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difesa
non
sono
mai
stati
interrogati.
A
tale
proposito,
egli
sottolinea
che
il
tribunale
di
Napoli
aveva
accettato
la
lista
in
questione.
È
vero
che
il
mancato
esame
di
tali
testimoni
era
dovuto
alle
omissioni
degli
avvocati
d'ufficio,
che
non
si
sono
preoccupati
di
citarli
a
giudizio.
Tuttavia,
secondo
il
ricorrente,
il
tribunale
di
Napoli
avrebbe
dovuto
intervenire,
ordinando
la
loro
convocazione
e
il
loro
interrogatorio,
o
informando
l'imputato
della
situazione
per
permettergli
di
scegliere
la
sua
strategia
di
difesa
in
piena
conoscenza
di
causa.
L'affermazione
del
Governo
secondo
cui
l'interrogatorio
dei
testimoni
a
suo
discarico
era
inutile,
è
priva
di
fondamento.
Il
ricorrente
ritiene
che
l'approccio
del
Governo,
secondo
il
quale
il
suo
processo
sarebbe
stato
equo
in
quanto
conforme
al
diritto
interno,
è
troppo
formalista
e
non
tiene
conto
del
fatto
che
la
Convenzione
garantisce
dei
diritti
"
concreti
ed
effettivi
"
e
non
"
teorici
e
illusori
".
In
particolare,
è
noto
che
il
sistema
introdotto
dall'articolo
97
del
CCP
non
garantisce
una
difesa
efficace.
Nella
maggior
parte
dei
casi
gli
avvocati
nominati
d'ufficio
in
udienza
omettono
di
chiedere
un
rinvio
del
dibattimento
per
studiare
gli
atti
di
un
processo
di
cui
non
dovranno
più
occuparsi
in
futuro.
Il
ricorrente
sostiene
infine
che
le
sue
dichiarazioni
spontanee
del
5
maggio
1999
non
contenevano
alcuna
strategia
difensiva.
Si
trattava,
invece,
di
una
allocuzione
confusa
e
generica
sulla
durata
del
processo
e
la
mancanza
di
fondamento
delle
accuse.
Essa
è
stata
interrotta
dal
presidente
del
tribunale,
che
ha
osservato
che
il
ricorrente
sarebbe
stato
in
ogni
caso
interrogato
al
dibattimento
dal
pubblico
ministero.
Tale
interrogatorio
non
ha
mai
avuto
luogo.
Il
Governo
Il
Governo
osserva
anzitutto
che
le
affermazioni
del
ricorrente
sono
smentite
dai
documenti
interni
pertinenti,
da
cui
risulta
che
:
a)
l'avviso
di
fissazione
dell'udienza
del
2
novembre
1999
è
stato
notificato
al
ricorrente
a
mani
proprie
;
b)
l'interessato
era
presente
a
tale
udienza
;
c)
tutte
le
decisioni
del
tribunale
relative
alla
nomina
degli
avvocati
d'ufficio
o
di
sostituti
degli
stessi
sono
state
pronunciate
pubblicamente
alle
udienze
;
d)
molti
avvisi
di
fissazione
di
udienza
sono
stati
notificati
all'avv.
B.,
che
all'epoca
era
il
presidente
della
camera
penale.
Egli
svolgeva
dunque
un
ruolo
istituzionale
che
poteva
portarlo
a
essere
nominato
avvocato
d'ufficio.
Se
il
ricorrente
desiderava
contestare
la
veridicità
di
documenti
ufficiali
affidabili
secondo
il
diritto
interno,
avrebbe
dovuto
presentare
una
querela
di
falso
o
sporgere
denuncia
per
falsificazione.
In
mancanza
di
ciò,
le
sue
affermazioni
non
sono
dimostrate
e
si
traducono
in
lamentele
"
vaghe,
suggestive
e
infondate
"
che
non
possono
essere
prese
in
considerazione
dalla
Corte.
Inoltre,
conformemente
alla
giurisprudenza
della
Corte,
le
autorità
interne
sono
obbligate
a
sostituire
un
avvocato
d'ufficio
o
a
invitarlo
ad
adempiere
al
proprio
compito
solo
se
esse
vengono
informate
di
lacune
nella
difesa
dell'imputato.
Nella
fattispecie,
il
ricorrente
non
ha
mai
richiamato
l'attenzione
delle
giurisdizioni
competenti
su
tali
lacune.
Secondo
il
Governo,
le
autorità
italiane
hanno
adempiuto
ai
propri
obblighi
positivi
nominando
l'avv.
B.
in
qualità
di
difensore
d'ufficio
del
ricorrente
e,
di
fronte
all'assenza
di
quest'ultimo,
nominando
dei
sostituti.
È
vero
che
i
sostituti
in
questione
erano
diversi
in
ogni
udienza.
Ciò
non
toglie
che
essi
avevano
gli
stessi
diritti
dell'avvocato
sostituito,
ivi
compresa
la
facoltà
di
chiedere
un
rinvio
dell'udienza
allo
scopo
di
prendere
dimestichezza
con
la
causa.
Di
fronte
ad
una
tale
richiesta,
il
tribunale
sarebbe
stato
costretto
a
rinviare
il
procedimento.
Le
giurisdizioni
competenti
non
possono
tuttavia
intervenire
quando,
come
nella
fattispecie,
i
sostituti
degli
avvocati
omettono
intenzionalmente
di
avvalersi
degli
strumenti
e
delle
facoltà
previsti
dal
diritto
interno.
Per
di
più,
il
ricorrente
era
in
grado
di
assumersi
le
spese
della
propria
difesa
e,
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