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Il
Consiglio
nazionale
forense,
-‐
riunito
nella
seduta
amministrativa
del
20
giugno
2014
-‐
Visto
l'art.
24
della
Costituzione,
che
garantisce
il
pieno
esercizio
del
diritto
di
difesa,
riconoscendone
l'inviolabilità
anche
attraverso
il
principio
della
garanzia
della
difesa
tecnica;
-‐
Visto
l'art.
111
della
Costituzione,
il
quale
stabilisce
che
la
giurisdizione
si
attua
mediante
il
giusto
processo
regolato
dalla
legge;
-‐
Vista
la
legge
31
dicembre
2012,
n.
247,
recante
Nuova
disciplina
dell'ordinamento
della
professione
forense
e,
in
particolare,
l'art.
16,
comma
1,
il
quale
prevede
che
"1.
Il
Governo
è
delegato
ad
adottare,
entro
ventiquattro
mesi
dalla
data
di
entrata
in
vigore
della
presente
legge,
sentito
il
CNF,
un
decreto
legislativo
recante
il
riordino
della
materia
relativa
alla
difesa
d'ufficio,
in
base
ai
seguenti
principi
e
criteri
direttivi:
a)
previsione
dei
criteri
e
delle
modalità
di
accesso
ad
una
lista
unica,
mediante
indicazione
dei
requisiti
che
assicurino
la
stabilità
e
la
competenza
della
difesa
tecnica
d'ufficio;
b)
abrogazione
delle
norme
vigenti
incompatibili";
-‐
Visto
lo
schema
di
decreto
legislativo
delegato
in
materia
di
riordino
della
disciplina
della
difesa
d'ufficio
inviato
al
Consiglio
nazionale
forense
dall'Ufficio
legislativo
del
Ministero
della
Giustizia;
osserva
1.
Lo
schema
di
decreto
delegato
in
materia
di
riordino
della
disciplina
della
difesa
d'ufficio
rappresenta
un
primo
passo
verso
l'effettività
della
difesa,
sotto
il
profilo
dell'introduzione
di
idonee
garanzie
di
competenza
in
materia
penale
del
difensore
d'ufficio,
ma,
in
alcuni
passaggi,
non
raggiunge
il
dichiarato
obiettivo
di
improntare
la
difesa
d'ufficio
a
criteri
di
efficienza,
a
tutela
delle
situazioni
di
rilievo
costituzionale
di
cui
agli
artt.
24
e
111
Cost.
2.
L'art.
3
dello
schema
di
decreto,
dove
si
prevede
una
modifica
dell'art.
97,
comma
4,
c.p.p.,
non
risolve
il
fenomeno
dell'assenteismo
dei
difensori
ed
il
conseguente
ricorso
alle
sostituzioni
previste
dalla
norma
in
esame
che
si
traduce
nella
totale
compressione
del
diritto
di
difesa.
Infatti,
la
previsione
per
cui,
in
assenza
del
difensore,
il
giudice
di
volta
in
volta
designa
un
sostituto
ex
art.
97,
comma
4,
c.p.p.,
(iscritto
o
meno
nell'elenco
di
cui
al
comma
2
dell'art.
97
c.p.p.)
determina
l'ingresso
nel
processo
di
difensori
di
non
comprovata
competenza,
che
si
trovano
nella
paradossale
situazione
"di
dover
difendere
ignorando
il
processo",
attesa
la
preclusione
in
ordine
alla
concessione
del
termine
di
cui
all'art
108
c.p.p.1
La
compressione
del
diritto
di
difesa
è
di
tutta
evidenza.
Non
va
dimenticato
che
la
stessa
Corte
Europea
dei
Diritti
Umani,
con
la
sentenza
del
27
aprile
2006
-‐
caso
Sannino
contro
Italia
-‐
ha
condannato
l'ltalia
proprio
per
il
sistema
della
difesa
d'ufficio
ed
in
relazione
alla
sostituzione
del
difensore
assente
con
quello
designato
ex
art.
97,
comma
4,
c.p.p.
sottolineando
così
il
binomio
inscindibile
tra
effettività
del
diritto
di
difesa
e
continuità
nella
difesa.
In
particolare
la
Corte
europea
ha
fissato
dei
principi
guida
molto
importanti:
1
In
relazione
all’art.
108
c.p.p.
ed
alla
preclusione
della
concessione
del
termine
a
difesa
al
difensore
nominato
ex
art.
97,
comma
4.
c.p.p.,
come
è
noto,
si
è
pronunciata
la
Corte
Costituzionale
con
sentenza
450/97.
Una
sentenza
tanto
logica
quanto
lontana
dalla
realtà
delle
aule
di
giustizia,
giacché
si
lascia
scoperta
da
ogni
regolamentazione
proprio
"ipotesi
di
sostituzione
che
nella
pratica,
si
verifica
con
maggiore
frequenza.
II.
Il
parere
20/6/2014
del
Consiglio
nazionale
forense
allo
schema
di
decreto
legislativo
delegato
21