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supra).
L'avv.
B.,
avvocato
d'ufficio
nominato
per
rappresentare
il
ricorrente,
è
stato
informato
della
data
dell'udienza
successiva,
ma
non
della
sua
nomina
(paragrafo
8
supra).
Tale
omissione
da
parte
delle
autorità
ha
contribuito
a
causare
l'assenza
dell'avv.
B.,
il
che
ha
portato
alla
situazione
denunciata
dal
ricorrente,
ossia
il
fatto
che
egli
è
stato
rappresentato
in
ogni
udienza
da
diversi
sostituti
dell'avvocato
d'ufficio
(paragrafi
9-‐ 12
e
14
supra).
Nulla
permette
di
ritenere
che
questi
ultimi
avessero
la
minima
conoscenza
del
fascicolo.
Tuttavia,
essi
non
hanno
chiesto
di
rinviare
il
dibattimento
per
prendere
dimestichezza
con
la
causa
del
loro
cliente.
Inoltre,
essi
non
hanno
chiesto
di
interrogare
i
testimoni
a
discarico
la
cui
convocazione
era
stata
autorizzata
dal
tribunale
di
Napoli
su
richiesta
dei
primi
due
avvocati
del
ricorrente
(paragrafi
5
e
6
supra).
È
vero
che
il
ricorrente,
che
fino
al
2
novembre
1999
aveva
assistito
a
molte
udienze,
non
ha
mai
informato
le
autorità
delle
difficoltà
che
egli
incontrava
nella
preparazione
della
sua
difesa
(v.,
in
senso
contrario,
Artico
già
cit.,
p.
18,
§
36).
Il
Governo
lo
sottolinea
a
giusto
titolo
(paragrafo
42
supra).
L'interessato
ha
anche
omesso
di
contattare
i
suoi
avvocati
d'ufficio
allo
scopo
di
chiedere
loro
dei
chiarimenti
sullo
svolgimento
della
procedura
e
sulla
strategia
della
difesa
;
egli
si
è
anche
astenuto
dal
rivolgersi
alla
cancelleria
del
tribunale
per
informarsi
sull'esito
del
suo
processo.
Tuttavia
la
Corte
ritiene
che
il
comportamento
del
ricorrente
non
possa,
da
solo,
esonerare
le
autorità
dal
loro
obbligo
di
reagire
allo
scopo
di
garantire
l'effettività
della
rappresentanza
dell'imputato.
In
effetti,
le
lacune
degli
avvocati
d'ufficio
sopra
elencate
erano
evidenti,
il
che
obbligava
le
autorità
interne
a
intervenire.
Invece,
dal
fascicolo
non
risulta
che
queste
ultime
avessero
adottato
dei
provvedimenti
per
garantire
all'imputato
una
difesa
e
una
rappresentanza
effettive.
Pertanto,
vi
è
stata
violazione
dell'articolo
6
della
Convenzione.
Tale
conclusione
dispensa
la
Corte
dal
prendere
in
esame
la
questione
di
stabilire
se
il
ricorrente
era
stato
informato
della
data
dell'udienza
del
2
novembre
1999.
II
-‐
SULLA
PRESUNTA
VIOLAZIONE
DELL'ARTICOLO
2
DEL
PROTOCOLLO
N.
7
Il
ricorrente
ritiene
di
non
aver
beneficiato
di
un
doppio
grado
di
giurisdizione.
Egli
invoca
l'articolo
2
del
Protocollo
n.
7,
che
recita
:
"
1.
Ogni
persona
dichiarata
colpevole
da
un
tribunale
ha
il
diritto
di
far
esaminare
la
dichiarazione
di
colpevolezza
o
la
condanna
da
una
giurisdizione
superiore.
L'esercizio
di
tale
diritto,
ivi
compresi
i
motivi
per
cui
esso
può
essere
esercitato,
è
disciplinato
dalla
legge.
2.
Tale
diritto
può
essere
oggetto
di
eccezioni
per
reati
minori,
quali
sono
definiti
dalla
legge,
o
quando
l'interessato
è
stato
giudicato
in
prima
istanza
da
un
tribunale
della
giurisdizione
più
elevata
o
è
stato
dichiarato
colpevole
e
condannato
a
seguito
di
un
ricorso
avverso
il
suo
proscioglimento.
"
Il
ricorrente
si
lamenta
per
il
rigetto
della
sua
domanda
di
restituzione
nel
termine
e
sostiene
che,
non
avendo
avuto
conoscenza
della
sua
condanna,
non
ha
potuto
interporre
appello
avverso
la
sentenza
del
12
aprile
2000.
Egli
sottolinea
che,
all'ultima
udienza
del
suo
processo,
egli
era
rappresentato
da
un
sostituto
dell'avvocato
d'ufficio,
e
che
le
autorità
non
l'hanno
informato
dell'esito
della
sua
causa.
Inoltre,
il
sostituto
in
questione
non
si
sarebbe
preoccupato
di
contattare
l'avvocato
d'ufficio
titolare
-‐
l'avv.
B.
-‐
o
l'imputato.
Il
Governo
osserva
che
il
ricorrente
non
era
contumace.
Al
contrario,
ha
partecipato
a
molte
udienze
e,
benché
informato
della
data
dell'udienza
del
2
novembre
1999,
ha
spontaneamente
deciso
di
non
assistervi.
Pertanto,
non
può
pretendersi
titolare
del
diritto
ad
un
nuovo
processo.
Il
suo
diritto
di
interporre
appello
avverso
la
sua
condanna
in
primo
grado
era
soggetto
a
un
termine
rigido,
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