta nel verbale di un procedimento civile, che inviti il giudice a leggere le carte prima di emettere ordinanze inique, imputandogli di aver assunto una decisione senza la previa valutazione degli argomenti risultanti dagli scritti difensivi, col risultato di aver danneggiato una parte (C.N.F. 05/10/2006, n. 88).
➤ ESPRESSIONI OFFENSIVE O SCONVENIENTI E ENFASI DIFENSIVA. Pone in essere un comportamento deontologicamente corretto il professionista che usi nei confronti dei colleghi espressioni polemiche ma non offensive. Nella specie è stato assolto l'avvocato che, rivolto al presidente e al consigliere dell'ordine forense in relazione ad una vicenda che lo aveva peraltro visto soggetto di un procedimento disciplinare, aveva dichiarato in un articolo di stampa che: "i due consiglieri lavoravano con una certa approssimazione" (C.N.F.25/10/2003, n. 349).
Non pone in essere un comportamento deontologicamente scorretto il professionista che usi nei confronti della controparte espressioni forti se le stesse siano state frutto di eccessiva
enfasi difensiva ma non siano state pronunciate con intento offensivo (C.N.F. 28/12/2005, n. 218). Pone in essere un comportamento deontologicamente corretto l'avvocato che in uno scritto difensivo in sede disciplinare usi espressioni forti per definire il comportamento dell'accusatore, ove le stesse siano state poste in essere per la piena realizzazione del dovere di difesa (nella specie la parte accusatrice era stata accusata di "pochezza intellettuale ed umana", e di aver tenuto "atteggiamenti arroganti, prepotenti e umilianti nei confronti dei colleghi") (C.N.F. 27/06/2003, n. 186).
Non costituisce illecito disciplinare l'attribuzione al difensore avversario della frase "il legale avversario ignora poi completamente (o finge di ignorare) la legislazione vigente", in quanto tale frase corrisponde a un modello retorico ricorrente, con cui si intende sottolineare non già l'ignoranza altrui, quanto l'evidente errore dell'argomento difensivo (C.N.F. 05/04/2008, n. 9).
L'avvocato, nell'ambito della propria attività di difesa, può e, anzi, deve esporre con vigore e calore la tesi difensiva del proprio assistito, senza mai, tuttavia, far ricorso a un linguaggio offensivo e, comunque, non consono alla correttezza e al decoro professionale, che deve essere sempre il riferimento costante di chi esercita l'attività forense e quindi non gli è consentito di usare espressioni che intaccano l'integrità morale del c.t.u. (C.N.F. 05/10/2006, n. 82).
Non integrano l'illecito deontologico di cui all'art. 20 del codice deontologico l'uso di aggettivi come "pretestuoso" e "arrogante", compiuto dall'incolpato in un atto di citazione con riferimento al comportamento di controparte, allorché siano pertinenti alla difesa e non siano volte a offendere l'altrui reputazione (C.N.F. 27/10/2008, n. 138).
	
  
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