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disciplinare della sospensione dall'esercizio
dell'attività professionale da sei mesi a un
anno. La violazione dei doveri, dei divieti,
degli obblighi di legge e delle prescrizioni di
cui ai commi 5, 6, 8, 9, 10 e 11 comporta
l'applicazione della sanzione disciplinare
della censura.
Relazione illustrativa
L’art.55 (“rapporti con i testimoni e persone informate”) ripropone, con alcune modifiche, il contenuto dell’art.52 del vigente codice in tema di rapporti con i testimoni. Le modifiche riguardanti, sostanzialmente, il comma 2, che richiama le previsioni della legge processuale (art.391 bis e ss. c.p.p.) e le indicazioni contenute nella delibera del Garante per la protezione dei dati personali n.60 in data 6.11.2008, pubblicata nella G.U. n.275 del 24.11.2008 ed entrata in vigore il 1 gennaio 2009: non sono state quindi ripetute tutte le indicazioni comportamentali già comprese nelle norme processuali e quelle contenute nella richiamata deliberazione del Garante, denominata “codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali per svolgere investigazioni difensive”, in quanto richiamate nel predetto comma. I commi 4,5,6,7 e 8 ripropongono, invece, alcune regole fondamentali che il difensore deve rispettare nell’attività di investigazione, desunte anche da chiarimenti ed interpretazioni della giurisprudenza processuale; significativa, a tal proposito, la regola contenuta nel comma 9 che prevede l’obbligo della preventiva informazione ai prossimi congiunti della persona imputata, o sottoposta alle indagini, della facoltà di astenersi dal rispondere, estesa anche alla fase della indagini preliminari ed all’attività di Polizia Giudiziaria dalla giurisprudenza di legittimita,̀ così da allineare l’attività del difensore a quella del Pubblico Ministero e della stessa Polizia
Giudiziaria, anche e soprattutto in riferimento alla ipotesi di reato prevista dall’art.371 ter c.p. (false dichiarazioni al difensore). Il comma 11 dell’art.55 prevede, infine, una modifica significativa rispetto alla analoga disposizione contenuta nel canone 1 punto 16 dell’art.52 dell’ancora vigente codice; in luogo infatti della dizione “il difensore non è tenuto a rilasciare copia del verbale alla persona che ha reso informazioni né al suo difensore” si prevede, ora, il divieto di consegna di tale copia e tale previsione è giustificata da una serie di considerazioni quali: l’equiparazione del difensore al Pubblico Ministero, come chiarito dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione; la conseguente segretezza dell’atto di indagine difensiva fino all’eventuale deposito del verbale nel fascicolo del P.M.; l’obbligo di segretezza che grava sul difensore ai sensi della previsione di cui al comma 3 dello stesso art. 55; la scelta indiscutibile del difensore di non utilizzare il verbale di dichiarazioni rese dal soggetto interpellato, cosicché l’eventuale consegna dello stesso verbale alla persona che ha reso le informazioni o al suo difensore comporterebbe una potenziale lesione del diritto di difesa conseguente alla divulgazione di un atto che lo stesso difensore potrebbe decidere di non utilizzare mai. Giurisprudenza disciplinare
➤ RAPPORTI CON I TESTIMONI: INTERLOCUZIONE IN UDIENZA. Non integra violazione dell'art. 5 del codice deontologico il comportamento del professionista che, nel corso dell'udienza, si limiti a rivolgere ai testimoni in attesa di rendere la propria deposizione un mero invito a "dire la verità", senza aggiungere altra espressione idonea a rappresentare un significato di minaccia, tale da incutere timore o da subornare i testi, e dunque semplicemente sollecitando i testi a riferire al magistrato la verità dei fatti (C.N.F. 11/11/2006, n. 103).
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