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fu
sostituito
da
un
avvocato
d'ufficio.
Furono
interrogati
alcuni
testimoni.
Con
sentenza
in
data
12
aprile
2000,
il
cui
testo
fu
depositato
in
cancelleria
il
19
aprile
2000,
il
tribunale
di
Napoli
condannò
il
ricorrente
alla
pena
di
due
anni
di
reclusione.
Il
ricorrente
non
fu
ufficialmente
informato
del
deposito
della
sentenza
pronunciata
nei
suoi
confronti.
Egli
sostiene
che,
non
avendo
avuto
conoscenza
della
condanna
pronunciata
nei
suoi
confronti,
non
ha
avuto
la
possibilità
di
avvalersi
del
proprio
diritto
di
interporre
appello
entro
il
termine
di
trenta
giorni
previsto
dalla
legge.
Il
ricorrente
sostiene
di
essere
venuto
a
conoscenza
della
condanna,
divenuta
definitiva
il
29
maggio
2000,
solo
l'11
maggio
2001,
quando
chiese
un
certificato
del
casellario
giudiziale.
I
ricorsi
tentati
dal
ricorrente
contro
la
sua
condanna
Il
ricorrente
venne
a
sapere
anche
che
l'avv.
B.
era
stato
nominato
per
rappresentarlo,
e
si
mise
in
contatto
con
quest'ultimo.
Per
il
tramite
dell'avv.
B.,
il
15
novembre
2001
il
ricorrente
presentò
una
domanda
di
restituzione
nel
termine.
Egli
affermò
che
la
notifica
dell'avviso
di
fissazione
dell'udienza
del
2
novembre
1999
era
nulla,
in
quanto
il
rapporto
dell'ufficiale
giudiziario
non
indicava
la
qualità
della
persona
che
aveva
ricevuto
la
comunicazione.
Inoltre,
la
nomina
dell'avv.
B.
era
irregolare,
dato
che
il
nome
di
quest'ultimo
non
compariva
nella
lista
degli
avvocati
d'ufficio.
In
ogni
caso,
l'avv.
B.
non
sarebbe
mai
stato
informato
di
tale
nomina.
Secondo
la
tesi
del
ricorrente,
da
ciò
derivava
che
il
termine
per
interporre
appello
non
aveva
mai
iniziato
a
decorrere.
Allo
stesso
tempo,
sempre
per
il
tramite
dell'avv.
B.,
il
ricorrente
interpose
appello
avverso
la
sentenza
del
12
aprile
2000,
chiedendo
un'assoluzione
nel
merito
e
la
riapertura
dell'istruzione
per
interrogare
i
testimoni
indicati
nella
lista
della
difesa.
Con
ordinanza
in
data
8
marzo
2002
il
tribunale
di
Napoli
rigettò
la
domanda
di
restituzione
nel
termine
presentata
dal
ricorrente.
Esso
osservò
che
l'interessato
sosteneva
delle
circostanze
relative
allo
svolgimento
del
processo
di
primo
grado
che
avrebbero
dovuto
essere
invocate
prima
della
data
in
cui
la
sentenza
del
12
aprile
2000
era
divenuta
definitiva.
La
restituzione
nel
termine
poteva
essere
accordata
solo
se
il
condannato
dimostrava
di
non
aver
potuto
compiere
alcuni
atti
entro
il
termine
fissato
dalla
legge
per
causa
di
forza
maggiore,
e
non
quando
egli
sosteneva
degli
errori
in
procedendo.
In
queste
condizioni,
non
sembrava
necessario
verificare
se
i
fatti
denunciati
dal
ricorrente
erano
veri.
Il
29
marzo
2002
il
ricorrente
presentò
ricorso
per
cassazione,
sostenendo
che
il
tribunale
di
Napoli
aveva
interpretato
in
maniera
errata
le
disposizioni
interne
pertinenti,
ossia
gli
articoli
175
e
670
del
codice
di
procedura
penale
("
il
CPP
"
-‐
v.,
di
seguito,
"
diritto
interno
pertinente
").
Egli
precisò
che
non
aveva
avuto
conoscenza
della
sentenza
per
cause
a
lui
non
imputabili.
Con
sentenza
in
data
4
marzo
2003,
il
cui
testo
fu
depositato
in
cancelleria
il
26
marzo
2003,
la
Corte
di
cassazione
dichiarò
il
ricorso
inammissibile.
Essa
osservò
che
il
ricorrente
lamentava
delle
irregolarità
nella
nomina
del
suo
avvocato
d'ufficio
e
nella
notifica
dell'avviso
di
fissazione
dell'udienza
del
2
novembre
1999.
Tali
fatti
avrebbero
potuto
comportare
delle
nullità
per
vizi
di
procedura,
che
tuttavia
erano
state
sanate
nel
momento
in
cui
la
condanna
era
divenuta
definitiva.
L'esecuzione
della
pena
inflitta
al
ricorrente
Il
29
aprile
2002
la
procura
di
Napoli
ordinò
l'esecuzione
della
pena
inflitta
al
ricorrente
con
la
sentenza
del
12
aprile
2000.
Tale
esecuzione
fu
tuttavia
sospesa.
L'11
giugno
2002
il
ricorrente
presentò
una
domanda
di
affidamento
in
prova
al
servizio
sociale.
Con
ordinanza
in
data
28
giugno
2005,
il
tribunale
di
sorveglianza
di
Napoli
accolse
la
domanda
dell'interessato.
Il
5
settembre
2005
il
ricorrente
dichiarò
di
accettare
gli
obblighi
derivanti
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